Raffaele Suffoletta
Le foibe sono cavità naturali, a volte molto profonde, tipiche della Venezia Giulia. In quelle voragini i partigiani comunisti jugoslavi gettarono spesso i cadaveri delle loro vittime, dopo averle trucidate o in certi casi ancora vive, durante le due campagne repressive attuate, prima nel settembre 1943 e poi nel 1945, contro chiunque si opponesse all’instaurazione del potere rivoluzionario nell’area istriano-dalmata.
Quanti furono gli infoibati? Non si saprà mai. L’unica foiba, oltre a quella di Monrupino, rimasta in territorio italiano, quella di Basovizza, ha fornito circa 500 metri cubi di resti umani e, secondo un calcolo di 4 individui per metro cubo, si arriva al numero di 2.000 assassinati. Questo è l’unico dato certo, poiché le autorità Jugoslave non hanno mai permesso di effettuare indagini sui territori in loro possesso.
Sino agli anni ottanta la storia ufficiale non ha parlato di questa immane tragedia e anche l’esodo di 350.000 dalmati è rimasto all’oscuro, in quanto argomenti imbarazzanti sia per gli storici che per i governanti.
Il Presidente Mattarella nel ricordare quegli eventi ha finalmente fatto chiarezza “Un muro di silenzio e di oblio – un misto di imbarazzo, di opportunismo politico e talvolta di grave superficialità – si formò intorno alle terribili sofferenze di migliaia di italiani, massacrati nelle foibe o inghiottiti nei campi di concentramento, sospinti in massa ad abbandonare le loro case, i loro averi, i loro ricordi, le loro speranze, le terre dove avevano vissuto, di fronte alla minaccia dell’imprigionamento se non dell’eliminazione fisica”.
“La ferocia che si scatenò contro gli italiani in quelle zone non può essere derubricata sotto la voce di atti, comunque ignobili, di vendetta o giustizia sommaria contro i fascisti occupanti; il cui dominio era stato – sappiamo – intollerante e crudele per le popolazioni slave, le cui istanze autonomistiche e di tutela linguistica e culturale erano state per lunghi anni negate e represse”.
“Le sparizioni nelle foibe o dopo l’internamento nei campi di prigionia, le uccisioni, le torture commesse contro gli italiani in quelle zone, infatti, colpirono funzionari e militari, sacerdoti, intellettuali, impiegati e semplici cittadini che non avevano nulla da spartire con la dittatura di Mussolini. E persino partigiani e antifascisti, la cui unica colpa era quella di essere italiani, di battersi o anche soltanto di aspirare a un futuro di democrazia e di libertà per loro e per i loro figli, di ostacolare l’annessione di quei territori sotto la dittatura comunista”.