L’AQUILA – SAMBENEDETTESE 0-3: ANALISI DI UN “BIG-MATCH” SENZA STORIA.

28 Gennaio 2025
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Di Danilo Rosone

Alzi la mano chi aveva previsto un epilogo del genere.

La Sambenedettese, capolista indiscussa del girone F di Serie D, fa infatti la voce grossa anche nella tana della più immediata inseguitrice – L’Aquila di mister De Feudis – e scava un solco ancor più profondo, portandosi a +12 rispetto al secondo posto e ipotecando di fatto la vittoria del campionato già a gennaio.

Come già accennato, un verdetto inaspettato alla vigilia, non tanto per il risultato finale, quanto per la netta superiorità sfoggiata in campo dall’undici di Palladini, capace di andare a segno e di rendersi costantemente pericoloso con una facilità disarmante.
Eppure, dopo un approccio più convincente da parte dei Marchigiani, nel primo tempo erano stati Banegas e soci a farsi preferire per gioco, intensità e predominio territoriale.
Quantomeno fino al 35′, quando Chiatante non ha esitato a capitalizzare al meglio un’azione costruita sull’asse Sbaffo-Eusepi.

Da quel momento è iniziata un’altra gara, dove gli ospiti hanno dimostrato di meritare appieno l’appellativo di “grande squadra”, dapprima gestendo sapientemente il prezioso e risicato vantaggio, ed in seguito – ad inizio ripresa – inferendo un colpo mortifero agli avversari, grazie al fendente di Guadalupi propiziato da una rovesciata non perfettamente impattata dal solito Sbaffo.

Incredibile, ma vero: sebbene mancassero ancora tre quarti d’ora di gioco (recupero compreso), L’Aquila è uscita fisicamente e mentalmente dal campo, lasciando libero sfogo alle scorribande dei Rivieraschi.
Da una di esse, nasce il terzo e ultimo gol di giornata griffato da un Kerjota apparso in condizione strepitosa.

Nessuna reazione da segnalare sul fronte dei locali, che hanno anzi rischiato di capitolare altre volte fino al triplice fischio, ma un po’ le parate di Michielin, un po’ la scarsa lucidità degli attaccanti ospiti, hanno impedito che il passivo diventasse impietoso come nella gara del “Riviera delle Palme”, quando la band di Palladini rifilò una sonora cinquina alla squadra allora allenata da Giovanni Pagliari.

È forse proprio l’ “aggregate” di 8-0 tra andata e ritorno in favore della Sambenedettese la cartina di tornasole di un confronto, che – per quanto il distacco in graduatoria fra le due compagini non sia mai stato siderale – non ha evidentemente mai avuto storia nella realtà dei fatti.

Superiorità che emerge nelle individualità, nel collettivo e, fattore ancor più determinante, nella sagacia di una società che ha saputo fare “mea culpa” rispetto agli errori della scorsa stagione, affidando una vera e propria “fuoriserie” ad un maestro (specie in termini di gestione del gruppo) come Ottavio Palladini ed evitando troppi (e spesso dannosi) stravolgimenti nel mercato di dicembre.
Una ricetta dalla quale la società del Capoluogo dovrà necessariamente prendere spunto per provare a primeggiare nella prossima annata sportiva: perché se da un lato è vero che la fine della stagione è ancora lontana, dall’altro è innegabile che i successi si costruiscono nel tempo e attraverso una lucida e ponderata programmazione

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