di Umberto Dante
Tutti gli esseri umani nascono liberi ed uguali in dignità e diritti.
Riconoscere questo principio “costituisce il fondamento della libertà, della giustizia e della pace nel mondo”
Dichiarazione universale dei diritti umani
Kabul e i talebani ci offrono di certo un cumulo allucinante di orrori ma anche l’occasione si fare chiarezza in casa nostra.
Una serie di secolari anti-italianismi, di fobie rispetto all’uso della forza e del potere hanno trasformato qualsiasi problema in fatto politico, quindi discutibile, quindi opinabile.
Adesso, dinanzi ai fatti di Kabul sentiamo in molti fare la distinzione tra vicende di “casa nostra” e vicende di “case altrui”.
E si risentono discorsi strani, dal sapore antico, sul fatto che la democrazia non la si esporta.
E siamo a ridosso delle esibizioni dell’antimilitarismo mescolate con il recupero dei remoti fatti del G.8 di Genova e della pressione diffusa contro le forze dell’ordine per vere o presunte brutalità avvenute in contesti di detenzione.
Si incomincia persino a riparlare di relatività del reato (il reato prodotto dalla tipologia delle leggi).
Il quadro si completa con le spaccature laceranti e permanenti sui limiti della legittima difesa.
Credo sia inevitabile prendere il toro per le corna e chiudere la questione della relatività delle leggi.
Le leggi italiane non nascono dal nulla, ma vengono costruite avendo un presupposto etico: il modo di vedere le cose del buon padre di famiglia.
Un’ottica valoriale che tende a schierare le forze dell’ordine secondo un’ottica di buonsenso conservatore da cui per forza di cose devono partire i comportamenti dei nostri uomini in divisa.
Se si fa riferimento ai cardini del nostro sistema di giustizia, diviene tutto più chiaro ed immediato.
Anche a costo di ridiscutere il diritto internazionale, magari sviluppando certi principi fissati dalla gestione del secondo dopoguerra con i processi di Norimberga, i quali hanno per sempre proposto la legittimità della persecuzione di delitti contro l’umanità (e sarebbe possibile risalire ancora più indietro analizzando il comportamento internazionale in occasione degli assedi della rivolta dei boxer contro le ambasciate occidentali a Pechino).
L’umanità nel suo complesso rivendica il diritto di punire i crimini più anti-umani.
Lo stesso diritto che esercitano i singoli stati contro i crimini che avvengono nelle società da loro amministrate.
Se questo oggi non accade è per dei limiti illegittimi che la “ragione di stato” comprime e distoglie le volontà delle popolazioni.
In particolare, di popolazioni che vogliono difendersi dai criminali organizzati, da quelli liberi e potenti organizzati dal fondamentalismo islamico.