“La verità è ancora una ricerca da stabilire. È mai possibile assistere a televisive dispute banali? Il problema si pone. Ed è molto serio. Se la scienza riesce a guardare alla spiritualità diventa salvezza. Se vive di potere diventa dominio e sabotaggio della verità. Un’eterna battaglia che continua tuttora. Se quasi tutti i filosofi che si occuparono di scienza conobbero il marchio dell’eretico o vennero uccisi, il dialogante connubio tra epistemologia scientista e metafisica logica è un’arma pericolosa per il potere”.
Il rapporto tra scienza e potere impone una riflessione. Il saggio di Pierfranco Bruni dal titolo “La panacea letale – Il rapporto tra scienza e potere” (Ferrari Editore) è saggio estremo e chiaro, libello graffiante, manuale filosofico di sopravvivenza all’esistere: La panacea letale è tutto questo.
Pierfranco Bruni tenta di configurare, per renderli ancora più visibili, antichi e nuovi chiaroscuri storici: dalle scoperte rivoluzionarie di Galileo Galilei alla teoria dell’universo infinito di Giordano Bruno, dalla vocazione critico-razionalistica di Giulio Cesare Vanini al Manifesto degli scienziati razzisti, sino ai domini dell’economia politica e all’emergenza sanitaria più importante della nostra epoca.
SCIENZA E POTERE, dunque. Pierfranco Bruni con il suo saggio filosofico su Potere e Scienza nell’era della “Panacea letale” si confronta con la pedagogia della modernità nelle civiltà delle dissolvenza. Una lunga meditazione in cui la scienza deve intrecciarsi con la spiritualità profonda dell’uomo.
LA PANACEA LETALE. Il rapporto tra scienza e potere impone una riflessione. Saggio estremo e chiaro, libello graffiante, manuale filosofico di sopravvivenza all’esistere: il libro di Pierfranco Bruni è tutto questo.
Ha pubblicato libri di poesia (tra i quali “Via Carmelitani“, “Viaggioisola“, “Per non amarti più“, “Fuoco di lune“, “Canto di Requiem“, “Ulisse è ripartito“, “Ti amerò fino ad addormentarmi nel rosso del tuo meriggio“), racconti e romanzi (tra i quali vanno ricordati “L’ultima notte di un magistrato“, “Paese del vento“, “Claretta e Ben“, “L’ultima primavera“, “E dopo vennero i sogni“, “Quando fioriscono i rovi“, “Il mare e la conchiglia“). Si è occupato del Novecento letterario italiano, europeo e mediterraneo. Si è occupato di letteratura del Novecento con libri su Pavese, Pirandello, Alvaro, Grisi, D’Annunzio, Carlo Levi, Quasimodo, Ungaretti, Cardarelli, Gatto, Penna, Vittorini e la linea narrativa e poetica novecentesca che tratteggia le eredità omeriche e le dimensioni del sacro.
Numerosi sono i suoi testi sulla letteratura italiana ed europea del Novecento.
Ha scritto saggi sulle problematiche relative alla cultura poetica della Magna Grecia e si considera profondamente mediterraneo. Ha scritto, tra l’altro, un libro su Fabrizio De André e il Mediterraneo (“Il cantico del sognatore mediterraneo“, giunto alla terza edizione), nel quale campeggia un percorso sulle matrici letterarie dei cantautori italiani, ovvero sul rapporto tra linguaggio poetico e musica. Un tema che costituisce un modello di ricerca sul quale Bruni lavora da molti anni.
I due segmenti fondamentali che caratterizzano il suo viaggio letterario sono la memoria e la nostalgia. Il mito è la chiave di lettura, secondo Pierfranco Bruni, che permette di sfogliare la margherita del tempo e della vita. Tutta la sua poetica vive di queste atmosfere. Non ha mai creduto al realismo in letteratura. Il realismo è cronaca, è rappresentazione, è documento. Il simbolo, invece, è mistero. E’ metafora, è fantasia, è sogno.
Il suo poderoso saggio-racconto dal titolo “Mediterraneo. Percorsi di civiltà nella Letteratura contemporanea” è una testimonianza emblematica del suo pensiero. Dei suoi libri alcuni restano e continuano a raccontare. È convinto che la letteratura e la vita senza il sogno, l’amore e l’ironia non avrebbero senso. L’amore quando è sogno ha sempre delle illuminazioni. Gli orizzonti sono nel viaggio e le albe e i tramonti possono anche somigliarsi ma non hanno mai lo stesso colore. Lungo il suo cammino ci sono stati e ci sono molti libri incompiuti, ma non ha alcuna intenzione di definirli. Non viaggia per ritrovarsi perché è convinto che gli approdi non sono mai consapevolezza e che gli arrivi s’intrecciano con le partenze e i ritorni e vanno sempre oltre Itaca. Molti fra i suoi testi sono stati tradotti in Paesi esteri.