Il destino beffardo rappresentato da una maschera di clown si prende gioco di tutti e di tutto: l’amore e le passioni sono a suo servizio, donne e uomini rappresentano pedine da spostare a piacimento, il potere e la ricchezza sono solo mezzi, molto spesso illusori e vuoti. Olivier Py ha messo su una rappresentazione maestosa al punto giusto, senza strafare ma allo stesso tempo mettendo il suo marchio su un’opera che per sua costituzione poteva richiare di essere un polpettone.
Abbiamo assistito alla rappresentazione de “La Gioconda” di Amilcare Ponchielli alla Monnaie di Bruxelles dove resterà fino al 12 febbraio: una versione diretta benissimo, cantata in maniera professionale, calda e partecipata dagli artisti. I personaggi – tutti azzeccati sia nella voce che nella resa fisica – hanno permesso al pubblico di seguire le vicende della sfortunata cantante e del suo amore impossibile, di appassionarsi alla storia e di condividerne aspettative, svolgimento e finale.
Il Maestro Paolo Carignani è preso e coinvolto in prima persona, accompagna l’orchestra per l’intera durata senza cedimenti e rende al massimo la bellezza di certi passaggi. La famosa “Danza delle Ore” non delude: i ballerini sono bravissimi coerentemente all’esecuzione musicale. Un investimento artistico notevole: un doppio cast per tutti e quattro i ruoli principali in una Venezia nella scenografia di Pierre-André Weyts richiamata dall’acqua sul palco che, calpestata e agitata da attori e danzatori, comunica un movimento il cui rumore sembra far parte della musica, costante sottofondo della storia che si dipana.
La lettura machista ridà vita al libretto di Arrigo Boito e ben si sposa con l’ambientazione lagunare, ombrosa e sinistra che si è voluto dare all’insieme. Stefano La Colla è un meraviglioso Enzo Grimaldo, mentre l’insopportabile e odioso Barnaba è reso magnificamente da Franco Vassallo. I diversi duetti, assoli e i momenti del coro sono toccanti ed emozionanti. Una Gioconda da vivere e incontrare in prima persona.
Giovanni Zambito