Studi Storici: a cura dell’Ufficio Storico della Polizia di Stato: Commissario Giulio Quintavalli, Ispettore Fabio Ruffini, Assistente capo coordinatore Luca Magrone, e del Socio ANPS Massimo Gay
Articolo tratto dalla rivista trimestrale della Associazione nazionale della Polizia di Stato Fiamme Oro n3/2023 settembre – Dicembre
Il coordinamento tra Polizia e Carabinieri nell’isola nel primissimo dopoguerra
In seguito alla liberazione della Sicilia da parte delle truppe angloamericane inizia lenta la ripresa dell’apparato amministrativo del Regno d’Italia. L’isola, semidistrutta dai bombardamenti, evidenzia nuove e vecchie problematiche, oramai endemiche, che necessitano di attenzioni particolari da parte del Governo ancora in stato di guerra, stavolta contro i vecchi alleati. Scarseggiano i provvedimenti richiesti dalla povera gente, da parte degli alleati prima, ma anche dopo, soprattutto per contingenze economiche; mancano quegli accorgimenti che avrebbero potuto sistemare, almeno in parte, tale stato di miseria e prostrazione. Anche in seguito a ciò, si avrà una recrudescenza della delinquenza comune e la diffusione di bande armate, vista la grande disponibilità delle armi da guerra reperibili ovunque. Omicidi, sequestri di persona, furti e rapine violente sono contrastate dai militi dell’Arma, addetti alle poche stazioni territoriali dei Carabinieri, e dai pochissimi poliziotti, preposti agli ancor meno numerosi commissariati di P.S., strutture da poco riattivate con estrema difficoltà e spesso manchevoli del necessario, perfino delle armi d’ordinanza.
Le giuste rivendicazioni popolari sfociano in manifestazioni di piazza alle quali si contrappone l’Esercito che, in caso di una minima percezione di pericolo, reagisce in maniera scomposta e violenta, come a Palermo nella cosiddetta “strage del pane” dell’ottobre del ’44. Per i più accesi sostenitori dell’indipendenza isolana questo é troppo, la misura é colma; tale da giustificare, da parte di qualche decina di appartenenti al M.I.S. (Movimento per l’indipendenza della Sicilia), nel febbraio del 1945, la nascita di una formazione clandestina paramilitare separatista: I’E.V.I.S., l’Esercito Volontario per l’Indipendenza della Sicilia.
Il 26 ottobre 1945, per contrastare il peggioramento dello stato della sicurezza pubblica nell’isola, il Governo presieduto da Ferruccio Parri istituisce l’ispettorato Generale di P.S. per la Sicilia. Tale apparato, interforze, sorge dalle ceneri di struttura similare nel 1933, l’Ispettorato Interprovinciale di Pubblica Sicurezza per la Sicilia guidato dal Questore Giuseppe Gueli, in gioventù collaboratore di Cesare Mori; Ente poi tramutato nel 1938 in Regio Ispettorato Generale di Pubblica Sicurezza per la Sicilia. In entrambi i casi, le strutture, “che in precedenza qualche buon risultato l’avevano ottenuto”, erano strettamente dipendenti dal Ministero dell’Interno. Secondo il decreto istitutivo il nuovo Ente é strutturato in diversi nuclei mobili sparsi sul territorio, mentre la sede principale é stabilita a Palermo. I nuclei, provvisti di moto, camionette e jeep, assicurano, almeno sulla carta, rapidità d’impiego e sono considerati idonei a contrastare l’EVIS e l’opera delle bande armate; la più conosciuta e violenta è quella di Salvatore Giuliano, ma non meno spietate quelle di Rosario Avila e Salvatore Rizzo, o la Labruzzo-Cassarà. Inizialmente l’organico é stabilito in 1.123 elementi cosi suddivisi: 1 ispettore, 18 funzionari di P.S., 4 ufficiali del Corpo Agenti di P.S., 340 fra sottufficiali e agenti di P.S., 758 tra ufficiali, sottufficiali e militari di truppa dell’Arma dei Carabinieri. Completano l’organico 2 impiegati di Polizia. Ѐ statuito, inoltre, che di questi almeno 270 effettuassero servizio a cavallo (come le quadriglie istituite durante la Prima guerra mondiale). Con il medesimo decreto, il DLL n. 916 del 26 ottobre 1945, si stabiliscono le indennità mensili e giornaliere da attribuire militari, nonché le ingenti spese per gli approvvigionamenti di: armi e munizioni, foraggi, buffetterie, uniformi, tutti i materiali per la logistica e i mezzi di locomozione. Altre spese per gli affitti delle strutture adibite a caserme e uffici, spese per telefoni e quanto necessita come suppellettili e attrezzature.
Da sottolineare l’indicazione, nel corpo del decreto, della creazione di fondi per le “spese confidenziali”. Non ultimo si sancisce che l’Ispettore, vero gestore della contingente emergenza, coordini anche gli organi locali di polizia, stazioni e commissariati. Di nuovo, lo Stato si contrappone a nemici agguerriti che, spesso poco conosciuti, al contrario conoscono molto bene il territorio e possono contare sugli aiuti della popolazione locale e informatori. Tale contrasto feroce lascia sul campo numerosi caduti da ambo le parti; numerose le stragi di Carabinieri, come quella di Contrada Apa dove ne uccidono tre e ne feriscono altri quattro, o quella di altri otto militari stanziati nella stazione di Feudo Nobile, tutti trucidati e gettati in una cavità artificiale. E di poliziotti, come quella di Portella della Paglia, conclusa con un bilancio di cinque morti e tre feriti, oppure quella perpetrata da elementi della banda di Giuliano in via Finazzo a Partinico, dove vengono massacrati dalle esplosioni delle granate e da colpi di mitra il commissario di P.S. Celestino Zappone, Antonio Di Salvo e Nicolò Messina rispettivamente capitano e maresciallo dei Carabinieri. Nella circostanza, rimangono feriti anche quattro innocenti. Lentamente, l’opera degli uomini dell’Ispettorato riesce a dare qualche risultato in termini di sequestri di armi, liberazione di ostaggi e numerosi arresti. All’inizio del 1946, le ultime formazioni dell ‘EVIS sono sciolte. Poco dopo, a maggio del medesimo anno, viene concessa l’autonomia speciale alla Sicilia e sono amnistiati e liberati i componenti del sodalizio eversivo.
Rimane solo l’inafferrabile Giuliano con il suo gruppo e alcuni elementi della banda Labruzzo. È solo dopo l’eccidio di Portella della Ginestra, che l’opera dei fiancheggiatori và via via scemando. Evidentemente l’orrore per gli undici morti e i numerosi feriti, tra gli inermi contadini e sindacalisti che si erano dati appuntamento per festeggiare, oltre al 1° maggio i risultati delle elezioni politiche di quell’anno, che arridono allo schieramento della sinistra, era stato chiarificatore.
La notizia della mattanza fa il giro del mondo per la sua efferatezza, nonostante questo Giuliano non si riesce a catturare, anzi, sferra nuove offensive a dispetto degli sforzi profusi a contrastarlo, che il più delle volte, per la rivalità tra alti funzionari di Polizia e ufficiali dei Carabinieri che si ostacolano a vicenda, non sortiscono risultati definitivi.
Viene concesso altro tempo, ma la sorte dell’Ispettorato e del suo dirigente Ciro Verdiani é segnata, i vertici di Governo ne hanno decretata la fine. Tutto avviene pochi giorni dopo un’altra strage, commessa dagli uomini di “Turiddu” Giuliano a Bellolampo-Passo Rigano, il 19 agosto 1949, nella quale muoiono sette carabinieri e rimangono gravemente feriti altri undici. Il 29 agosto 1949, il Ministro degli Interni Mario Scelba sopprime l’Ispettorato e contemporaneamente crea il C.F.R.B., “Comando Forze Repressione Banditismo” al cui comando pone il pluridecorato Colonnello dell’Arma Ugo Luca; sotto il suo comando anche il giovane capitano Carlo Alberto Dalla Chiesa. A disposizione di Luca ci sono 2.043 uomini, 516 dei quali poliziotti e i restanti carabinieri. Il C.F.R.B. opera fino all’uccisione di Salvatore Giuliano, ancora controversa, avvenuta ufficialmente il 5 luglio del 1950. Lo stesso giorno, anche tale organismo viene sciolto.