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Le ultime dichiarazioni dell’inviato del governo Staffan de Mistura fanno emergere chiara le responsabilità e l’incapacità dei governi (Monti e Letta ed in particolare dei ministri degli esteri e della Difesa) che hanno gestito la vicenda dei due Marò sin dall’inizio.
De Mistura ha infatti dichiarato che «il momento più adatto per risolvere la questione fossero le prime 72 ore», «Dopodiché i due sono entrati nel micidiale ingranaggio giuridico e politico-elettorale del Kerala».
Il rappresentante dell’Italia in India ha quindi ricordato che da subito intervenne nella sua veste di sottosegretario agli Esteri e che «la strategia iniziale, essendosi perduta l’occasione di agire internazionalizzando la questione prima che toccassero terra e quindi de facto entrassero nell’ingranaggio, fu basata su tre pilastri».
Primo, «si trattò di sdrammatizzare la tensione in Kerala istigata dalle lobby dei pescatori e dei politici locali che stava producendo conseguenze nefaste». Secondo, «si cercò di rafforzare il rispetto della dignità dei due militari». Terzo, «si sottrasse il caso al Kerala spostandolo a New Delhi per ottenere per i due il massimo di libertà».
A complicare la situazione, il risarcimento dato alle famiglie dei due pescatori, quasi a dover ammettere responsabilità non ben definite, la richiesta della concessione della licenza natalizia e per esercitare il diritto di voto facendo così apparire l’India, agli occhi della diplomazia internazionale, comprensiva e magnanima.
Appare quindi evidente che se la nave Enrica Lexi è rientrata in porto dalle acque internazionali deve aver ricevuto il permesso da parte delle massime autorità italiane, non escludendo lo Stato Maggiore della Difesa e della Marina e, conseguentemente, l’incapacità di internazionalizzare la delicata posizione dei nostri due militari. Ma in questo, per nostra fortuna, ci ha dato una mano l’India dichiarando di voler applicare la “Sua Act” (*).
De Mistura a tal proposito ha infatti dchiarato «è che la Nia – National Investigastion Agency -, avendo chiesto di applicare la legge antiterrorismo che implica la pena di morte ha dato possibilità all’Italia di rilanciare la campagna di consapevolezza e di solidarietà internazionale in quanto la legge antiterrorismo e la pena capitale sono ‘linee rosse’ non solo per l’Italia ma anche per la comunità internazionale».
(*). La “Sua Act” è La legge indiana che prende il nome dall’acronimo della repressione degli atti illeciti contro la sicurezza della navigazione marittima. La legge, adottata da New Delhi nel 2002, dà seguito alla convenzione di Roma del 1988 che per la prima volta ha individuato il reato di «terrorismo marittimo». In particolare, sulla scia del dirottamento dell’Achillo Lauro, fu permesso a uno Stato di estendere la giurisdizione al di fuori delle proprie acque territoriali in caso di attacchi contro proprie navi o strutture fisse in mare. Senza contare che l’articolo 3 del «Sua act», al comma g-1, stabilisce che chi causa la morte di una qualsiasi persona sarà punibile con la morte, aprendo quindi la strada a una condanna ala pena capitale.