Nato nel 1919 in sostituzione del Corpo delle Guardie di città,
è rimasto attivo soltanto fino al 1922.
A cura del Sostituto Commissario Giulio Quintavalli e dei Sovrintendenti Capo Massimo Gay e Fabio Ruffini.
Tratto dalla Rivista dell’Associazione Nazionale della Polizia di Stato. Anno XLVI n 3 luglio – settembre 2019.
L’articolo, che si sviluppa in due appuntamenti consecutivi, prende spunto dal Centenario della costituzione della “Regia Guardia”, voluta dal Presidente del Consiglio Francesco Saverio Nitti il 2 ottobre 1919 con il Regio decreto n. 1790, “che sopprime il Corpo delle Guardie di città e in sua vece istituisce il Corpo della Regia Guardia per la Pubblica Sicurezza”.
LE PREMESSE STORICHE
A Nitti si deve l’omonima radicale riforma dell’Amministrazione della pubblica sicurezza, dei Corpi e dei Servizi di P.S. alle soglie del Biennio Rosso. Quelli che seguono saranno anni turbolenti, scossi da intense lotte operaie e contadine, mobilitazioni della popolazione, tumulti annonari, occupazioni di terreni ed importanti fabbriche nell’Italia centrosettentrionale. Tutte queste circostanze portano a contrapporsi la forza pubblica e le folle in tumulto, spesso animate da gruppi politici di opposti colori che. condividendo il frequente ricorso alle armi, si contendono le piazze in vista delle elezioni amministrative dell’autunno 1919 (particolarmente calde per il suffragio universale maschile e il voto esteso ai minorenni ex combattenti).
L’ITALIA AL VOTO
Ciò agevola un ‘inedita partecipazione politica e i partiti di massa: Partito Socialista Italiano, Partito Popolare Italiano, Partito Liberale Democratico, Partito dei combattenti, Partito Radicale, Partito Socialista Riformista Italiano, e altri. I partiti di governo, che intendono proseguire il percorso riformista bloccato dalla guerra, favoriscono le tutele sociali, le condizioni lavorative cd economiche delle classi più deboli allo scopo di sottrarre consenso alle opposizioni. Queste ultime, alcune delle quali sottoposte al giudizio delle urne per la prima volta, sebbene mosse da opposte visioni, mirano, invece, a radicali riforme economiche e sociali. Inoltre, parte delle opposizioni condividono un’inedita violenza di linguaggi e metodi, nati nell’esperienza di guerra, in particolare l’avversione per il parlamentarismo e il “vecchio” ordine liberale, responsabile della condizione in cui si trovava il Paese. Le urne avrebbero potuto favorire la continuità con il passato o i diversi venti rivoluzionari: quelli socialisti, che spiravano dall’Est Europa, o quelli nazionalisti, alimentati da Benito Mussolini, intenzionato a dare vita alla “terza via” per una nuova classe dirigente di reduci delusi per la “Vittoria mutilata’.
UNO STRUMENTO Dl CONTENIMENTO
La Regia Guardia, immediatamente testata sul campo della violenza politica, sotto il fuoco incrociato dei contendenti, diventa per il governo lo strumento per fronteggiare la psicosi rivoluzionaria; per le sinistre, lavoratori e contadini in agitazione, il bieco strumento di repressione reazionaria; per le destre, la misura dell’inadeguatezza della “vecchia politica” contro la minaccia bolscevica e “l’inerzia” delle classi liberali per i reduci. Il Corpo, sebbene riesca quasi ovunque nel difficile compito di contenere e separare gli schieramenti, viene liquidato dopo poco più di tre anni da Mussolini, il 31 dicembre 1922, (esattamente dopo due mesi dalla nomina dello statista) che riforma e unifica i corpi armati di polizia. Il provvedimento interessa anche l’istituzione “sorella” e meno nota, nata anch’essa dalla riforma Nitti il 14 agosto 1919: il Corpo degli agenti di investigazione, preposto ai servizi di indagine. informativi, tecnici, politici in borghese.
POLIZIOTTI IN PIAZZA
L’ordine di scioglimento alla Regia Guardia non passa indolore: in alcune città gruppi di poliziotti scendono in piazza tra la derisione e i soprusi fascisti sotto l’occhio consenziente delle nuove autorità ligie al sopravvenuto governo; la Regia Guardia, i cui appartenenti venivano spesso raggiunti da colpi di moschetto sparati dai fascisti, diviene anch’essa “vittima” dello squadrismo, che avrebbe relegato la sua Bandiera in un polveroso armadio dell’Armeria Reale di Torino.
LA CRISI DEL CORPO DELLE GUARDIE DI CITTA’
Fino alla Grande Guerra, i Carabinieri e l’Esercito avevano provveduto sistematicamente ai servizi di Ordine Pubblico alle dipendenze delle Autorità di P.S. a fianco del Corpo delle Guardie di città. Questa organizzazione dei servizi aveva provocato il malumore di tutti gli interessati: i manifestanti, i partiti, e i giornali di opposizione, che lamentavano l’eccessivo uso delle maniere forti; le Autorità, criticavano le conseguenze sociali che ne derivavano; la truppa, i continui disagi; il governo, le spese per i trasferimenti e l’impiego della forza.
Nel maggio 1915, con la discesa dell’Italia sui campi di battaglia, le autorità stringono le maglie del dissenso politico e impediscono scioperi e manifestazioni nelle piazze per concentrare il Paese nello sforzo bellico.
LE AGITAZIONI DEL 1917
Con la Rivoluzione di febbraio, quando i socialrivoluzionari e bolscevichi in Russia rovesciano la Monarchia dei Romanov, preannunciando l’uscita separata dal conflitto, la reazione della popolazione in alcune città del Nord Italia impensierisce il governo, allarmato dai moti per il carovita. A Milano divampano tumulti per la carenza di riso; a Torino, durante la visita di una delegazione russa, gli operai incrociano le braccia, accogliendola al grido “Viva Lenin”; con questa premessa, inizia una violenta sommossa per rivendicare generi alimentari e di prima necessità: una cinquantina di morti tra rivoltosi, una decina tra forze dell’ordine, oltre duecento feriti, un migliaio gli arrestati, tra cui molti socialisti. Le truppe “costituite con classi anziane e con elementi del luogo, più sensibili al prolungato contatto con la popolazione, fra la quale possono avere congiunti ed amici” devono evitare contatti per scongiurare “insulti o lusinghe”, scriveva il Ministro della Guerra ai Comandi, impensierito per la sobillazione socialista, colpevole di ledere il prestigio del governo e delle autorità militari, e lo spirito pubblico.
I CONFLITTI SOCIALI
Nel novembre 1918, con la vittoria sugli eserciti austro-tedeschi, parte delle sinistre, sulla scia dei movimenti in Russia e Germania, gettano benzina sul fuoco del malcontento della popolazione, dei reduci e delle loro famiglie, Nei mesi successivi, la mancata adozione di radicali misure per abbattere il carovita e la disoccupazione, il ritardo della riforma dei patti agrari e della distribuzione delle terre incolte ai contadini c reduci, favorisce la conflittualità sociale e politica, a vantaggio delle sinistre, accendendo la pronta reazione delle destre e del nazionalismo.
A ciò si aggiunge una questione dai risvolti internazionali: la richiesta italiana di annettere Fiume, avversata dalla Conferenza di Pace di Parigi. La Città, presidiata da un contingente militare internazionale, nel settembre 1919 viene raggiunta da una Legione di volontari capitanata da Gabriele d’Annunzio, che ne proclama l’annessione al Regno; il governo di Vittorio Emanuele Orlando chiede la resa dei legionari mentre i bersaglieri, inviati per bloccarli, si uniscono a loro.
LA RIORGANIZZAZIONE
Intanto, il governo studia come riorganizzare la P.S. e il Corpo delle Guardie di città, stremato per i mancati avvicendamenti durante la guerra e con l’organico (di circa 11 mila unità, compresi oltre cento ufficiali) eroso di quasi la metà, depauperato nella fibra poiché i migliori elementi stavano vano transitando nel Corpo degli investigativi. Gli studi a Palazzo Braschi, proseguiti con Nitti, successore di Orlando, puntano a raddoppiare l’organico, quadruplicandone gli ufficiali, e ad elevare il Corpo a Forza Armata.
Il vento di protesta della “propaganda sovversiva” nei Corpi dello Stato, l’inadeguatezza degli ufficiali del Corpo (preposti alla sola disciplina e logistica) e l’inesperienza in quei rami del servizio tipici dell’Esercito fortemente sviluppati in guerra e proficuamente adottati al fronte, su cui puntava il governo per la nuova Istituzione (battaglioni mobili, squadroni a cavallo, reparti motorizzati, reparti mitraglieri, unità tecniche) fanno naufragare il progetto in favore di una svolta radicale: un Corpo totalmente nuovo, meglio armato e considerato che in passato, con ufficiali selezionati tra gli organici dell’Esercito in esubero per riduzione dei quadri, e con sottufficiali e truppa scelti sia tra i reduci di guerra sia tra le Forze di Polizia, aperto alle classi chiamate alle armi. Mentre persistono difficoltà nell’impiego sulle piazze di Carabinieri (il cui carente organico era subissato dalle incombenze delle Autorità militari) ed Esercito (attraversato da malumori e sottoposto alla propaganda clandestina socialista), tra le fila di nazionalisti e destre, scesi nelle piazze per “fare i conti” con le sinistre, si distinguono moltissimi militari in uniforme ed ex soldati che vestivano arbitrariamente il grigioverde. Tra loro, eroi di guerra e arditi con i petti decorati, mutilati, invalidi, contro cui la forza pubblica abbassava deferentemente i moschetti.
MANO ALLE ARMI
Il Ministero della Guerra sottolinea l’apoliticità del Regio Esercito per la tenuta delle piazze: i Comandi devono “assicurare ai soldati e specialmente a quelli comandati in servizio per mantenimento dell’ordine pubblico una continua assistenza che sia di salutare presidio all’animo dei militari”. Si moltiplicano, intanto, nei corridoi e sui tavoli del Ministero dell’Interno le relazioni delle Questure sull’escalation di violenza politica, come quella redatta da Giovanni Gasti sull’assalto e distruzione a Milano per mano squadrista della sede dell’Avanti!, organo di stampa e “quartier generale” del Partito socialista, candidato al trionfo elettorale. Gasti intuisce che Mussolini, direttore del Popolo d’Italia è a capo di un corpo armato politico con efficacissima capacità militare, pur di salire al potere è pronto a sfidare e a usurpare il dominio della forza pubblica. Il fermo intento del governo di garantire pacificamente il dissenso politico si scontra con l’intransigenza del Partito Socialista che, portando gli aderenti a convergere con gli anarchici, fa presagire come imminente un “bolscevismo italiano”. Le continue “riservate” sugli intenti rivoluzionari e l’arrivo di inviati russi a metà luglio inducono il Governo a rivolgersi ai prefetti per prendere contatti con le associazioni e con i partiti politici d'”ordine”. Lo Stato liberale, sotto la minaccia del momento, chiedeva soccorso ai “neri” Contro i “rossi”.
LA REGIA GUARDIA
Per la continuità operativa del servizio la Regia Guardia deve rispondere in tempi ristrettissimi a molteplici urgenze, tra cui:
- selezionare e nominare l’organico di 25.000 uomini, così articolato: 370 ufficiali, di cui 295 inferiori, per il Comando Generale e per i Reparti (va ricordato che l’organico dei Comandanti del Corpo Guardie di Città, al quale era stata data l’opportunità di transitare nella Regia Guardia, consisteva in meno di 100 elementi, e che il grado apicale, Vice ispettore comandante, corrispondeva a Tenente colonnello);
- selezionare, formare e colmare l’organico di sottufficiali per il comando di unità minime operative, e della truppa, anche di leva, senza esperienza militare;
- aggiornare (o istruire) il militare di Pubblica Sicurezza nelle funzioni di Forza Armata e di Polizia, curandone la progressione di carriera;
- impiantare completamente i Reparti, i Comandi periferici e il Comando Generale;
- dotare il Corpo delle norme per il funzionamento e i servizi (amministrative, contabili, impiego…)•