L’INDULGENZA CELESTINIANA NELLA BOLLA DEL GIUBILEO 2025 ‘SPES NON CONFUNDIT’

22 Settembre 2024
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Annotazioni su Indulgenza di Compostela, Perdono di Assisi, Perdonanza aquilana e Giubileo del 1300

di Orlando Antonini *

22 settembre 2024

Parte prima di due

L’Aquila, Basilica di Collemaggio

L’AQUILA – Contenuto ed essenza dei giubilei è l’indulgenza plenaria, la possibilità cioè di fruire, da parte di ogni fedele sinceramente pentito e confessato e che ottemperi ad alcune pie condizioni, il perdono di tutti i peccati. Quale lieta sorpresa dunque ha riservato all’Aquila papa Francesco citando per prima volta nella storia la nostra Perdonanza nella Bolla d’indizione di un Giubileo. Egli deve avere una predilezione per la nostra Città. A cominciare dal 2014, quando in Udienza pubblica parlò aquilano agli aquilani in perfetta nostra cadenza, “Jemo ‘nnanzi!”, per rincuorarli nel loro duro post-sisma. Nel 2018 ha creato Cardinale per le sue qualità personali proprio il nostro Arcivescovo. Nel 2022 egli ha accolto benevolmente l’invito del Card. Petrocchi a venire all’Aquila ed aprire per prima volta nella storia in quanto Papa la Porta Santa di Collemaggio, persino ufficializzando, si noti bene, un titolo concepito per la nostra città dal Card. Petrocchi: L’Aquila ‘capitale del perdono’. E quest’anno, ecco l’altro suo grande dono: l’accoglimento  della proposta di Mons. Fisichella, a sua volta di nuovo invitatovi dal Card. Petrocchi, ai quali dunque va tutta la nostra gratitudine, di menzionare la Perdonanza celestiniana nella Bolla d’indizione del Giubileo universale quale precedente storico del Giubileo del 1300.

Non è di poco significato il fatto che nella menzione in oggetto il pontefice abbia definito il dono di Celestino V  ‘grande Perdonanza’ e l’abbia citato prima degli altri due e molto più noti Perdoni, cioè la Porziuncola e Compostela. Credo che ciò dipenda dal fatto che l’indulgenza aquilana fu concessa da Celestino V con regolare ufficiale bolla, mentre il Perdono di Assisi era stato concesso solo verbalmente da papa Onorio III nel 1216 a S. Francesco. Quanto all’indulgenza di S. Giacomo di Compostela, esiste una bolla nella quale Innocenzo III conferma e rende stabile l’indulgenza che Callisto II aveva elargito nel 1122, il cui testo però, da me chiesto e ricevuto dall’Archivio di quella Cattedrale, risale al XV secolo e reca problemi di autenticità.

Venendo alla Perdonanza aquilana, si rileva in essa l’esistenza, inedita tra tutte le altre indulgenze plenarie del mondo cristiano, di due distinti livelli: uno ecclesiale ed uno civico. Quest’ultimo deriva da quella circostanza storica, tipica del medioevo, quando comunità cristiana e comunità civile spesso coincidevano e la validità delle bolle dipendeva dal possesso materiale di esse da parte dei rispettivi detentori. All’Aquila la Bolla di Celestino è ritenuta di possesso ininterrotto non della Chiesa locale ma del ‘Magistrato’; di qui la prerogativa del Comune ad indire ogni anno le manifestazioni. È su tale dato di fatto che nel 1991 Tarcisio Mannetti, ed altri dopo di lui, asserì che nel 1294 la bolla sarebbe stata affidata brevi manu dalla Cancelleria papale direttamente alla Municipalità aquilana del tempo.

La realtà è più complessa. Nella lettera esecutoria del 18 agosto 1295 di cui diremo, nella quale papa Bonifacio richiede indietro la bolla, egli la richiede non dal Comune ma dai monaci e dal vescovo. Ciò indica chiaramente come al pontefice constasse, dalla propria Cancelleria che in parte era la stessa di Celestino, che il documento era stato originariamente rimesso ai monaci, non ad altri. Anche Raffaele Colapietra, per il quale il possesso comunale del documento dipese semplicemente dalla circostanza che all’inizio del ‘300 e delle prime edizioni della Perdonanza i Camerlenghi del Comune e i Priori celestini di Collemaggio furono spesso la stessa persona, presuppone che la bolla appunto non fosse in possesso del Comune ma dei monaci.

Come dunque il Comune entrò in possesso della bolla? Ciò non può spiegarsi se non ammettendo che, all’inizio, l’originale del documento fosse affidato effettivamente alla Chiesa locale, nel caso in specie ai Celestini di Collemaggio, ma che questi, quando il 27 dicembre 1294 Bonifacio VIII manifestò l’intenzione di cassare «tutte le dispense, i privilegi e le altre dimostrazioni di favore» concesse dal predecessore, per salvare il privilegio indulgenziale di Collemaggio ai primissimi stessi del 1295 sarebbero ricorsi ai maggiorenti aquilani, concordando con loro l’affido in custodia al Comune della Bolla del Perdono. Sicché, quando il papa ordinò sotto pena di scomunica ai monaci di rimettergli il documento attraverso il vescovo, egli non riebbe mai la pergamena di Celestino perché le lettere di richiesta furono indirizzate a destinatari che non la possedevano più, e questi non potettero essere sanzionati in quanto non erano incorsi in disobbedienza. Dovremo essere per sempre grati a quei maggiorenti per essersi prestati a salvare in Comune il grande dono di Celestino V alla chiesa di Collemaggio, pur non senza calcolato interesse, perché ben consci di quanto un’indulgenza del genere a quei tempi comportasse, con la sua valenza spirituale, anche un importante ricasco in accrescimento del potere economico e civile della città e del suo prestigio. Come poi sia stata possibile tale «spregiudicata validità delle genti aquilane ed abruzzesi dell’epoca», come scrisse Amedeo Cervelli, a poter impunemente rifiutarsi di restituire la bolla, ritenere invalide le revoche del papa e continuare tranquillamente a celebrare il Perdono”, sorprende non poco. In Comune poi il documento restò in sicurezza, determinando il governo civico a considerare suo diritto-dovere la salvaguardia di esso e la gestione organizzativa del Perdono medesimo. Così l’evento sacro è divenuto anche evento civico, anzi la manifestazione annuale più importante della Città, diventando componente essenziale dell’identità culturale locale.

Nel corso del tempo, peraltro, i principi della romanistica medioevale secondo cui il valore di un contenuto cartolare si identificava nel possesso della res il cui contenuto dispositivo veniva meno soltanto con la ‘restitutio’ del documento, furono superati. Così già nel 1460 e 1468 e di nuovo tra 1472 e 1477 è documentato che la Perdonanza poté essere sospesa dal Papa in tutta validità giuridica ed esecutiva. Oggi la Bolla celestiniana riveste importanza solo storica, la sua validità non dipende più dal suo possesso bensì soltanto dalla volontà del pontefice: essa venne confermata dai papi successivi, ultimi Paolo VI nel 1967, Giovanni Paolo II per il Giubileo del 2000 e, stavolta solennemente, nella bolla giubilare di papa Francesco Spes non confundit. Per questo motivo alla Perdonanza di quest’anno sono state lette due bolle: quella storica dal Sindaco, quella attuale validante dal nostro Arcivescovo. In più, la presenza all’Aquila del Papa nel 2022 per l’apertura della Porta Santa ha tirato fuori la Perdonanza dall’ambito locale per lanciarla a quello universale, planetario come detto dal Card. Petrocchi e ricordato dall’arcivescovo Mons. D’Angelo. Inoltre, per avere assunto anche il carattere civico all’Aquila si dà maggior rilievo al risvolto sociale e civile del Perdono sacramentale celestiniano consequenziale all’assoluzione individuale del penitente, fino ad attualizzarlo ai problemi del XX-XXI secolo, la pace, la riconciliazione, la solidarietà, e fino a porre il messaggio di Celestino alla base anche della soluzione non-violenta dei conflitti sociali, della difesa dei diritti umani, rendendo più possibile la comunione fra gli esseri umani. A tale essenza religiosa della Perdonanza celestiniana tutte le manifestazioni civili di contorno dovranno di logica armonizzarsi nei contenuti, promuovendo anch’essi il messaggio spirituale di Celestino V. Nell’accollarsi anche il peso economico dell’evento religioso il Comune sa che esso costituisce un autentico investimento, utile al suo prestigio ed al suo sviluppo turistico, occupazionale ed economico.

Veniamo ora alle formulazioni con le quali i tre documenti citati nella Spes non confundit, più la bolla Antiquorum habet fidem di Bonifacio VIII, definiscono ognuno la corrispondente concessione di indulgenza. Partiamo dall’indulgenza compostelliama, che ripeto costituisce un testo quattrocentesco incerto. La frase che interessa è la seguente: “Nos igítur ad hoc predecessorum nostrorum sante memoríe et ejusdem Calixti Pape ac Eugenii et Anastasií vestigíis inherentes,… de Omnipotentis Dei misericordia, ac beatorum Petri et Pauli Apostolorum ejus auctoritate confissi, … plenariam indulgentiam annuatim consequantur visitantes prefatam Ecclesiam”.

Per l’indulgenza assisiate non abbiamo un testo papale ma solo un pronunciamento vescovile. È necessario leggere un passo del Diploma o Codice del 1310, un pò lungo, che dò in traduzione italiana. In esso il vescovo di Assisi Teobaldo attesta che “il beato Francesco, … si presentò al cospetto di papa Onorio, e disse: “Santo Padre, di recente, ad onore della Vergine Madre di Cristo, riparai per voi una chiesa. Prego umilmente vostra santità che vi poniate un’Indulgenza senza oboli”. Il papa rispose: “Questo, stando alla consuetudine, non si può fare, poiché è opportuno che colui che chiede un’Indulgenza la meriti stendendo la mano ad aiutare, ma tuttavia indicami quanti anni vuoi che io fissi riguardo all’Indulgenza”… San Francesco gli rispose:“Santo Padre, voglio, se ciò piace alla vostra santità, che quanti verranno a questa chiesa confessati, pentiti e, come conviene, assolti dal sacerdote, siano liberati dalla colpa e dalla pena in cielo e in terra, dal giorno del battesimo al giorno ed all’ora dell’entrata in questa chiesa”. Il papa rispose: “Molto è ciò che chiedi, o Francesco; non è infatti consuetudine della Curia romana concedere una simile indulgenza”, ma… Ordino che tu l’abbia”…, però regoliamola in modo tale che la sua validità si estenda solo per una giornata”.

Della bolla 1294 di Celestino Inter Sanctorum Solemnia ecco il brano che interessa: “Omnes vere penitentes et confessos qui a vesperis ejusdem festivitatis vigilie usque ad vesperas festivitatem ipsam immediate sequentes ad premissam ecclesiam accesserint annuatim de Omnipotentis Dei misericordia et beatorum Petri et Pauli apostolorum eius auctoritate confisi a baptismo absolvimus a culpa et pena quam pro suis merentur commissis omnibus et delictis. Datum Aquile etc.  

Infine, il passo della bolla 1300 di Bonifacio VIII: “Nos de omnipotentis Dei misericordia, et eorundem apostolorum eius meritis et auctoritate confisi, de fratrum Nostrorum consilio et apostolicae plenitudine potestatis omnibus in praesenti anno millesimo trecentesimo… et in quolibet anno centesimo secuturo ad basilicas ipsas accedentibus reverenter, vere poenitentibus et confessis, …, non solum plenam et largiorem, immo plenissimam omnium suorum concedemus et concedimus veniam peccatorum”.

Come si vede, tutte e quattro queste indulgenze hanno il carattere della plenarietà: l’indulgenza compostellana è definita plenaria tout court; quella bonifaciana è detta genericamente, ‘amplissima’; quelle della Porziuncola e di Collemaggio precisano che l’assoluzione è applicabile a tutti i peccati commessi “fin dal battesimo”. Ma qui sorge un problema. Papa Bonifacio VIII risulta essere stato, di principio, strenuamente avverso a indulgenze plenarie lucrabili così facilmente. Lo dimostra la bolla esecutoria che il 18 agosto 1295, come scrive Elpidio Valeri, «egli emanò da Anagni diretta al priore e ai monaci di Collemaggio. In essa il papa, sostenendo che una tale indulgenza concedendo il perdono a tutti lo rendesse troppo facile, favorisse il lassismo morale e perciò portasse più alla perdizione che alla salvezza delle anime – le stesse identiche accuse che nel ‘200 vedremo vennero rivolte al perdono assisiate – la revocò insieme con tutti i provvedimenti del suo predecessore e ordinò la restituzione di tutti i relativi documenti in possesso della comunità celestina. Contemporaneamente ordinò al vescovo dell’Aquila di costringere il priore e i monaci ad ubbidire».

Monsignor Orlando Antonini

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