novembre 2020
di Danilo De Masi
Ricordo la sciarpa di mio nonno, Sottotenente di Complemento nei Lancieri di Vercelli [1] (reggimento istituito per la guerra 15/18). Era di quella tonalità di azzurro detto Savoia, così come l’arancione delle Sette Provincie dei Paesi Bassi è detto Orange, dal nome della casata che “colora” anche i giocatori della loro Squadra Nazionale.
Uno statista che – nei ritagli di tempo – dispensava ammaestramenti a giovani che già avessero una posizione di vertice (in un determinato campo) ricordo che ci disse: “i grandi paesi non cambiano simboli, bandiere e persino relazioni internazionali, neppure quando cambiano regime istituzionale, perché in essi si riconosce la popolazione”. Correvano i primi anni ’70 del secolo scorso.
Ho usato il vocabolo Paese invece di Nazione in quanto il secondo è più riduttivo: si pensi all’impero austro-ungarico che si dichiarava costituito di oltre dieci nazionalità, incluse quelle Lombarda e Veneta. Dante si dichiarava di “nazionalità” fiorentina (neppure toscana), anche se non di costumi [2]; personalmente mi considero “cittadino europeo di nazionalità italiana” e mi riferisco all’Europa “fisica” ovvero geografica.
Mio nonno ha iniziato il Servizio e lo ha terminato sotto lo stesso sovrano, richiamato brevemente quando ormai era titolare di cattedra e padre: la Medaglia di Cavaliere di Vittorio Veneto e la promozione di grado, l’ha ricevuta dal Presidente della Repubblica tramite l’Unuci di Vercelli dove anch’io sono stato iscritto. Anche mio padre, che ha visto cancellare lo stemma dalla parte bianca del Tricolore, ha indossato la sciarpa dello stesso Azzurro. La sciarpa è sempre stata azzurra, chiamando tale tonalità “Azzurro Esercito” anziché azzurro Savoia.
Non so se il cambio da azzurro in bleu sia parte dello stesso disegno che ha portato Alitalia a sostituire i Boeing con gli Airbus francesi, la Parmalat alla francese Lactalis (senza che i due colossi italiani dell’alimentare osassero farsi avanti o “disturbare” i manovratori). La Banca Barclays inglese è stata … costretta a lasciare l’Italia mentre quella[3] nata il 15 agosto 1913 come “Istituto Nazionale di Credito per la Cooperazione” (Bancoper) è finita nel 2006 alla francese BNP-Paribas per volontà del Presidente del Consiglio che ne nominò il presidente facendogli assicurare la carica “vitalizia” dai padroni francesi.
Non credo che, in quell’accordo, fosse incluso il tingere del colore francese per eccellenza (il Bleu) il nostro Azzurro. Gradatamente, negli ultimi anni, ho visto aumentare il numero delle “sciarpe” bleu rispetto alle azzurre. Nella cerimonia del IV novembre, di questo 2020, il numero uno delle Forze Armate italiane, indossava inequivocabilmente la sciarpa bleu.
Come ho accennato in un precedente articolo, l’Italia suddivisa tra Nord, Centro e Sud (con la variante aggiuntiva del Centro-Nord) è una scelta di geografia militare dei Piemontesi al momento del “D Day” nel 1859. In realtà l’Italia – come scriveva il Petrarca – è divisa dall’Appennino tra Adriatica e Tirrenica: quello che il Petrarca non poteva sapere è che i turisti “germanici” avrebbero preferito il versante adriatico [4] mentre il Nord-Europa, con Inghilterra-Scozia e Paesi Bassi [5] avrebbe preferito il versante tirrenico, Liguria e Toscana in primis senza trascurare la Costiera amalfitana e sorrentina.
Paradossalmente è più accertata la sensibilità degli Italiani come “appartenenza” allo stesso Popolo che non quella dell’Italia come Stato unitario (al contrario della nota preoccupazione espressa da Massimo D’Azeglio nel 1861, “l’Italia è fatta: ora bisogna fare gli Italiani”). L’Europa è più realizzata di quanto non si dica ma l’Italia – non più in grado di recitare un ruolo autonomo – è tornata nel dubbio tra “Franza o Spagna” (l’affermazione era del Guicciardini, 1483-1540): la Spagna, sulla scia di Carlo V, è già un’appendice della Germania e la Francia con la sua illusione di ritorno alla grandeur è riuscita solo a spingere oltre-manica l’odiata Perfida Albione cui noi dobbiamo gran parte della raggiunta unità, partendo da Marsala che era sostanzialmente una colonia inglese per la produzione del vino simile al Porto.
Giovanni Giolitti, tra i governanti di più lunga durata su più governi, alla vigilia della guerra 1914-18 (quando l’Italia firmo il patto segreto con l’Inghilterra) ormai ritiratosi, sostenne che l’Italia non potesse mettersi contro la Germania perché troppo dipendente sia dalle esportazioni che dalle importazioni e per una naturale “frequentazione” dalla nascita del Sacro Romano Impero, da Carlo Magno a Carlo V.
I Francesi – come disse il giornalista Caprarica – sono come noi ma non se ne rendono conto; hanno espresso un solo “Capo” amico dell’Italia: Napoleone III che entrò a Milano con Vittorio Emanuele II affiancato a cavallo. Senza i “Caduti” francesi della Battaglia di Solferino non avremmo “liberato” il Lombardo-Veneto. La Francia non lo ha perdonato e Napoleone III riposa a Farnborough, nell’hinterland londinese. I giochi “sono fatti” anche se ancora non si vede: rimane da perdonare i Francesi per il DC 9 dell’Itavia e per aver fatto assassinare Gheddafi affinché non desse corso ai progetti affidati alle imprese italiane (facendoci perdonare – a nostra volta – quella che fu definita una “coltellata alla schiena”) oppure perdonare i tedeschi per le stragi del 1943-45 sperando che l’attuale Cancellierato non sappia dei cinquanta mila vagoni ferroviari di aiuti “materiali” chiesti ed ottenuti dall’Italia nel 1939 come incentivo all’ingresso in guerra ed alla “Campagna di Russia”.
Il Precedente Articolo (ottobre 2020) è stato “Il Paese del quanto basta”.
[1] Lancieri di Vercelli, 26° Reggimento (distinto per colletto e paramano in “azzurro savoja) reso operativo per la guerra 15/18 dopo l’impiego in Libia nel 1911-12, impegnato sino alla battaglia finale di Vittorio Veneto e “riassorbito” nel Savoja nel 1919 dopo la fine della Grande Guerra.
[2] Florentini natione non moribus, fiorentino per nascita, non certo per costumi sociali e politici: così si definì Dante in una lettera (la XIII epistola) a Can Grande della Scala, al quale il Sommo Poeta dedicò l’ultima Cantica della Divina Commedia.
[3] BNL 15 agosto 1913. La fondazione della BNL, “Istituto di credito di Diritto Pubblico” originariamente voluto da Luigi Luzzatti (Presidente del Consiglio dopo Sonnino) e tenuto a battesimo da Giovanni Giolitti e dal Ministro dell’Industria e dell’Agricoltura, Francesco Saverio Nitti. Nel 1929 fu trasformato in banca ordinaria ed affidata alla gestione di Arturo Osio, economista e docente universitario, orfano di un Maresciallo dei Carabinieri.
[4] Già i Galli Senoni (parte delle orde di Brenno che saccheggiarono Roma) nel risalire a Nord-Est rinunciarono e ritornare in Germania e si fermarono nelle Marche, fondando Senigallia. Come ho avuto occasione di scrivere, all’invasore Brenno venne dedicato il “Passo” e molto dopo, l’Autostrada; a Furio Camillo che liberò Roma è intitolata una fermata della Metro A nella Capitale.
[5] Paesi Bassi, come più in generale i cosiddetti “Paesi Frugali” rientrano ormai da tempo nella zona di influenza della Germania riunificata: le proteste (circa le concessioni ai Paesi spendaccioni) degli Olandesi che hanno come motto “Io manterrò” sono state contenute dall’impegno di Anghela Merkel di sovraintendere.