Braschi, Cardarelli, Di Scipio, Esposito, Pietropaoli
in mostra alla Galleria Viaroma
30 Novembre – 15 Dicembre 2013, tutti i giorni dalle ore 17 alle 20
di Goffredo Palmerini
Il desiderio di scoprire,
la voglia di emozionare,
il gusto di catturare,
tre concetti che riassumono l’arte della fotografia.
Helmut Newton
L’AQUILA – Dal 30 Novembre al 15 dicembre 2013, dalle ore 17 alle 20, nella Galleria Commerciale Via Roma a L’Aquila, è aperta la Mostra fotografica collettiva “Back to the street – La pellicola torna in strada”, degli artisti Mauro Branchi, Luca Cardarelli, Stefano Di Scipio, Marco Esposito e Pier Luigi Pietropaoli. La Mostra si articola nell’esposizione di 12 foto per ogni artista, delle medesime dimensioni e con identico allestimento. Tema di fondo la “fotografia di strada”, sul quale ciascun artista si è espresso secondo la propria sensibilità e cifra personale. Rigorosamente in bianco e nero, le immagini sono scattate con macchine analogiche e stampate su carta baritata, in camera oscura. Molta l’attesa per questo evento che mette in parallelo cinque artisti di esperienza e provenienza diverse in un’iniziativa culturale stimolante.
La street photography, o “fotografia di strada”, è una sensibilità, più che un genere di fotografia, che con scatti estemporanei mira a cogliere soggetti, luoghi, ambienti ripresi nella loro realtà e spontaneità, in contesti urbani frequentati dalla gente d’ogni giorno. Niente di costruito, dunque, e pose studiate, neanche a pensarci. Nata a Parigi verso la fine dell’Ottocento, la “fotografia di strada” ebbe in Eugene Atget (Libourne, 1857 – Parigi, 1927) il suo vero antesignano. Atget ebbe un ruolo fondamentale nel promuovere strade e scorci della capitale francese come soggetti da immortalare con le sue immagini fotografiche. Già qualche anno prima del 1890, quando Atget iniziò, il fotografo scozzese John Tomson aveva cominciato a imprimere su pellicola immagini di vita quotidiana colte dalla strada. Ma è con il fotografo francese Henri Cartier-Bresson (Chanteloup en Brie, 1908 – L’Isle sur la Sorgue, 2004), definito “l’occhio del secolo”, che la fotografia di strada coglie la sua massima espressione nel Novecento. Cartier-Bresson, con il suo stile, diventa punto di riferimento, specie riguardo le immagini di persone e la scelta del “momento ideale” per lo scatto. Eccezionale la sua abilità nel coniugare tecnica e tempismo. Dall’altra parte dell’oceano, intanto, negli Stati Uniti intorno a metà del secolo, nasceva la New York School of Photography, con diversi esponenti. Tra essi Robert Frank è il più famoso, anche per essere stato elemento di punta della Beat generation.
Fatta questa sintesi delle origini, per quanto il genere richiami esplicitamente la strada, in effetti la street photography evoca piuttosto un luogo dell’anima, una dimensione che vuole descrivere l’uomo, la città, l’ambiente nell’abituale ordinarietà. Tanto è sufficiente per cogliere, con la repentinità d’uno scatto, le attività, le relazioni e le interazioni sociali, i luoghi che fanno da fondale alle quotidiane vicende umane. Sicché un luogo o un ambiente, finanche privo di persone, può essere soggetto fotografico “di strada”, perché l’occhio dell’artista ne fa il contesto evocativo dell’attività umana, rendendolo esso stesso pulsante di vita. Tutto sta nell’inquadratura e nel tempismo, che sono gli aspetti determinanti di quest’arte capace di cogliere immagini in momenti decisivi o densi di pathos. Ma tutto si gioca senza premeditazione, lasciandosi guidare dall’istinto e dal desiderio di cogliere la vita, declinata in tutte le sue sfaccettature, di percepire la dimensione umana nelle sue variabili espressioni ed emozioni, coniugandola fisicamente ai rispettivi contesti.
Sarà poi la sapiente arte del bianco e nero, la suggestione delle luci e delle ombre, a scolpire i volti dell’anima – siano persone o luoghi urbani – a fornire i “colori” della vita immortalati nella impercettibilità d’uno scatto fotografico. Di dargli, talvolta persino inconsapevolmente, un senso e un significato. Per dirla con Henri Cartier-Bresson, maestro in assoluto di quest’arte, “La fotografia è il riconoscimento simultaneo, in una frazione di secondo, del significato d’un evento”. La “fotografia di strada”, dunque, al pari di altre arti (musica, teatro, cinema, pittura, letteratura) che attingono con lo stesso spirito all’immediatezza del momento e alla realtà, diventa anche icona del tempo e della storia, elemento percepibile della narrazione umana a tutto tondo, grazie alla sua espressività genuina, non mediata da riflessioni preventive che ne potrebbero minare la spontaneità e l’essenzialità. Per questa sua specificità è un medium straordinario per raccontare l’Uomo e il suo contesto, la strada e i suoi volti, la gente e le sue emozioni, ma anche una comunità nella sua città, disegnandone per frammenti persino l’indole.
Questa mostra collettiva ne è semplicemente esempio illuminante. Mauro Branchi, Luca Cardarelli, Stefano Di Scipio, Marco Esposito e Pier Luigi Pietropaoli, infatti, con le loro immagini istantanee scattate in luoghi e contesti diversi, riescono alla perfezione a dare icasticità e senso a quanto premesso. Le loro collezioni in esposizione sono un mix di varia umanità, capaci di evocare una suggestione forte. Vi si colgono i segni dell’esistenza, le emozioni dell’avventura umana, a volte il desiderio intenso di comunità, di memoria condivisa, del respiro della propria storia, attraverso riti e tradizioni che conformano un’esperienza comunitaria. Per quanto gli Autori tendano a rifuggire da pretese che delle loro opere possano dare una dimensione artistica riconosciuta, posto che la loro fotografia s’alimenta solo d’una forte e consolidata passione extra-professionale, credo di non eccedere nell’esprimere un apprezzamento convinto per questa esperienza espositiva, segnalandone un livello che va ben oltre il valore artistico in sé, ampiamente riconoscibile, rafforzato dalla tecnica dal sapore antico che si affida all’immagine analogica e allo sviluppo della pellicola in camera oscura.
“Back to the street”, infatti, è un felice esperimento artistico di cinque appassionati di fotografia che hanno davvero il talento di saper rappresentare il volto del tempo e della società che viviamo. E’ questo un invito a coglierne gli attimi e le sensazioni. E quantunque le collezioni raccontino ciascuna una tessera d’emozione, le cinque insieme si tengono a meraviglia, per disegnare una parte d’umanità attenta alla propria identità, alla sua storia, al legame con le rispettive radici. Assume ancor più valore, quindi, la collettiva di Branchi, Cardarelli, Di Scipio, Esposito, Pietropaoli, intensamente voluta qui a L’Aquila, per alcuni città natale e per altri d’elezione.
Non è un caso, né un’arbitraria deduzione, se questa mostra di “fotografia di strada” richiami in tutti gli Aquilani il desiderio, la passione, la bramosia dei luoghi urbani che hanno connotato la loro vita. E nasce come queste foto, repentinamente e spontaneamente, la “visione” delle vie, delle piazze, degli sdruccioli e delle coste dell’Aquila rianimate dalla sua gente, con i colori e i suoni che ne disegnano la vita. In fondo, anche questa collettiva è un imperativo richiamo a riempire di volti, voci, sentimenti ed emozioni la città che le macerie ci hanno temporaneamente sottratto. Un desiderio che colma il cuore di speranza e di passione civile, arnesi dell’anima che per quasi otto secoli ci hanno consentito di ricostruire la nostra bella e straordinaria città, perfetta simbiosi tra le sue magnifiche architetture e la sua gente.
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Mauro Branchi è nato a Genzano di Roma l’11 gennaio 1960. Vive e lavora a L’Aquila. Appassionato di fotografia fin dal 1981, comincia ad avvicinarsi al mondo del bianco e nero utilizzando una Chinon CM4s. Tra i vari generi predilige l’archeologia industriale, la foto di paesaggio e la fotografia di strada. Entra a far parte del Fotoclub99 negli anni ’90, partecipando a mostre collettive ed allestendone una personale intitolata “Erano abitate”, sul tema dell’abbandono e del degrado urbano della città capoluogo d’Abruzzo. Realizza i suoi scatti in bianco e nero attraverso l’obiettivo di una Nikon F4.
Luca Cardarelli è nato a L’Aquila il primo febbraio 1983. Inizia ad appassionarsi al mondo della fotografia nel 2006, trovando in casa una macchina fotografica Zenit 12 xp. Fa foto essenzialmente con pellicola in bianco e nero, ma apprezza anche la fotografia digitale. E’ socio del Fotoclub99 cittadino, con il quale partecipa a corsi e mostre. Partecipa al suo primo concorso fografico nel 2012 “sui passi di Thomas Ashby nell’Abruzzo aquilano 2012”, organizzato dalla English school of L’Aquila con la collaborazione dell’Associazione Amici dei Musei d’Abruzzo e Ad.Venture srl, vincendo il primo premio. Il 6 aprile 2013 partecipa con alcune sue fotografie alla mostra fotografica “1424 giorni, una città” insieme ad altri giovani fotografi, curata da Marco D’Antonio e organizzata dall’Associazione Libera e dalla sezione abruzzese dell’Associazione Magistrati, con il patrocinio del Comune dell’Aquila. Temi preferiti sono la fotografia di strada, la fotografia di architettura e di paesaggio.
Stefano Di Scipio è nato a L’Aquila il 7 novembre 1954. Vive nella sua città natale, dove esercita la professione di geometra libero professionista. Da molto tempo coltiva la fotografia per puro diletto personale. Con una Canon FTB e un obiettivo da 50 mm, prestati da un amico, ha mosso i primi passi in un mondo nuovo pieno di attimi da immortalare. Come tutti i nati in quel periodo, ha iniziato con la pellicola e in particolare con il bianco e nero, sviluppato e stampato in proprio in una piccola camera oscura. Attualmente alterna, sempre con maggiore frequenza, la fotografia digitale, mai totalmente recepita, con la fotografia analogica. Un ritorno al vecchio amore, la pellicola. I temi preferiti sono la fotografia di strada, la fotografia di architettura, con particolare attenzione agli aspetti grafici, e la fotografia sportiva. Ha partecipato a numerose esposizioni collettive del fotoclub d’appartenenza e ha realizzato una mostra personale con foto raffiguranti tagli particolari su forme architettoniche della sua amata città. Utilizza un corredo fotografico Nikon formato prevalentemente da vecchi corpi macchina analogici e da ottiche a messa a fuoco manuale. Il colpo di fulmine per lo storico marchio giapponese è scoccato dopo aver visto, in giovane età, il film “Blow -Up”, stregato dalla mitica F, protagonista della famosa pellicola di Michelangelo Antonioni.
Marco Esposito è nato a Battipaglia il 6 dicembre 1987. Vive all’Aquila dal settembre 2006, dove studia ingegneria presso l’ateneo aquilano. Appassionato di fotografia fin dalla giovane età – consumatore accanito di fotocamere usa e getta Kodak! – trova finalmente la sua occasione di cominciare a fotografare quando, nell’estate del 2009, gli viene “affidata” una Nikon FA del 1984, dalla quale non si è più separato. Studia da autodidatta quest’arte che, poco a poco, è diventata qualcosa di più d’un semplice hobby, ed i grandi fotografi di Magnum Photo. Ispiratosi proprio ad uno di questi, Elliot Erwitt, e ad una delle sue opere maggiori, “Dog Dogs”, nel luglio del 2012 organizza la sua prima mostra da analogico intitolata “L’amico… HA quattro zampe!”. Il progetto è ancora in corso e prevede la raccolta di circa 250 scatti da pubblicare in un volume che vuole essere un umile tributo al Maestro Elliot Erwitt. Scatta prevalentemente a pellicola, sviluppa e stampa da sé le sue foto in una piccola camera oscura, allestita negli anni pezzo dopo pezzo.
Pier Luigi Pietropaoli è nato a Livorno l’11 maggio del 1951. Attualmente in pensione, vive all’Aquila.
Ha cominciato a fotografare fin dai primi anni ‘70 utilizzando una Zenit E, sviluppando e stampando in bianco e nero. E’ riuscito, col passare degli anni, a collezionare circa quaranta macchine fotografiche di svariate marche (dalla Nikon alla Leica) che utilizza tuttora con gran soddisfazione. Preferisce l’utilizzo del bianco e nero, sviluppando le pellicole per poi digitalizzarle e post-produrle in PS CS6. Predilige la street photography ed i landscapes, sempre ragionando in bianco e nero.