di Enrico Cavalli
Antica Interocrium sulla Via Salaria e citata da Strabone, Antrodoco, era stata maggiormente contributiva di castelli fra i “99” nel 1254, fondatori dell’Aquila.
In età moderna, questo lembo dell’estremo Abruzzo ulteriore II, fu uno dei centri più resistenti alla invasione “giacobina” nel 1798-99.
Nel sostanziale conservatorismo, giusta la gravitazione nella diocesi aquilana del Circondario cittaducalese dal 1818 (fino al 1976), Antrodoco, è scenario della I’ battaglia del Risorgimento dal 7 al 9 marzo 1821.
Nel 1820-21, i tentativi “carbonari” di rovesciamento della Restaurazione del 1815, erano attecchiti nel Regno delle Due Sicilie e fu imposta la costituzione a Ferdinando I (ex IV), salvo, questi, chiedere alla Santa Alleanza in riunione a Lubiana nel gennaio’21, aiuti militari per il ripristino del suo regime.
Punto strategico della “Via degli Abruzzi” fra Nord e Sud, ad Antrodoco, si fronteggiano, da un lato, guidati dal generale napoletano Guglielmo Pepe (il suo pari grado e fratello Florestano, avallante l’autonomismo siciliano del 1820), 46 battaglioni di cui 3 abruzzesi, ovvero, 12.000 effettivi dei 40.000 “costituzionali” sparsi dalla Campania al Castello dell’Aquila (che recitava in meno di un secolo, una funzione bellica dopo la “stretta“ austriaca del 1744 alla omologa guerra di successione e del 1799 di marca francese); dall’altro, 14.000 soldati, l’avanguardia dei 50.000 dalla Santa Alleanza affidati al generale austriaco-loreno Johann M.F. Frimont, logisticamente superiori.
Nei primi scontri, gli squadroni abruzzesi a cavallo rintuzzano gli ussari austriaci, ma il vantaggio tattico non è sfruttato dai napoletani e Frimont può ricevere i rinforzi per un contrattacco vittorioso e a Napoli, dai restaurati Borboni, il titolo di “Principe di Antrodoco” e somme di denaro (destinate alla edificazione di una chiesa ed ai suoi soldati). A Vienna per “l’entusiasmo” si costituì il reparto cavalleggeri “Furst Von Antrodoco” (che operò in campagne militari successive). Pepe riparava in Inghilterra (dove conobbe Ugo Foscolo), quindi, amnistiato dal re Ferdinando II di Borbone, dapprima, accettava di condurre l’esercito contro gli insorti di Venezia del 1849, per poi clamorosamente appoggiarli; ma al cadere della repubblica di Daniele Manin (fra suoi difensori ci fu il marchese aquilano Alfonso Dragonetti) espatriò tra Parigi e Torino.
Alla battaglia di Antrodoco, furono presenti l’artista istoniano Gabriele Rossetti costretto all’esilio londinese e Nicola Ricciotti, futuro luogotenente di Giuseppe Garibaldi. Fra i locali Ferdinando Mozzetti tenente dei Legionari e il colonnello Nicola Mascioletti, accerchiato dagli austriaci alla “Madonna delle Grotte” dove in suo onore sarà intitolato il ponte di quel crocevia storico.
Il primo fatto d’arme risorgimentale, ebbe l’effetto di una caratterizzazione militare di questo confine regnicolo, non immune dalle sollevazioni del 1833,’41,’48, specialmente, di marca aquilana e patrocinate dalla presenza negli Abruzzi, di Giuseppe Mazzini.
Proprio alla 1’Guerra di Indipendenza del 1848-49, un moto antrodocano, partito dal Convento della patrona Sant’Anna, venne prontamente represso dai gendarmi borbonici. Al Tribunale dell’Aquila diversi ribelli locali furono condannati alla fucilazione, altri inviati alle carceri durissime di Procida, Pescara e Castello aquilano, otterranno l’amnistia nel 1856.
Fra contraddizioni carbonare e cedimenti borbonici si scandiscono i momenti decisivi del passaggio integrale nello Stato unitario di un Abruzzo Ulteriore II, che risentirà dei contraccolpi dell’Unificazione fatta di leva militare e fiscale.
Similmente al quadro abruzzese, ad Antrodoco, peraltro già prostrata dall’alluvione del Velino nel 1862, una risposta alla “piemontesizzazione” sarà l’insorgenza del brigantaggio in collegamento al “sanfedismo”, il tutto, intrecciato alla questione vicinissima di Roma Capitale ed emigrazione fra ‘800-‘900, fino al “trauma” della separazione dalla “provincia madre” dell’Aquila nel 1927.