Francesca Bocchi
Si vis pacem para bellum: i Romani, popolo di legislatori, giuristi e guerrieri, praticavano questo motto per mantenere la coesione sociale fra i numerosi popoli ed etnie che avevano soggiogato.
La strategia consisteva nel mantenere sempre attivi ed addestrati gli eserciti anche coinvolgendoli in ciò che oggi chiameremmo “lavori sociali” in modo da contare su meccanismi costantemente funzionanti e perfettamente oliati.
Negli anni, tale tattica ha prodotto effetti e risultati apprezzabili in termini di pace interna, ma l’evoluzione della società derivante dal contatto con popoli “altri” (cd. Barbari) non ha messo del tutto al riparo l’Impero ed ha invece determinato una rivoluzione di usi, costumi e consuetudini fino al collasso definitivo di un modus vivendi per secoli vincente.
Di fatto, ciò che è accaduto ai Romani si può leggere in parallelo rispetto a ciò che sta accadendo oggi all’Occidente alle prese con il fenomeno migratorio.
La nostra attuale realtà è percorsa da fremiti e sommovimenti ai quali le popolazioni “civilizzate” non erano più preparate e che stanno sconvolgendo l’ordine costituito che si credeva immutabile.
Oggi, quindi, è sempre più essenziale riscoprire quei principi del vivere civile, di educazione civica che – unici – possono garantire coesione del corpo sociale e mantenimento della pace sostanziale all’interno di una società e fra i popoli.
D’altronde, mai si sarebbe pensato, usciti da una pandemia che ha paralizzato il mondo, sgomento dinanzi ad una tale forza implacabile della natura, di dover affrontare una nuova guerra in Europa.
Guerra, parola di derivazione germanica che indica disordine, confusione e morte: è singolare che per indicare tale strumento di distruzione nel linguaggio sia prevalso “
Werra ” anziché la parola latina “ bellum ” che – singolare anche questo – è anche il neutro di “bellus” nel significato italiano di “bello”.
Nel linguaggio è prevalsa, quindi, la parola che meglio identifica le conseguenze
che la guerra comporta con tutto il carico di negatività anche lessicale del termine, una parola onomatopeica che trasuda violenza.
Nell’attuale complessità della situazione geopolitica mondiale, la salvezza è nei fondamentali, in quei princìpi cioè alla base della pacifica convivenza che permeano le grandi religioni e tutte le comunità umane, princìpi che il Rotary ha fatto propri e che da sempre connotano le comunità rotariane nel mondo.
“Creiamo speranza nel mondo” è il motto del Presidente internazionale del corrente anno rotariano. La speranza, ultima dea dei Romani, importante lascito che ciascuno può regalare alle generazioni future, nel motto è abbinata al verbo “creare” che racchiude il senso di “costruire”, “fondare”, “inventare qualcosa che prima non esisteva”.
Per dare origine alla speranza nel mondo bisogna “fare” in modo indefettibile, seguendo valori quali l’inclusione, la solidarietà, l’equità nei quali si condensa tutto il senso del fare e del costruire.
Una delle 5 vie d’azione che il Rotary si prefigge è quella che ingloba le azioni intraprese per allargare la portata delle attività umanitarie e per promuovere la comprensione e la pace tra i popoli: per questo circa 20 anni fa è nato il Premio Rotary Perdonanza .
Il Premio negli anni è stato conferito a persone, associazioni ed Enti che si siano distinti nel migliorare le condizioni sociali e culturali di comunità e territori.
Sono stati insigniti di tale riconoscimento, fra gli altri, Emergency, la Comunità di S. Egidio, il Comune di Lampedusa, Telefono Azzurro.
Quest’anno, data la gravità degli scenari internazionali, la Commissione Rotary Perdonanza ha deliberato di premiare quanti lavorano per contribuire alla conoscenza di eventi e relazioni internazionali, analizzando imparzialmente le dinamiche che determinano i conflitti al fine di individuare e spiegarne le ragioni e tracciare possibili vie di pace e soluzione diplomatica.
Premio Rotary Perdonanza per l’edizione 2023 sarà riconosciuto alla rivista
Limes, fondata e diretta da Lucio Caracciolo, alla reporter di guerra Greta Cristini ed alla Caritas Diocesana.
Il senso del Premio è il forte valore simbolico che lo stesso rappresenta nell’intento di divulgare ed affermare il valore universale della Pace all’interno della Perdonanza celestiniana che, raccogliendo l’insegnamento di Pietro Angeleri, parla al mondo di Speranza ed Amore.