Lettera aperta del Generale Domenico Rossi a Tito Boeri ex presidente dell’INPS

21 Aprile 2023
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Articolo tratto dal giornale “Tradizione Militare”. Rivista dell’Associazione Nazionale Ufficiali Provenienti dal Servizio Attivo – N 3 marzo 2023

Riceviamo   e pubblichiamo una lettera aperta inviata dal Generale Domenico Rossi, che in passato ha ricoperto ruoli come presidente COCER Interforze, sottocapo di Stato Maggiore dell’Esercito e sottosegretario della Difesa, indirizzata a Tito Boeri, economista, ex presidente dell’INPS, in relazioni alle sue dichiarazioni in TV sulle spese della Difesa e sulle pensioni dei militari.

Gentile dottor Tito Boeri,

nell’ambito della trasmissione “Che tempo che fa” del 29 gennaio scorso, il presentatore Fabio Fazio le ha chiesto dove si sarebbero potuto reperire le risorse necessarie a raggiungere l’obiettivo, deliberato da tutti i Paesi NATO, di attuare la spesa per la Difesa del 2% del PIL.

In risposta a tale domanda Lei ha evidenziato che circa il 60% del bilancio dell’Esercito (è chiaro che si riferiva a tutte le Forze Armate o meglio alla Difesa nel suo complesso, ma in verità una maggiore precisione quando si fa informazione sarebbe auspicabile) è oggi destinato a soddisfare le esigenze del personale; ha poi aggiunto che si tratta di una percentuale tra le maggiori al mondo e che a Suo parere sarebbe determinata da due fattori. Il primo è costituito da un’entità di ufficiali e marescialli superiore rispetto al totale dei “soldati”, con connessi con costi più rilevanti. Il secondo deriva dalle risorse necessarie per pagare salari e pensioni. Proprio a tal proposito ha affermato che il trattamento di quiescenza dei militari, ancorché le ultime generazioni non hanno combattuto una guerra, determinano pensioni più alte rispetto a quelle di altri comparti e pari a circa il doppio rispetto ai contributi versati. A suo avviso in sostanza i militari godrebbero di privilegi che i comuni mortali non hanno, come quella che Lei ha chiamato la pensione “ausiliaria” e la “pensione privilegiata”. Secondo la Sua chiusa finale, quindi si potrebbero recuperare risorse proprio mettendo mano ai richiamati presunti privilegi.

Ovviamente tutte le opinioni sono rispettabili, ma quando vengono da chi ha ricoperto come Lei la carica di presidente dell’INPS non possono che suscitare grandi perplessità e generare forti rimostranze. Ciò sia perché le situazioni non vengono spiegate è impossibile per un osservatore esterno capire la verità sia perché risultano fuorviante in quanto basate su presupposti errati.

Lei, dottor Boeri, sa infatti benissimo che nel 2005 è stato sospeso il servizio di Leva e che con pari provvedimenti che hanno riguardato le Forze Armate professionali è stata fissata una dotazione organica complessiva – con esclusione dell’Arma dei Carabinieri e del Corpo delle Capitanerie di Porto – progressivamente decrescente da 190,000 a 150.000 unità di personale interamente volontario, da raggiungere nel 2034. Da ciò discende che ci troviamo ancora in un periodo di transizione in cui l’entità del personale e delle singole categorie che lo compongono, e di conseguenza i relativi costi, sono in fase di riequilibrio e variano di anno in anno. Prendere un esercizio finanziario, seppure a titolo esemplificativo, senza curarsi di indicare tale dinamica in evoluzione e fare il riferimento in una tesi come la Sua è pertanto oggettivamente sbagliato se non ingiustificatamente denigratorio. Mi sarei aspettato, stante le Sue competenze, un’informazione che mettesse in rilievo come premessa che è normale che le Forze Armate professionali abbiano, per la componente umana, dei costi maggiori di quelle composte in gran parte da militari di leva  che se contestualmente i bilanci complessivi rimangono immutati o addirittura vengono decurtati la Difesa non può che “tagliare” le spese di investimento e di esercizio, cioè i programmi di ammodernamento e le forniture di beni e servizi. Ovviamente non si può pensare né di lasciare senza stipendio i dipendenti che lo stato ha arruolato né per assurdo di diminuire gli emolumenti, tenuto anche conto che vige un principio costituzionale di equiordinazione dei trattamenti delle Forze Armate e delle Forze di Polizia a ordinamento Militare e civile, che concorrono tutte alla Sicurezza del Paese. In sostanza se le spese per il personale oggi sono pari al 60% del bilancio totale questo non significa che sono troppo elevate ma che verosimilmente vanno aumentate quelle destinate agli altri settori della spesa, tenuto anche conto che l’elemento umano nelle Forze Armate resta l’ingrediente fondamentale.

In sintesi, Lei ha preso inopportunamente (o volutamente?) un dato finanziario non comparabile con quelli di alcuni Paesi che hanno processi di ristrutturazione ormai completati e consolidati anche in termini finanziari.

Premesso tutto ciò, vorrei ora analizzare la Sua affermazione secondo la quale il bilancio della Difesa sarebbe generato da costi elevatissimi a causa di un’entità di ufficiali e marescialli maggiore rispetto a quella dei “soldati”. Innanzitutto domando se Lei per fare questo genere di valutazioni, abbia mai studiato una delle branche principali dell’Arte Militare, ossia l’organica, e se sia in condizione di vagliare le esigenze delle moderne Forze Armate in termini di risorse umane alla luce degli scenari operativi. Ciò premesso, concordo sul fatto che se ufficiali e marescialli, sommati, fossero più numerosi dei “soldati”, lo squilibrio da Lei denunciato sarebbe incontestabile. Purtroppo per Lei però non è così e non riesco onestamente a trovare scusanti per la superficialità della Sua affermazione, tenuto conto che, nel disperato tentativo di giustificarla a posteriori, con un suo tweet ha pubblicato una tabella sulla “situazione del personale militare” che ha commentato sostenendo che ”i dati del ministero della Difesa ci dicono che ci sono 63.500 marescialli e ufficiali contro 26.000 militari di truppa”. Se Lei avesse infatti approfondito composizioni, compiti e funzioni delle varie componenti delle Forze Armate, giammai avrebbe potuto prendere a riferimento per il Suo confronto solo la voce “militari di truppa”, che rappresenta i soli volontari in ferma a tempo determinato. Si è infatti dimenticato di considerare i “graduati”, cioè i volontari in servizio permanente, che sono “soldati” con maggiore professionalità, e che, sommati agli appartenenti al ruolo sergenti, loro naturale sbocco di carriera, stravolgono la Sua idea del raffronto tra la sommatoria degli ufficiali e dei marescialli e la sommatoria del personale dei ruoli di ordine inferiore. In sintesi ufficiali e marescialli ammontano complessivamente a 63.500 unità, mentre sono 100.356 i militari di ordine inferiore. Tali numeri, integrati dagli allievi delle accademie e delle scuole militari, danno un totale di circa 166.500 appartenenti alle Forze Armate in servizio in Italia nel 2022, Arma dei Carabinieri e Corpo delle capitanerie di porto esclusi. Forse una lettura più attenta o una richiesta di spiegazione a chi conosce e sa interpretare tali dati Le avrebbero evitato l’abbaglio che l’ha indotta a un confronto impossibile e privo di significato sotto qualsiasi aspetto, sia funzionale che operativo.

Un ulteriore abbaglio, dottor Boeri, lo ha preso quando ha illustrato le pensioni dei militari. Ha dimenticato, infatti, (oppure non è a conoscenza?) che il sistema pensionistico del personale militare (Guardia di Finanza compresa) è non solo equivalente a quello delle Forze di Polizia a ordinamento civile ma è fondamentalmente lo stesso vigente per tutti gli altri lavoratori dipendenti. Il computo della pensione, cioè, viene effettuato in regime contributivo per chi vantava almeno 18 anni di servizio utile al 31 dicembre 1995, regime misto (retributivo/contributivo) per coloro che a quella data potevano far valere un’anzianità inferiore e regime totalmente contributivo per il personale assunto dopo il 31 dicembre 1995.  Spero soltanto che si renda conto di aver forse ideologicamente sottolineato, nello stigmatizzare per il personale militare il presunto squilibrio tra contribuzioni e prestazioni pensionistiche, un fenomeno che ha riguardato tutti i lavoratori e che ormai appartiene al passato essendo riferito solo a chi è andato in pensione con il sistema retributivo. Al riguardo avrebbe invece dovuto/potuto spezzare una lancia a favore del personale del Comparto della Difesa e Sicurezza, per il quale, benché prevista per legge, non è stata mai attivata la previdenza complementare. Ma non è finita qui. Parlando specificamente dei presunti privilegi dei militari, Lei ha indicato la “pensione ausiliaria” e la “pensione privilegiata”. Un ennesimo abbaglio (non Le sembrano troppi dott. Boeri?), visto che incredibilmente Lei ignora che non esiste la “pensione ausiliaria”. L’ausiliaria è infatti una posizione di stato del congedo e non una pensione aggiuntiva. Dovrebbe infatti sapere che, alla luce dei requisiti di operatività richiesti, il personale militare, come quello delle Forze di Polizia e ordinamento civile, è costretto a lasciare il servizio per raggiunti limiti di età mediamente un quinquennio prima rispetto agli altri pubblici dipendenti, con una forte penalizzazione in termini previdenziali.

A fronte di tale situazione sono stati previsti degli istituti parzialmente compensativi come, per i militari, l’ausiliaria, che è una posizione, in cui possono confluire per un massimo di cinque anni solo se cessati dal servizio per limiti di età e ancora idonei al servizio, e fermi restando determinati divieti d’impiego e la totale disponibilità al richiamo per le esigenze della Difesa o altra pubblica amministrazione. A fronte di tale dichiarata disponibilità e dei richiamati vincoli, gli interessati percepiscono, in aggiunta alla pensione provvisoria maturata, un’indennità commisurata al 50%della differenza tra la pensione stessa e il trattamento economico corrisposto al parigrado in servizio. L’intero trattamento di ausiliaria (pensione provvisoria più indennità) è sottoposto a contribuzione previdenziale e conseguentemente da luogo, al termine dell’ausiliaria, quando la pensione viene trasferita all’INPS, a una definitiva riliquidazione della pensione stessa.

Sono peraltro sicuro che ha parlato di privilegio perché qualcuno Le ha detto che al personale della Difesa e Sicurezza può essere attribuita la cosiddetta “pensione privilegiata”. Per onestà intellettuale avrebbe dovuto spiegare ai telespettatori che la pensione privilegiata, che non ha niente a che vedere con un privilegio a parte il nome, ha lo scopo di risarcire le infermità o lesioni riportate per atti di servizio e riconosciute ascrivibili a una delle categorie di cui alla tabella “A” annessa al D.P.R. n 834 del 1981, secondo le procedure previste dal D.P.R. n 461 del 2001. Così come non ha precisato che hanno diritto a tale trattamento pensionistico non solo le Forze Armate (esercito, Marina, Aeronautica) ma anche le Forze di Polizia a ordinamento civile (Polizia di Stato e Polizia Penitenziaria) e militare (Arma dei Carabinieri e Guardia di Finanza) nonché il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco.

A latere di tutta questa disamina tecnica, infatti, mi sarebbe piaciuto che Lei avesse messo in risalto le funzioni svolte dalle Forze Armate a difesa della sicurezza della collettività e quindi anche della Sua. Con estremi sacrifici familiari e personali, indipendentemente dalla dichiarazione dello Stato di Guerra. Mi unisco per questo alla voce di un collega dei Carabinieri che in un suo post Le ha chiesto: “Sei mai stato ad accogliere i genitori di un caduto senza sapere che dire? Hai sentito mica schiena o ginocchia o collo irrigiditi perché non avevi tempo e modo per evitare freddo, neve, acqua che proprio non ti interessava provare perché del trekking estremo proprio non sapevi che fartene?  Hai mai trascorso una notte ogni cinque in bianco, fra caffè, freddo e radio che gracchia? Hai mai passato ore con la vescica piena e il pensiero del mutuo da pagare e un delinquente da aspettare, seguire, arrestare? Hai mai dormito e vegliato in una buca puzzolente e putrida col cecchino talebano da sorprendere e da cui non farti sorprendere?”

Gentile dottor Boeri, per tutto questo credo che Lei debba chiedere scusa alle donne e agli uomini in divisa e dovrebbe accettare di confrontarsi in un pubblico dibattito sulla materia in una delle maggiori reti televisive, come ha fatto Lei senza alcuna opposizione, in modo che gli italiani possono conoscere la verità. Capisco che si dovrebbe preparare bene, come non ha fatto prima, soprattutto per conoscere in fretta un mondo del quale ha parlato con troppa leggerezza. Comunque sono disponibilissimo ad accettare che Lei sia adeguatamente preparato.                                                                                                                                                                                                             

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