di Roberto De Giorgi
Del resto neanche Maurizio de Giovanni – autore del libro da cui nasce il commissario Ricciardi – è Camilleri e non solo per una manciata di mezzo secolo di differenza, piuttosto per quello straordinario intrigo di passione, misto a calura e mafia, della Sicilia pennellata di fascino e mistero nel giallo che il compianto Andrea Camilleri riuscirà a fondere nel commissario Montalbano; con quel Luca Zingaretti che fu pure suo allievo nell’Accademia Nazionale di Arte Drammatica.
Facciamo il raffronto, non per rendere più basso il profilo dell’autore napoletano Maurizio de Giovanni, peraltro già presente da tempo in Rai con il suo “I bastardi di Pizzofalcone” giunto alla 3 edizione, ma anche con “Mina Settembre”, il nuovo sceneggiato domenicale con Serena Rossi, piuttosto per rimarcare, nello sceneggiato del commissario Ricciardi, alcune assonanze di ruolo con i vari personaggi di Camilleri.
Intanto i colloqui presso l’ufficio del commissario, che appaiono come confessioni a tutto video, col solerte attendente, più impacciato e anziano di Giuseppe Fazio, che verbalizza, c’è anche il collaboratore sui generis, meno vistoso di Agatino Catarella; il dottore addetto alle autopsie più giovane del Dottor Pasquano, ma ugualmente goloso, e stavolta di sfogliatelle e non di cannoli siciliani come il suo collega siciliano. C’è anche il superiore piantagrane che nel romanzo di Camilleri è il questore Bonetti sempre attento a non finire in pasto ai media, mentre nel romanzo di de Giovanni è un vice questore tutto solerte verso il regime fascista (il Ricciardi si muove negli anni ’30).
Un’annotazione sulla location, stavolta è Napoli, ma molte scene di vita popolare si svolgono nei vicoli della città vecchia di Taranto, ma non si nomina, come nelle storie di Camilleri dove Vigata non esiste e nella realtà è Porto Empedocle.
Mutatis mutandis siamo nell’alveo di una narrazione che tende a somigliarsi. Il tentativo è quello di superare Montalbano nel terzo millennio? Forse, anche perché se andiamo a cercare in rete, troviamo vari titoli dello scrittore napoletano che riguardano il commissario Ricciardi: Il senso del dolore (andato in scena ieri), Per mano mia, La condanna del sangue, Serenata senza nome, Il posto di ognuno, In fondo al tuo cuore, Il giorno dei morti, Il purgatorio dell’angelo, ecc.
Diverso è il contesto narrativo e anche il carattere del personaggio, Ricciardi è più compassato di Montalbano, siamo in una rappresentazione filmica che tende al grigio azzurrognolo, capelli lisciati con la brillantina, donne velate di tristezza, rapporti tra i due sessi gelati dalla tutela delle apparenze. Poi c’è un intuito più esaltato in Ricciardi piuttosto che nel Montalbano di Camilleri, che però fatica di più per arrivare alla conclusione e questo forse è davvero l’elemento narrativo che fa vincere il commissario di Vigata.
Ma cosa vogliamo farci, il mondo va così…però una chicca scopriamo in casa Zingaretti: la moglie, l’attrice Luisa Ranieri sarà “Il Commissario Lolita” che vedremo prossimamente, ed è già detta il Montalbano in gonnella. E allora se di eredità dobbiamo parlare, la Ranieri è il ramo principale della dinastia, c’è l’ha proprio nell’alcova.