LA PREOCCUPANTE SITUAZIONE IN LIBIA.

14 Febbraio 2015
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Nel 2011 con la destituzione del Col. Gheddafi, dopo una rivolta fomentata e sostenuta da alcune nazioni occidentali, il principale gruppo di opposizione, il Consiglio Transitorio Nazionale (CTN) si era impegnato a trasformare la Libia in uno Stato democratico e pluralista.

L’intervento delle Forze Aeree della NATO era stato legittimato dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU per proteggere i civili dai bombardamenti aerei del Col. Gheddafi.

Il Governo di Transizione Nazionale ha tentato di sciogliere delle forze ribelli che si erano opposte a Gheddafi, ricostruire l’economia e ristabilire il funzionamento delle Istituzioni governative senza  riuscirvi.

Il paese resta lacerato dai combattimenti tra milizie rivali. Nella mischia è ora entrato ufficialmente lo Stato Islamico (ISIS) con la conquista di alcuni territori sulle coste del Mediterraneo. “Violenti scontri” fra guardie di impianti petroliferi e “gruppi armati appartenenti all’ISIS sono stati segnalati attorno al giacimento di Al Bahy, a sud-ovest del terminal costiero di Sidra (nel centro del Golfo della Sirte). Lo ha riferito un anonimo ufficiale delle Guardie petrolifere.

Il ministro degli Esteri Italiani, Paolo Gentiloni, preso atto della situazione in Libia, ha rilevato una minaccia diretta per L’Italia, a 200 miglia marine dalle coste italiane, e sollecitato l’intervento dell’ONU dichiarando la disponibilità dell’Italia per una partecipazione diretta in un quadro di legalità internazionale. Nel contempo ha invitato tutti gli italiani presenti in Libia a lasciare il Paese.

Pronta la replica dello Stao Islamico (ISIS) che ha oggi definito il ministro degli esteri Paolo
Gentiloni “ministro dell’Italia crociata”.

Resta chiaro che se si vuole neutralizzare il gravissimo pericolo rappresentato dall’ISIS lo si può fare solo con un intervento sul terreno, prima lo si fa meglio è, senza attendere un ulteriore radicamento dei forcaioli dell’ ISIS.

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