Di Enrico Cavalli
È stato presentato lo scorso 22 ottobre alla cornice dell’”auditorium “ del Parco del Castello Cinquecentesco, il libro “Processo per i 9 Martiri” (Portofranco, 2022) di Walter Cavalieri(*).
L’opera, poggia su una documentazione sin qui inedita, da pochissimo tempo,”desecretata”, inerente il procedimento che si svolse al Tribunale dell’Aquila dal 1944 all’ottobre’52, per accertare tutte le responsabilità sulla sorte dei nove giovani aquilani che trovati in armi a Collebrincioni, vennero trucidati in base alle “regole di guerra”, degli occupanti germanici alle “Casermette” il 23 settembre 1943.
Questo eccidio, si inserisce in un contesto Aquilano, che durissimi prezzi, pagò alla seconda guerra mondiale, i bombardamenti Alleati alla Stazione ferroviaria e Zecca statale dell’8 dicembre1943 e quelli a Rocca Di Mezzo e Di Cambio, San Gregorio, San Demetrio Ne’Vestini da marzo a maggio 1944; le fucilazioni da parte dei germanici in ritirata, di due civili a Campotosto il 2 giugno’44, per ritorsione del ferimento di un loro camerata, di 16 civili a Filetto in rappresaglia all’uccisione compiuta dalla banda ”G. Di Vincenzo” di uno jaegergrenadierien, di contro alle consegne prefettizie e del CLN., di lasciar fuggire la Wermacht il 7 giugno’44, di 2 civili a Tornimparte il 9 giugno’44 e di 17 civili ad Onna per la difesa della popolazione locale dalle razzie degli invasori germanici l’11 giugno’44.
Cavalieri, aveva trattato il tema, forse, il più discusso della storia aquilana contemporanea (il primo ad inquadrarlo, storicamente, fu Corrado Colacito nel 1955, il secondo Umberto Dante nel 1990), in alcuni suoi lavori di valore (“L’Aquila dall’Armistizio alla Repubblica”) ed anche per la consulenza storiografica al cortometraggio “Con Venti Anni nel Cuore” (Vrg45, 2004).
Siamo davanti, stando al prefatore del “Processo ai 9 Martiri Aquilani”, Riccardo Lolli, ad uno studio condotto su due versanti, il documentale (alla base di ogni storiografia) e la medesima memoria dei testimoni, a vario titolo coinvolti e che in taluni casi, avendo palesato una duplice versione dei fatti, nel senso che alle deposizioni istruttorie succedettero le smentite totali o parziali, ebbene, portano ad un sentiero “scivoloso”; infatti, la vicenda, ha determinato una lacerazione nel tessuto civico per molto tempo, in ragione del climaterio di ricerca di fenomeni di “delazione” finalizzati all’arresto da parte dei soldati della “Wermacht”. dei “martiri” Pio Bartolini, Francesco Colaiuda, Fernando Della Torre, Berardino Di Mario, Bruno D’Inzillo, Carmine Mancini, Sante Marchetti, Giorgio Scimia. e, che, comunque, per quel fatto d‘arme tra i primissimi della Resistenza nazionale, rammenta Cavalieri, sono entrati nel “ruolino” della formazione partigiana “Giovanni Di Vincenzo”.
Come che siano, i possibili contorni, da un lato, dei “collaborazionismi” ed altrettanto dei germogli di resistenzialità aquilana all’occupazione germanica post armistizio dell’8 settembre 1943 (qui, da approfondire il ruolo del Tenente Colonnello Gaetano D’Inzillo, padre di Bruno), dall’altro, dei “depistaggi”, in un ambito locale attraversato dalla controversa “epurazione” dal fascismo e che toccò anche personaggi insospettabili e poi scagionati, bisogna fare i conti con le norme deontologiche e di rispetto della “privacy” e che oggi si impongono a chiunque voglia “far storia”, sebbene, Cavalieri, inviti, chiunque intenda approcciarsi alle “carte del processo” , ad evitare gli eccessi delle “celebrazioni encomiastiche e giudizi riduzionisti”, circa la valutazione dell’episodio.
La ricostruzione storica è imperniata sulle voci di quanti vissero quell’eccidio, tipo l’arcivescovo Carlo Confalonieri, il prefetto Rodolfo Biancorosso, il console della Milizia Silvio Masciocchi, gli stessi cittadini e compagni dei “Nove Martiri”; ma, poggia, massimamente, sul cosiddetto “memoriale Mancini”, ossia, l’annotazione di quegli eventi fino alla chiusura degli atti tribunalizi da parte della “madre di Carmine” e che ha condotto una vera e propria indagine in parallelo alla giudiziaria, ovviamente, mai da quella debordando, però, chiedentesi i motivi della cattura di “soli nove giovani” rispetto ad una trentina di loro coetanei aquilani datisi alla “macchia” al fine di raggiungere le “bande di patrioti” formantesi al teramano Bosco Martese e/o sfuggire al bando di arruolamento nella RSI., o alla operazione “Fritz Todt”; pertanto, per dirla alla maniera dell’Autore, l’”economia” del Libro risente di inconfessabili e comprensibili “paletti”, in ottica di un orizzonte di “verità”, sempre difficile da cogliere ad ottantanni quasi di distanza
A far compagnia all’Autore, anche il Presidente dell’Assemblea dei Soci della “Fondazione Carispaq” Fabrizio Marinelli, il Vicesindaco dell’Aquila Raffaele Daniele, la docente di Storia Contemporanea presso l’Università di Chieti-Pescara Maria Teresa Giusti, la Direttrice dell’Archivio di Stato dell’Aquila Marta Vittorini, e, che, inframmezzati dalla lettura di passi scelti e coinvolgenti, dal libro, da parte dell’attrice aquilana Tiziana Gioia, hanno dato vita ad un dibattito, vivace, forse, forzatamente, piegato alla attualità politica nazionale, ma, a cui non si è sottratto il folto pubblico.
La chiosa del presidente della Carispaq, Domenico Taglieri, che ha sostenuto l’intrapresa di Cavalieri, pare, condivisibile, perché dinanzi alle “tensioni geopolitiche” in atto, è doveroso far conoscere la storia “tout court” alle giovani generazioni e per educarle alla cultura del dialogo e rispetto reciproco senza pregiudiziali che nuocciono, maggiormente, alla “verità”.
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