A cosa mira la Russia in Ucraina e perché la guerriglia urbana non è fattibile. L’analisi di Andrea Margelletti, presidente del Cesi

26 Febbraio 2022
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tratto da Start Magazine, articolo della redazione

“Una cosa è  certa: Kiev non sarà la Stalingrado del 2022”. Andrea Margelletti, presidente del Ce.SI, Centro Studi Internazionali, fa il punto con l’AGI sull’assedio russo alla capitale ucraina.

LO SQUILIBRIO DI FORZE A KIEV

“Le forze speciali russe – premette Margelletti – sono già da moltissimo tempo in Ucraina mentre l’esercito regolare avanza più o meno lentamente: ma non c’è nessuna contraddizione tra le due cose. E lo squilibrio di forze in campo resta impietoso, una delle due parti è una superpotenza militare, l’altra è destinata a soccombere. Non proprio credo che la leadership ucraina intende sacrificare in una sorta di crepuscolo delle migliaia di civili”.

LE ARMI SENZA ADDESTRAMENTO NON SERVONO

“L’appello alle armi? Il richiamo all’unità nazionale, all’amor patrio, ad una certa retorica, è inevitabile, e anche giusto”, continua Margelletti. “Ma mettere un fucile in braccio ad un ragazzo di 15 anni o a una donna di 75 non fa né dell’uno né dell’altra un soldato. Le armi senza addestramento non servono a niente. E se la guerra ad una città comporta elevatissime per chi attacca e propone paradossalmente meno difficoltà a chi difende, significa anche la distruzione di generazioni di cittadini.

IMPROBABILE LA GUERRIGLIA URBANA

“Non è ipotizzabile nessuno scenario di resistenza o di guerriglia urbana. La guerriglia la fa chi sa farla, non è nel Dna europeo dei nostri anni”.

COSA VUOLE LA RUSSIA DALL’UCRAINA E DA KIEV

“Io lo vado dicendo da settimane, il primo obiettivo dei russi è Kiev, intesa come leadership”, continua il presidente del Ce.SI. “La presa della città ha un valore simbolico, naturalmente, ma soprattutto politico-simbolico. Devono cambiare le cose a Kiev, o sostituendo il governo attuale o ‘convincendo’ l’attuale leadership a cambiare idea: e gli strumenti di persuasione a Putin davvero non mancano. Tra l’altro questa seconda eventualità risulterebbe vincente, perché parliamo di un governo legittimamente eletto e si disinnescherebbe l’accusa del ‘governo fantoccio’. Il mio è un auspicio, più che una valutazione: se il rischio è la distruzione di Kiev, meglio che sia dichiarata ‘città aperta’ come Roma, con il governo attuale che scappa da un’altra parte”.

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