Mira Carpineta (*)
Non è il coronavirus la sola pandemia che affligge il Bel Paese. Da molti anni ormai, complice una politica miope, una crisi economica cronicizzata, aggravata dall’epidemia in atto, la mancanza di lavoro, in Italia, riguarda soprattutto due fasce sociali: i giovani e le donne. “l’Italia non è un Paese per giovani” è lo stigma che ha spinto tanti, troppi ragazzi a lasciare le proprie famiglie per trovare altrove, nel mondo, le opportunità che questo Stato non riesce a creare per loro.
Il lockdown ha ulteriormente aggravato la situazione facendo registrare l’ennesimo record negativo sulla disoccupazione giovanile e femminile.
Secondo l’Istat “Nel primo trimestre 2020, l’input di lavoro, misurato dalle ore lavorate, registra una forte diminuzione sia rispetto al trimestre precedente (-7,5%), sia rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso (-7,7%). Tali dinamiche risultano coerenti con la fase di eccezionale caduta dell’attività economica che, nell’ultimo trimestre, ha risentito degli effetti della crisi sanitaria, con una flessione del Pil pari a -5,3% in termini congiunturali.”
Mentre Eurostat descrive alcuni gruppi specifici, già svantaggiati, in netto peggioramento, ovvero giovani, donne, autonomi e precari, stranieri e meridionali, che hanno visto ridurre o perdere del tutto il proprio reddito e quindi impoverirsi.
Nonostante le “poderose” azioni legislative messe in campo dal Governo per fronteggiare la crisi economica conseguente all’emergenza sanitaria, la questione lavoro, soprattutto per giovani e donne, non ha mai trovato spazio nei numerosi decreti.
La Politica italiana (non solo adesso) non riesce proprio ad affrontare questi argomenti con soluzioni efficaci. Ne è la prova il fallimento delle misure promosse dal M5S come il reddito di cittadinanza con i suoi fantomatici “navigator” mai entrati in azione.
Nessun Governo finora è mai intervenuto veramente sulla disoccupazione giovanile e/o femminile con il conseguente aumento del gap generazionale che ha spaccato letteralmente in due il mondo del lavoro.
Da un lato importanti cambiamenti tecnologici che impongono competenze e velocità diverse a gestire un mondo diverso. Dall’altra una legislazione che impone la permanenza in occupazione di una generazione non abbastanza anziana per poter andare in pensione ma troppo vecchia per capire e gestire le nuove dinamiche lavorative.
Un paradosso che vede giovani iperpreparati, ipercompetenti, plurilaureati ma inattivi, e eultracinquantenni obbligati a lavorare in modo inefficiente per i nuovi standard.
Per le donne la situazione è ancora più grave. La pandemia le ha costrette a scegliere tra il lavoro e la permanenza a casa con i bambini in didattica a distanza (e con disabili senza più assistenza). Poche le fortunate a poter accedere al telelavoro o smartworking, che comunque hanno visto triplicare il loro carico quotidiano.
Che la politica italiana continui a rimandare il confronto su questi temi è un dato di fatto rilevato persino dalla Presidente del Parlamento europeo, Von der Leyen. Significativo il suo intervento agli Stati generali attualmente in corso: “Mentre investiamo per dare forma all’economia del futuro, dobbiamo anche fare riforme ambiziose”, che “porteranno alla ripresa – ha dichiarato- Next Generation EU può affrontare le sfide che da tempo pesano sull’economia italiana, e spianerà la strada ad una ripresa economia duratura. Ora sta a voi farlo succedere”.
Speriamo sia la volta buona.
(*) Giornalista