Tre storie di Natale
del prof. Luigi Casale (*)
La festa di s. Nicola di Bari è riportata dal calendario al 6 dicembre. A questa data è già iniziato il nuovo anno liturgico (il ciclo temporale delle solennità cristiane celebrate dalla Chiesa) e ci troviamo – generalmente – nella prima settimana d’Avvento; o al massimo nella seconda.
[È noto il detto popolare, napoletano che recita: “Comme barbaréa, accussì nataléa”; che ci fa calcolare il giorno della settimana in cui cade la festa della Natività del Signore. Infatti, S. Barbara è il 4 dicembre, Natale il 25. Tra le due date corrono 21 giorni, e poiché 21 è multiplo di sette, sono giuste tre settimane. Perciò il giorno nella settimana di santa Barbara (4 dicembre) è lo stesso giorno della settimana in cui viene Natale (25 dicembre). Sfido chiunque a verificare sul calendario. Eppure questa semplice ovvietà ha generato la convinzione tra la gente che “Comme barbaréa accussì nataléa” si applichi alle condizioni climatiche. La qual cosa, per altre considerazioni, potrebbe anche essere vera: ma solo per chi segue la luna.]
Ma ritorniamo a s. Nicola. Il nome è di origine greca (formato dalle radici di due parole che significano: vittoria e popolo) e del mondo greco è anche il personaggio. A metà del sec. IV fu vescovo di Mira, una città della Turchia (oggi Dembre), sulla costa orientale del Mar Egeo. La sua devozione si diffuse in tutto l’Oriente, e particolarmente in Russia. Nel sec. XI gli fu dedicata una basilica anche a Bari; da qui la sua venerazione si diffuse in tutta Italia.
La memoria di s. Nicola è ricordata nei riti bizantino e copto. Nel nome di s. Nicola sono fiorite molte tradizioni popolari e iniziative di carità legate al Natale, che ne hanno fatto la figura del Santo Vescovo (Nikolaus) che benèfica giovani e fanciulle. In questa veste e con questo nome la sua conoscenza è passata poi a tutta l’Europa, sviluppandosi in modo particolare nei paesi nordici come festa di popolo con radicamento nel folklore delle varie località. In Italia la tradizione del Nikolaus che porta doni, di derivazione nordica, è viva solo nella provincia di Bolzano; e la sua venuta (nelle famiglie, nelle scuole, nelle comunità) è festeggiata con grande partecipazione di popolo. Al seguito del Santo, rivestito dei suoi paramenti da vescovo: mitria, chioma e barba bianca, pastorale, guanti, anello; che nelle case e per le strade porta i suoi doni a grandi e piccini, si muovono però anche i Krampus (i diavoli), esseri mostruosi che ostacolano i gesti di carità, i quali nella rappresentazione popolare infliggono pene corporali alle persone che nell’anno non si sono comportate bene, colpendole con fasci di rami secchi.
Molto rinomata è la festa che si organizza a Vipiteno la sera del 5 dicembre dove accorrono persone da tutto l’Alto Adige, e anche dal Trentino e dal Tirolo austriaco.
Dall’Europa del nord la tradizione del Nikolaus, con le migrazioni storiche verso l’America, passò nel Canada e negli Stati Uniti, dove il personaggio si liberò dei paramenti da vescovo, pur mantenendo il suo nome: Klaus, da Nikolaus.
Così Santa Klaus, nelle vesti con cui lo conosciamo oggi, ritornò in Europa e si chiamò Babbo Natale. E anche i Krampus scomparvero dalla sua iconografia classica, vista l’idea più adatta alla pubblicità e al consumismo. Da caproni, così come essi venivano rappresentati in Europa, si trasformarono in renne, costrette a trainare la slitta carica di doni.
(*). Il prof. Casale, di origini campane, per molti anni ha insegnato nella scuola italiana del Lussemburgo e poi all’Università di Clermont Ferrand, in Francia. E’ uno studioso di tradizioni regionali, oltre che filologo e pubblicista.