22 luglio 2020
L’AQUILA – E’ stato presentato a L’Aquila sabato scorso 18 luglio, presso l’Auditorium “Claudio Irti” dell’ANCE, il nuovo libro di Goffredo Palmerini “Italia ante Covid” (One Group Edizioni). Presente l’autore, relatori sono stati Mons. Orlando Antonini, Nunzio apostolico e studioso insigne di architettura religiosa e urbana, Lina Palmerini, giornalista parlamentare e caposervizio del quotidiano economico Sole 24 Ore, Francesca Pompa, presidente One Group Edizioni e Giustino Parisse, giornalista e scrittore. Ha portato il saluto della Municipalità aquilana, delegato dal sindaco Pierluigi Biondi, il consigliere Giancarlo Della Pelle. L’incontro, condotto nel rigoroso rispetto delle disposizioni di sicurezza contro la pandemia, è stato ripreso e trasmesso in diretta televisiva da Manuweb Tv, seguito da 1.168 persone in collegamento diretto e da diverse migliaia nella registrazione passata sui social network.
Qui di seguito l’intervento svolto da Mons. Orlando Antonini, già Nunzio apostolico dal 1999 in Zambia e Malawi, poi dal 2005 in Paraguay e dal 2009 in Serbia. In precedenza aveva ricoperto l’incarico dapprima come Segretario poi come Consigliere nelle Nunziature in Bangladesh (1980 – 1981), in Madagascar (1981 – 1984), in Siria (1984 – 1987), in Cile (1987 – 1990), in Olanda (1990 – 1993), in Francia (1993 – 1995). Nel 1995 e fino al 1999 rientrava a Roma, presso la Segreteria di Stato, dove veniva incaricato di seguire gli affari dei paesi del Centro America, tra cui Cuba. Proprio riguardo al paese caraibico operò nella preparazione dello storico viaggio a Cuba di Giovanni Paolo II, nel 1998, al quale partecipò a seguito del Papa, così potendo incontrare Fidel Castro. L’anno dopo il Papa, elevandolo alla dignità di Arcivescovo, lo nominò Nunzio apostolico in Zambia e Malawi. Dal 2015, completato il servizio diplomatico, è rientrato in Italia ed ha ripreso residenza a Villa Sant’Angelo (L’Aquila), suo paese natale.
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ITALIA ANTE COVID
L’Aquila, 18 Luglio 2020, intervento alla presentazione del volume
Mons. Orlando Antonini
L’AQUILA – Contando di incontrarci in Piazza Duomo, questo mio intervento iniziava con un’avvertenza di papa Francesco e parole del card. Zuppi. Papa Francesco avvertiva di «non vivere nelle torri, ma incontrarsi nelle piazze», cioè ritrovarsi come comunità: quello appunto che noi stasera dovevamo fare in Piazza del Mercato. La One Group ci invitava infatti in quella storica sala all’aperto alla presentazione di Italia ante Covid, nuovo volume, il nono, del nostro grande Goffredo Palmerini, apprezzato giornalista, scrittore e soprattutto amico, amico da lungo tempo, dalla nostra gioventù.
Quanto al card. Zuppi, commentando le predette parole di papa Francesco egli diceva: «L’isolamento, le ‘torri’ in cui abbiamo dovuto rinchiuderci per forza, è stato utile: ci ha protetto dalla pandemia, ma ora dobbiamo riprendere a incontrarci». Incontrarci ancora, beninteso, nel rispetto delle misure sanitarie, avendo comportamenti responsabili, prendendo impegno a cambiare stili di vita «e facendo tesoro di quello che abbiamo vissuto». E per ciò che concerne il nostro specifico caso, senza che questo disgraziato virus paralizzi del tutto la ricostruzione post-sismica.
Ecco, la ricostruzione. Nel libro che stasera si presenta, assieme al racconto del mio 50° di Sacerdozio – questo potrà servire alla mia ‘canonizzazione’… – Goffredo Palmerini ha riportato, con la sua prosa agile e ricca di informazioni e riferimenti culturali e storici ampi ed appropriati, tre miei contributi riferiti alla ricostruzione migliorativa della città. In questa materia ho sempre trovato in Goffredo, fervido appassionato amatore dell’Aquila e cultore della Bellezza, pronta e piena disponibilità a recepire la formula di ricostruzione ‘dov’era ma meglio di com’era’, diffondendo ‘urbi et orbi’ ogni intervento, mio o di altri, che andasse in questa direzione.
Magari gli effetti di questa campagna per una ricostruzione dell’Aquila all’insegna della bellezza sono parziali, molto parziali, perché ha imperato il ‘dov’era e com’era’, e per la città novecentesca si è purtroppo trattato spesso di un ‘dov’era più brutta di com’era’. Che la bellezza, assieme alla sicurezza, avesse dovuto essere posta a tema delle politiche pubbliche ed a principio direttivo del recupero del centro storico tanto nel suo patrimonio monumentale religioso e civile, quanto nella sua edilizia connettiva e difensiva, curando bene la ridefinizione sia della sagoma urbana complessiva che l’intera Cinta Muraria e le quinte di strade e piazze, aveva la sua motivazione utilitaristica oltre che culturale.
Una città cioè più bella, ordinata, sana, con alta qualità di vita per i suoi cittadini e la sua arte e cultura, si fa più attrattiva e, come sottolineava la Communication and Social Responsibility, contribuisce alla crescita anche economica delle comunità, creando lavoro, generando occupazione e sviluppo in modo diretto e indiretto. Si tratta di un vero investimento, la conditio sine qua non, anzi – scrivevo nel 2012 – della ripresa della città. Di grazia, non si comprometta, per avidità di profitti immediati e con visioni di futuro anche inconsapevolmente miopi, la qualità della vita e le opportunità di lavoro in loco delle prossime generazioni, dei nostri stessi figli e nipoti.
Per fortuna la città storica intra moenia sta effettivamente risorgendo più bella, e appunto l’idea programmatica di poggiare il futuro occupazionale ed economico dell’Aquila sull’industria turistica, assieme al polo universitario, elettronico, la ricerca, l’alta tecnologia, idea che lanciavo all’indomani stesso del terremoto, pare si stia facendo strada. Prima non se parlava neppure. Noto infatti, sia nella città che nel suo territorio e nelle aree dell’Abruzzo interno, un qualche fermentare di idee e di iniziative, sia da parte delle amministrazioni comunali e regionali che di operatori economici privati, nel campo della ristorazione, del turismo naturalistico, della pubblicità. Insisto in questo anche se adesso il turismo è uno dei settori più colpiti dal coronavirus – ma noi non abbiamo altro. Do’ atto a Goffredo – e L’Aquila deve essergliene grata – che con la sua preparazione ed esperienza politico-amministrativa accumulata si fa all’occorrenza interprete e megafono di questi temi, non solo in patria ma anche all’estero.
Goffredo infatti non si ferma alla città. Lo si evince plasticamente dalla grande varietà di argomenti e di personaggi dei suoi innumerevoli servizi giornalistici, che egli felicemente va raccogliendo e pubblicando in successivi volumi, come questo di stasera, così da offrirli ad utilità degli agenti sociali, politici ed economici. Egli si è fatto ambasciatore dell’Abruzzo e del Bel Paese presso i circa 80 milioni di italiani nel mondo e specialmente presso gli emigrati abruzzesi nei vari continenti. Segue e continua ad animare le tante associazioni di questi nostri corregionali che si fanno onore e tengono alto il nome della nostra Terra. Gli sono particolarmente grato per i legami fecondi che ha saputo tessere con le associazioni di Abruzzesi con le quali io stesso ho avuto modo di interagire nel corso delle mie missioni diplomatiche all’estero. Egli offre loro aiuto, preziose indicazioni e utili consigli per le loro attività e iniziative.
Permettetemi un ricordo personale. Ripenso qui alle associazioni di Abruzzesi del Cile e del Paraguay per il cui tramite ho potuto far conoscere L’Aquila in quei paesi, nella sua storia e nella sua arte. Tra 1987 e 1990 ho potuto aiutare a meglio strutturare l’associazione degli Abruzzesi cilena: a livello religioso promuovendo la celebrazione annuale della festa del Patrono dell’Abruzzo, S. Gabriele, con statua fatta venire dall’Italia e la S. Messa solenne e processione per le vie di Santiago del Cile; a livello culturale hanno fatta propria la mia idea di Festival della Canzone Regionale Italiana, che ha fatto molta fortuna.
Il festival è stato sponsorizzato dall’Ambasciata italiana a Santiago ed è diventato la maggiore manifestazione regionale italiana di tal genere in Cile. Non ho mancato di farla mantenere saldamente come attività specifica dell’associazione abruzzese, senza farla fagocitare dalle altre associazioni regionali italiane presenti nel Paese. Né mancai di far riservare all’Aquila, rappresentata dalla facciata di Santa Maria di Collemaggio, il posto centrale tra i monumenti rappresentativi di ciascuna Regione fatti dipingere sul grande poster di sfondo del palcoscenico del festival – immaginate Collemaggio al centro e, attorno, la basilica di S. Pietro per il Lazio di qua, il duomo di Milano per la Lombardia di là, il Vesuvio per la Campania sopra, Santa Maria del Fiore per la Toscana sotto, ecc. ecc….
Goffredo, grazie per la pubblicizzazione a grande raggio che dell’Aquila e dell’Abruzzo continui a fare con i tuoi servizi, i tuoi contatti, le tue fatiche letterarie. Badate, questa è una vera forma di carità verso il prossimo, perché beneficia tutti i nostri concittadini. E, alla One Group Edizioni, riconoscimenti per la sensibilità che ha verso questi temi, dimostrata dalla disponibilità a promuoverli con i suoi pregevoli prodotti editoriali e i suoi corsi di formazione.