Presidente dell’ANUPSA dell’epoca era il Generale Renato Lodi che censurò l’iniziativa anche se qualche dubbio sulla regolarità gestionale presentava aspetti meritevoli di accertamenti.
Ricordo ai lettori che la Cassa Ufficiali gestiva due fondi separati e distinti:
– Fondo “Indennità Supplementare” in forte deficit;
– Fondo “Assegno Speciale” che al contrario presentava un attivo di oltre 45 miliardi di vecchie lire anche se, per pagare l’I. S. al personale collocato in quiescenza, si attingeva al fondo del citato Assegno speciale. Una sorte di illegittimo travaso.
Il deficit del fondo “I. S.” era tale che avrebbe compromesso il pagamento della citata indennità ai pensionanti. Tra questi lo stesso Presidente della Cassa ed il nostro attuale Presidente Nazionale.
Il dissesto del fondo “Indennità Supplementare” era conclamato.
Non c’era speranza.
Per evitare il prevedibile ed annunciato dissesto il Presidente della Cassa (trattenuto in servizio) propose l’accorpamento dei due fondi con una relazione di cui mi piace riportare un significativo frammento:
“Mentre la gestione “assegno speciale” – in relazione ad in accrescimento, nel tempo, del patrimonio ed agli investimenti da esso resi possibili – presenta oggi un assetto patrimoniale confortante (45 miliardi di lire nella duplice componente mobiliare ed immobiliare), la consorella (meglio la sorellastra) gestione “indennità supplementare” espone una grave situazione finanziaria che postula misure di risanamento dall’interno”.
Come sempre accade in Italia, anche in questa occasione ci furono due correnti: una favorevole, ed informata dell’accorpamento. L’altra disinformata, certamente contraria. I primi, ufficiali in servizio. In quiescenza, i secondi.
Mi piace sottolineare, con forza che chi scrive, all’epoca dei fatti in era ausiliaria e non aveva ancora riscosso l’Indennità supplementare.
In tale circostanza fui contattato dal Presidente pro tempore dell’UNUCI, Generale Calamani che chiese il mio parere con la seguente espressione linguistica: Ruggieri, disse: ci stanno scippando l’Assegno speciale.
Ad illustrare la discutibile e da me non condivisa ed osteggiata iniziativa, il Presidente pro-tempore della C.U. (anche lui portatore delle mie mostrine) fu invitato, dal Presidente Nazionale, a presenziare al Consiglio Nazionale in Chianciano, dove illustrò il progetto di accorpamento dei due fondi che, come si è successivamente visto, si è manifestato fatale per l’Assegno Speciale.
La mia critica oppositiva finì nel nulla. E per motivi di decenza e per carità di patria non la esprimo.
Correva l’anno 1996 ed in data 13 giugno fu presentato un “disegno di legge” (A.C. 1495) che si tramutò in un decreto legge che accorpò i due fondi.
A chi giovava tanta urgenza da fare ricorso ad un decreto legge?
Lascio ai lettori di intuire le motivazioni.
Fu così sanato il deficit della I. S., con le disponibilità dell’Assegno speciale (45 miliardi di lire) e tutti poterono, senza problemi, riscuotere la più volte citata indennità nel frattempo detassata.
Ma il provvedimento non prevedeva solo l’accorpamento, contemplava anche una promessa di rilevante portata che avrebbe edulcorato il bicchiere di fiele proposto ai percettori dell’Assegno speciale:
“avvicinarlo nel tempo progressivamente ad una forma di previdenza parallela”.
Questa ultima previsione, anche con l’avvento del nuovo Codice dell’Ordinamento Militare, è stata dimenticata, e potete immaginare il perché.
Tutti i presidenti della Cassa Previdenza che si sono succediti nell’incarico hanno ignorato tale previsione meritevole di riforma. Nessuno. Dico nessuno ha formulato una, seppur una modesta riforma: la parziale detassazione, la reversibilità, l’una tantum per gli eredi dei premorti. Come avviene in tutte le altre forme di previdenza. Tutto è rimasto al 1940.
Come avrebbero potuto un Presidente Ammiraglio “Architetto navale”, coadiuvato da un Vice Presidente, proveniente dal disciolto Servizio di Commissariato Ruolo Sussistenza, esperto in razioni viveri, in calorie alimentari e dadi per brodo, o un Tenente Generale dei “Trasporti e Materiali”, o un Generale di Corpo d’Armata proveniente dai Granatieri, eccellenti operativi ma, presumibilmente, scarsamente conoscitori delle complesse discipline previdenziali e fiscali, in continua evoluzione, formulare riforme per prevedere una parziale detassazione e la reversibilità?
Personalmente ipotizzo che i citati presidenti, non esperti in materia previdenziale e fiscale, non abbiamo mai letto il disegno di legge A.C. 1495. Né la relazione che lo accompagnava. Non ne avranno avuto il tempo.
Oggi la situazione patrimoniale non è migliorata.
Mentre l’Assegno speciale è rimato una “carità” e tassato con l’aliquota massima, l’Indennità supplementare ha raggiunto importi oltre misura incompatibili con le risorse e con la disattesa norma che prevede l’adeguamento della stessa alle disponibilità finanziarie.
Verso la fine del mese di giugno, (28.06.2017 ore 14) a causa di ritardi nelle liquidazioni, il Presidente della Cassa è stato invitato a riferire alla Commissione Difesa.
In tale circostanza ha precisato che il bilancio è perfettamente solido, ma all’orizzonte c’è lo spettro del default che va assolutamente evitato.
La Cassa non sopravvive alle “riforme dello strumento militare”. Per scongiurare il pericolo del default paventato sarà necessario aumentare il prelievo in busta paga dal 2% al 3% dell’80% dello stipendio e la soppressione dell’Assegno Speciale.
Invece di rimodulare il calcolo dell’Indennità Supplementare, ormai oltre misura (come prevede la normativa vigente) colpisce i pensionati con la soppressione dell’Assegno Speciale che doveva essere “avvicinato ad una forma di previdenza parallela” e con una disponibilità di ben 45 miliardi.
L’audizione è durata 1h 10m 8s. Per i più esigenti l’audizione potrà essere seguita in streaming film sul sito: http://webt.camera.it.evento/11466.
Spero di aver fatto chiarezza e che le espressioni non abbiano tradito le intenzioni.
Vincenzo Ruggieri