di Giuseppe Arnò *
Editoriale dicembre 2021
Becchi e bastonati. Metaforicamente è proprio così che ci dovremmo sentire noialtri italiani nel percorrere con la memoria quest’ultimo ventennio, il più degenerato dalle virtù dei nostri padri da settant’anni in qua. ´Becchi` perché pluritraditi. Siamo stati traditi dai politici cui abbiamo affidato il compito di tutelare i nostri interessi; dall’Europa per averci trasformati in individui senza patria quasi fossimo meteci (stranieri in casa nostra) o addirittura, come direbbe Manzoni, in un volgo disperso che nome non ha; e infine dalla Chiesa i cui pastori non credono più al Vangelo, ma alla lotta di classe.
Diamine, più becchi di così non potremmo essere: traditi da tutte le parti; da Stato e Chiesa! Ci resta dunque la famiglia? Beh, purtroppo neanch’essa può fregiarsi del simbolo dell’Arma Benemerita. Il concetto di famiglia, infatti, così come l’abbiamo conosciuto e vissuto fino a poco tempo fa, è andato a farsi strabenedire, tant’è che l’esperto di problemi familiari Meyer Elkin avverte: «Stiamo allevando una generazione di ragazzi provenienti da famiglie divise, stiamo creando una bomba a orologeria sociale».
Ohibò, che dire… siamo messi proprio bene!
Ora, che dette considerazioni non siano azzardate congetture, ma lo svelamento della pura realtà, lo dimostra il semplice fatto che il volgo, vieppiù frastornato, da tempo non si reca né a votare e né in chiesa. Nel primo caso si tratta di evidente disaffezione politica, mentre nel secondo caso l’astensione non riguarda solo la non partecipazione alle cerimonie e ai riti religiosi, ma bensì il sentimento di appartenenza alla civiltà cristiana. E questo nuovo atteggiamento si riflette direttamente sulla cultura, sul concetto di famiglia, sulle tendenze via via sempre più qualunquistiche, sul senso civico della popolazione nonché sulle legiferazioni dei Paesi dell’Unione. Per soprammercato la linea di guardia della cristianità è stata superata con più della metà della popolazione europea che si professa ‘atea’: l’Occidente in generale e tutto il Vecchio Continente stanno assistendo, ahinoi, al rapido dileguo delle nostre radici!
Poi dopo, per quanto attiene all’attributo ‘bastonato’, il bastonamento riguarda le politiche di matematizzazione e di disumanizzazione dell’individuo, ormai considerato soltanto come mero soggetto del consumo, pur se la colpa di tutto ciò debba essere imputata all’attuale sistema di governo democratico e conseguentemente a noi che nelle scelte dei nostri mandatari erriamo senza sosta e malamente: in democrazia il popolo è bastonato su mandato del popolo… e non a caso, il popolo siamo noi!
A questo punto va da sé che sarebbe ora di dire le cose per come stanno: il popolo si dichiara vittima dei cattivi governi, ma la realtà è che esso è loro complice e ne condivide gli utili. Qualche cittadino esasperato però si domanda: non sarebbe forse il caso di ribellarsi a questa forma di ‘dittatura’ del popolo, dal momento che è esso stesso che persiste nel darsi la zappa sui propri piedi? E poi appresso: perché non ricorrere all’istituto della democrazia diretta, quella che prevede la revoca (recall) degli eletti ‘fedifraghi’ per così venir fuori dal circolo vizioso e perverso dell’attuale funesta malapolitica? Beh, è vero, le soluzioni ci sarebbero eccome, ma per cambiare, parliamoci chiaro, ci vogliono gli «attributi» e quelli sono merce rara… valli a trovare!
Per converso il pio popolo sa solo bofonchiare. Esso è più bue che sovrano: ormai è addomesticato a dovere e non siamo solo noi a pensarlo. Infatti, nella prefazione a un suo libro, lo scrittore e dissidente russo Eduard Limonov scrive: «L’uomo ha rinunciato alla libertà per diventare un animale domestico ‘coccolato’ dallo Stato». In altre parole l’umanità civilizzata si è affrancata dai regimi duri, scegliendo decisamente i regimi morbidi. Siamo onesti! Non è forse così che noi viviamo?
Secolarismo e scristianizzazione
Per certo, Konrad Adenauer, Alcide de Gasperi e Robert Schumann, i padri dell’Europa, non avranno pace nell’aldilà. Loro non avrebbero mai e poi mai immaginato che saremmo arrivati a questo punto, almeno per quanto riguarda la pervadente disaffezione dalla «cosa pubblica» e da tutti quelli che l’amministrano, nonché la perdita dell’identità cristiana, valore fondante e orizzonte valoriale di riferimento del Vecchio Continente. Ma d’altronde le richieste di riconoscere le radici cristiane e della civiltà greco-romana nel contesto della nascente Costituzione europea, all’uopo formulate da San Giovanni Paolo II e da Joseph Ratzinger, non vennero accolte e così fu che nacque la sorgente del male. Un male che si è ‘metastatizzato’ progressivamente nel tempo attraverso le decisioni delle istituzioni dell’Unione, le sentenze neo secolariste delle Corti comunitarie improntate a una palese scristianizzazione e le direttive dell’Unione, che non sono state né poco né punto da meno.
Ed eccoci da quindi innanzi sommersi nel caos! Si sono persi volontariamente i diritti di natura dell’uomo, quelli che gli sono propri in quanto specie biologica, cioè a dire la libertà fisica e la libertà di pensiero. Ormai è così che noi viviamo: discriminati dai vari green pass e Super Green Pass; obnubilati tra livellamento individuale e superficializzazione generale degli stili di vita; stretti nella morsa della crisi economica; e oppressi dall’incubo della quinta ondata di Covid. Ma c’è dell’altro: un problema esistenziale! Ciò che più di tutto oggigiorno ci impensierisce è che l’Europa senza il cristianesimo possa finire di esistere. La celebre massima «Dio è morto» (Nietzsche – Zarathustra e La gaia scienza) ha un preciso significato simbolico: l’uomo e i valori dell’Occidente stanno morendo.
Invero il consesso dei popoli europei non sopravvivrà se persisterà nel negligere la propria eredità cristiana: è la fede cristiana (quella che ha fatto emergere alla coscienza ciò che è innato nell’uomo in quanto tale) che ha creato la cultura occidentale (la nostra cultura) ed essa a sua volta ha creato la civiltà (la nostra civiltà); se neghiamo il cristianesimo, muore la cultura, muore la civiltà e muore infine quell’idea di Europa federata tanto cara a Luigi Einaudi.
Ebbene, all’Europa di oggi manca il trait d’union, un riferimento cardine della propria identità per affrontare i molteplici problemi causati da un contesto internazionale più che mai liquido ed enigmatico. Certo che se l’Europa riscoprisse le radici cristiane e la centralità della persona umana, a supporto di una riformulazione strategica delle proprie linee guida e contro la distopia di un mondo robotizzato, potrebbe ritrovare la ‘diritta via’.
Ma stranamente non sembra che le nostre gravi inquietudini sfiorino in alcun modo coloro che reggono le sorti della storia europea, piuttosto affaccendati a risolvere le crisi moderne con fantastici trattati e alleanze trasversali, e men che meno il capo della cristianità, Papa Francesco. Egli, venuto «dall’altra parte del mondo», al contrario dei due predecessori, vede un cristianesimo mondiale in continuo crescendo e non s’avvede della scristianizzazione europea. A questo punto è però lecito chiedersi: se il cristianesimo può vivere senza l’Europa, potrà quest’ultima vivere senza il cristianesimo? Ecco un dubbio severo da risolvere!
La tirannide positivista
Nel dubbio intanto la civiltà cristiana si accomiata inesorabilmente dall’Europa e quest’ultima nulla fa per trattenerla, stregata dalla nequizia del globalismo, dall’utopismo scientista e tecno-finanziario, prodromi, secondo le previsioni di rispettabili sociologi, dell’avvento di una rapace oligarchia finanziaria multinazionale pronta a sovvertire l’ordine democratico attraverso un programmato controllo sociale, inteso come «costrizione intenzionale alla conformità». Il mondo sarà governato non dai «re filosofi» ma dai «tiranni positivisti» osserva acutamente a tal proposito Ernest Renan, orientalista e storico del cristianesimo.
Questa è la triste e avvilente realtà! Difatti, nel discorso pubblico l’Europa appalesa una preoccupante rotta spirituale: si dimentica volutamente della propria identità cristiana e agisce come se volesse obliterarla, quasi fosse una macchia sulla fedina penale, da nascondere. Ma che diamine, la dignità metafisica di ogni essere umano, l’integrazione e la coesione tra i popoli, l’auto-realizzazione dell’individuo, la giustizia sociale, il senso di solidalità, di fratellanza e tutti gli altri valori che l’Europa spiattella indarno e presume di rappresentare, non traggono forse origine dal Cristianesimo e dal retaggio di tradizioni della cultura greco-romana? E perché dunque non essere orgogliosi della nostra storia nell’affrontare una nuova forma di cooperazione multidimensionale in questo mondo altro, al plurale, disomogeneo e, aggiungeremmo, degenerato?
Purtroppo, la classe dirigente europea, dopo aver dato prova delle proprie capacità dal periodo che va dal secondo dopoguerra al boom economico, si è fortemente svilita nel tempo perdendo l’orizzonte valoriale di riferimento fino a ridursi nel termine in cui si trova: disastrata. Recuperare con orgoglio gli ideali e i valori perduti, che hanno contrassegnato la storia del Vecchio Continente, potrebbe essere la soluzione per promuovere lo stesso a protagonista del futuro.
Riscoprire i nostri valori per la sopravvivenza
La morale della favola dunque è che se vogliamo andare avanti, sempre sperando che non sia troppo tardi, dobbiamo guardare indietro per riscoprire e difendere le nostre tradizioni. E si badi bene che se l’Europa non riempirà il vuoto pauroso dei valori, causato dall’élite progressista, altri lo farà a suo modo. Allora sì che non ci sarà salvezza e vedremo i sorci verdi. Dalla democrazia alla distopia… il passo è breve!
*Direttore La Gazzetta italo-brasiliana (http://rivistalagazzettaonline.info)