Di Giuseppe Arnò, direttore della Gazzetta Italo – Brasiliana
EDITORIALE MARZO 2025
Mentre a Roma si discute, Cartagine brucia. Un detto antico, ma quanto mai attuale di fronte all’ennesima dimostrazione delle difficoltà europee nel prendere in mano il proprio destino. Gli Stati Uniti stringono accordi strategici con Zelensky, Putin attende di ridefinire gli equilibri con Trump, e l’Europa? Rimane impantanata in valutazioni tardive su un ipotetico invio di forze di pace in Ucraina, quando il conflitto sarà ormai terminato. In questo scenario, tutti avanzano, tranne noi.
La lezione americana è chiara: meno parole, più azione. Mentre Bruxelles si perde in convegni e dibattiti senza fine, Washington consolida un’intesa con Kyiv per l’estrazione congiunta delle terre rare. Secondo il primo ministro ucraino Denys Shmyhal, il progetto è già in fase avanzata, con un fondo d’investimento dedicato e garanzie di sicurezza statunitensi.
Nel frattempo, l’Europa riflette sull’invio di un contingente militare, senza una chiara strategia su come trasformarlo in un vantaggio concreto e sostenibile.
Il confronto economico è altrettanto impietoso. Gli Stati Uniti capitalizzano sulle alleanze, mentre l’Europa rischia di restare il fanalino di coda, con investimenti disorganizzati e privi di una prospettiva di ritorno. Questa non è una teoria cospirazionista, ma una realtà che si sta consolidando sotto i nostri occhi.
E l’Italia? Qui entra in gioco Giorgia Meloni, oggi una delle figure più affidabili nel panorama europeo. Se c’è qualcuno in grado di spingere l’Europa verso un’azione più concreta e pragmatica, è proprio la premier italiana. L’Italia ha l’opportunità di guidare un approccio più efficace nella negoziazione degli impegni per la sicurezza dell’Ucraina, puntando a benefici economici, strategici e d’immagine.
Un altro fattore cruciale riguarda i rapporti con Washington. Con Trump nuovamente alla Casa Bianca dopo la recente vittoria elettorale, il dialogo non si limiterà a dichiarazioni di principio, ma entrerà nel vivo delle trattative economiche e strategiche. Basta osservare quanto delle nuove spese militari europee finisca nelle casse dell’industria bellica americana: un chiaro punto di partenza per una negoziazione più equilibrata.
L’Europa ha bisogno di una leadership pragmatica, capace di cogliere le opportunità invece di restare impantanata in sterili discussioni. Il futuro post-bellico dell’Ucraina si sta delineando ora: se non agiamo con decisione, rischiamo di ritrovarci relegati al ruolo di spettatori, senza peso politico ed economico. E questo, semplicemente, non possiamo permettercelo.