di Angela Casilli
La politica non si giudica dalle chiacchiere ma dai fatti concreti e le elezioni francesi, fortemente volute da Macron con lo scioglimento dell’Assemblea Nazionale lo scorso giugno, vero “coup de théâtre“ o colpo di testa che dir si voglia, ne sono la più lampante dimostrazione.
I risultati di questo voto anticipato, con un’affluenza alle urne molto alta, come non si registrava da tempo, invitano alla cautela, perché non chiariscono l’empasse politico del Paese e non fanno prevedere la nascita di un esecutivo a breve termine.
Non ci dicono chi debba governare e l’indubbio successo del Nuovo Fronte Popolare di Mélenchon, come la tenuta oltre le previsioni dell’Ensemble di Macron, fanno pensare ad una necessaria coalizione per poter governare il Paese.
Purtroppo in Francia i governi di coalizione sono solo un’ipotesi al contrario del nostro Paese dove sono un “escamotage” più volte utilizzato, non ultimo il primo governo Conte, con l’accordo tra 5 Stelle e Lega.
L’onda lunga del Rassemblement National, nonostante i risultati del ballottaggio non siano stati quelli del primo turno, non si può ignorare. L’estrema destra francese non riesce a superare la gogna di Vichy e dell’Alta Corte di Riom; la pregiudiziale antifascista, nonostante gli sforzi di Marie Le Pen, è tutt’altro che scomparsa nel Paese.
Si può anzi dire che lo sbarramento repubblicano, antico riflesso dell’elettorato francese, si è ripresentato al momento opportuno, come dimostra l’alta percentuale dei votanti, che ha completamente ribaltato i sondaggi della vigilia del voto che davano vincitore il partito della Le Pen.
E’ arrivata anche per la Francia la stagione del compromesso e quasi tutti gli osservatori più accreditati sono d’accordo nel ritenere, questo, il punto debole del Presidente Macron, che da primo della classe non ha mai preso in considerazione la necessità di condividere, compromettersi, ascoltare come dovrebbe invece fare ogni politico che pretenda di considerarsi tale.
Per molti l’arroganza autoreferenziale di Macron sono il riflesso di quella delle élites francesi, sia di quelle economiche che di quelle culturali, che in Francia raggiunge livelli molto elevati, al punto che il voto è apparso a non pochi osservatori un voto di classe.
Una cosa è certa ed è che l’attitudine al potere da solo che il Presidente francese impersona così bene, con queste elezioni potrebbe non essere più possibile, perché la Francia non ha dato a nessun partito la maggioranza assoluta, quindi nessuno potrà governare da solo e Macron dovrà rassegnarsi a coabitare, non sappiamo ancora come e con chi.