di Enrico Cavalli (docente a contratto Scienze Motorie, 2009-2010).
A due secoli dalla sua grande conurbazione medievale del 1254, la città di Aquila conosceva il “secolo d’oro”.
Interazione di virtuosismi ecclesiastici e magistrature municipali, davano visibilità europea alla “seconda” e “magnifica cittade” del regno di Napoli, sede di zecca demaniale e di studium universitario nel 1458-1464, per volontà del re Ferrante I di Aragona.
L’università aquilana, assumeva i contorni delle omologhe e storiche accademie di Bologna, Siena e Perugia, ma attese a funzionare, perché ad impartire l’istruzione superiore, dal 1596 fu il Collegio gesuitico che alla stregua di quelli di Napoli, Madrid, Lisbona, Parigi, diviene la fucina di classi dirigenti abruzzesi e di accademie culturali, finché per l’espulsione borbonica dei preti loyolani nel 1767, subentrò il Collegio Reale con cattedre dal 1785 al 1792 di teologia, filosofia, storia, matematica, lettere, lingua greca, chimica, anatomia, medicina teorica e pratica, chirurgia, ostetricia.
Giuseppe Napoleone nel 1807, spostò i suddetti corsi al Santo Spirito di Sulmona, riportati in sede originaria da Gioacchino Murat, col compito di formazione superiore per tutti gli Abruzzi nel 1814; una funzione accreditata nella Restaurazione, in quanto il rescritto di re Ferdinando I del 14 gennaio 1817, stabilì che ad Aquila come solo a Bari, Salerno, Catanzaro, avesse luogo il Reale Liceo con gli insegnamenti di diritto, anatomia, fisiologia, chirurgia, ostetricia, chimica, farmacia, medicina legale, scienze varie.
In coincidenza del ritornato nel 1839, Collegium Aquilanum Societatis Iesu, la città assurgeva a modello educativo di alto significato nella penisola, infatti i Gesuiti assunsero il Convitto annesso al Reale Liceo, che nel costituzionalismo del 1848, si dotava di Biblioteca provinciale.
Nel voto di adesione allo Stato Unitario, la municipalità di Aquila degli Abruzzi, il 17 marzo 1861, richiese il mantenimento delle strutture amministrative e giurisdizionali che ne avevano fatto da secoli, la capitale regionale; fra questi voti inoltrati al governo italiano, stette il riconoscimento delle cattedre annesse al Liceo, di qui, nel 1865, la loro trasformazione in Scuole Universitarie di Farmacia, Notariato e Chirurgia minore.
In virtù del decreto governativo del 3 dicembre 1874, gli studenti aquilani potevano abilitarsi alle professioni di farmacista, chirurgo minore ed agrimensore alle suddette Scuole Universitarie, contemporaneamente, laureandosi all’Ateneo di Napoli.
Col secolo breve, dal liberalismo al fascismo, le leggi di riordino del settore universitario, non prevedevano sviluppi delle Scuole aquilane di Notariato, Farmacia, Ostetricia, che anzi in applicazione di legge n.1054 del 1923, voluta dal ministro della Pubblica Istruzione, Giovanni Gentile, erano abolite dal regio decreto del 30 settembre di quell’anno; una perdita municipale, compensata, dalla istituzione ad Aquila del Provveditorato agli studi regionali nel 1925, quindi, al grande ospedale San Salvatore, la restituzione sostanziale di Ostetricia, fra le prime scuole nazionali del genere, nel 1938.
In epoca Repubblicana, nell’ambito della lotta per il capoluogo abruzzese, riprese giocoforza l’idea della L’Aquila ”Atene d’Abruzzo”.
Grazie alla mission municipalistica dell’accademico, patrizio, parlamentare di vaglia Vincenzo Rivera nel 1949, si arriva all’inaugurazione dei corsi universitari estivi per studenti abruzzesi, per immatricolatisi alle facoltà di tutta Italia.
Erano le basi per la fondazione di una libera università dell’Aquila, sostenuta da enti locali e dai patrocini politici in auge, i cui tasselli sono l’ottenimento in sequenza: il 15 dicembre 1952, l’Istituto Universitario di Magistero pareggiato, vicino all’antico Collegio gesuitico; i corsi universitari liberi di Scienze fisiche e matematiche e del biennio propedeutico di Ingegneria all’ex Colonia montana di Roio, nel 1961; strutture di ricerca scientifica come gli Osservatori Astronomico e Botanico al Gran Sasso d’Italia, gli Osservatori Geodinamico e Magnetico (ripresa della intuizione arcidiocesana del 1888), il Museo Paleontologico al Castello spagnolo (emulo del Museo Naturale al convento francescano di San Giuliano).
Slancio alla prospettiva universitaria aquilana, laddove, emergono analoghi tentativi in altre parti di un Abruzzo, non più col Molise dal 1963, venne dalla nascita del Centro Sportivo Universitario, dall’apposita biciclettata degli studenti cittadini su Roma, benedetta dall’Arcivescovo Costantino Stella e trasversale politica aquilana, per sensibilizzare il Ministero della Pubblica Istruzione, a dare applicazione al DPR., del 18 agosto 1964, istitutivo della libera Università degli Studi dell’Aquila.
Si registra qualche battuta d’arresto, perché si perdeva la possibilità di ottenere la Facoltà di Economia per veti abruzzesi, reatini, umbri, ma il grande luminare Paride Stefanini, riusciva a far insediare alle falde del Gran Sasso, un Istituto Superiore Sanitario, il primo passo per ricostituire la gloriosa accademia “flebotomica” aquilana che diventa uno snodo della moderna vicenda universitaria nel capoluogo abruzzese.
Nelle trame dell’Università aquilana, prendeva corpo l’idea di una struttura accademica finalizzabile al benessere psicofisico delle giovani generazioni che reclamano nuovi agoni, in una fase storica di contestazione: eccoci all’avvio dell’Istituto Superiore di Educazione Fisica sito alla Villa comunale nell’ex palazzo Gil., il luogo di educazione sportiva del cessato regime.
Per il biennio di studi 1965-67, l’undicesimo ISEF nazionale, ebbe un boom di iscrizioni, a merito dell’attivismo del professor Gegè Bonanni coadiuvato dai padri francescani Osvaldo Lemme e Casimiro Centi e dal collega Vittorio Bruno.
Ma le autorità ministeriali tardato avevano a riconoscere quei corsi di educazione fisica con valore legale, proprio, in mancanza della realizzazione della Facoltà di Medicina che prende il largo nel 1969-70 ed il cui target disciplinare era legato all’ISEF cittadino.
Il lavoro degli enti che sostenevano il progetto di elevazione delle scienze motorie al rango di sapere accademico, fu coordinato nelle stanze ministeriali dagli onorevoli aquilani, Lorenzo Natali in testa.
Nel 1968, sorge l’ufficiale istituto deputato alla pedagogia e pratica agonistica in una città antesignana non solo abruzzese per il verbo sportivo, e che sfornando istruttori e docenti scolastici in serie e in attesa della trasformazione in laurea di Scienze Motorie lungo gli anni, si avvale delle iscrizioni ai suoi corsi, di massimi atleti italiani, tipo i calciatori Chinaglia (ci dice D.Capaldi ”sequestrato” goliardicamente pro riconoscimento universitario), Rocca, Conte, il pentatleta Masala, l’olimpionico e vastese Tartaglia o di quelli che non riescono ad immatricolarvisi, come la freccia tricolore Mennea.
Con l’anno accademico 1982-1983, grazie al lavoro parlamentare del senatore Achille Accili, le Facoltà di Magistero, Medicina e Chirurgia, Ingegneria e Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali-Biologia, che costituivano il nucleo ufficiale, insomma, della libera Università degli Studi dell’Aquila, finalmente, divennero statali.
Così, al decadere della ipotesi di una Facoltà di Agraria distaccandola a Rieti, seguirono a ruota nel 1991, l’agognata Facoltà di Economia con sezione turistica a Sulmona, e, nel 1993 la trasformazione della Facoltà di Magistero in Lettere e Filosofia e dal 1996, con maggiorazione di Scienze della Formazione, significativamente a quattrocento anni di distanza dal Collegio educativo dei Gesuiti.
Il polo umanistico, in linea ad un trend nazionale che predilige il fattore tecnico-scientifico, accusava la perdita della Facoltà di Scienze Religiose (essendo presente in città, dal 1978, l’Issraq., della Pontificia Lateranense) e quasi in contemporanea, all’uscita del Collegio Gesuitico nel 2008, circostanza inopinata e poco approfondita dai gestori della vita pubblica locale, ma a compensare, giungevano i riconoscimenti MIUR nel 1999, delle Facoltà di Psicologia e Biotecnologie.
All’alba del XXI secolo, aspetto positivo per l’economia del nostro discorso, la agognata trasformazione dell’ISEF in Facoltà di Scienze Motorie collocabile ai suburbi dell’ex Onpi ed ex fabbrica Optimes, prima della stabilizzazione da “ritorno al futuro”, ovvero accanto alla Facoltà di Medicina, nel polo complesso di Coppito; difatti tale corso di laurea volto a plasmare figure professionali “in grado di svolgere ruoli di adeguata responsabilità e professionalità nello sviluppo di programmi tecnico-pratici riferiti alle attività motorie e sportive in ambiti diversi”, viene inserito nel Dipartimento di Scienze cliniche applicate e biotecnologiche.
Per la legge n. 240 del 30 dicembre 2010 e del nuovo Statuto d’Ateneo nel 2012, si riorganizzavano le strutture didattiche e di ricerca, attraverso aperture dipartimentali sul territorio.
Oltre i poli medici e tecnico-scientifici a Coppito e Pile, nascono centri di elevata formazione e ricerca: CETEMPS e DEWS, gli interdipartimentali CERFIS, DMTA, M&MOCS, nonché attività di collegamento al Giardino Botanico Alpino, ai Laboratori Nazionali del Gran Sasso dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, al recentissimo istituto di ricerca ed alta formazione del Gran Sasso Science Institute.
Di grande tradizione universitaria aquilana, sono gli scambi culturali e scientifici con eccellenza di ogni parte del globo; rapporti di collaborazione scientifica, con imprese di risonanza internazionale, aventi sede a L’Aquila.
Per tutte queste funzioni di alto profilo scientifico, l’Univaq attrattiva di studenti stranieri, assurge a primaria azienda economica del territorio e con fortissima integrazione nel locale tessuto sociale.
Col sisma del 2009, l’Univaq accelerando l’edificazione all’ex ospedale San Salvatore della Facoltà di Scienze Umane e del Rettorato al palazzo Camponeschi nel 2017, assurge a prima grande entità pubblica a tornare nel centro storico, proprio, lì dove era stati delineati, quasi settecento anni fa, i crismi di una città inserita nei circuiti culturali europei.
L’Univaq., l’istituzione erede dello studium del “secolo d’oro”, vuole e può e deve ritessere le trame della grande ricostruzione civica, anche per questo, giusto celebrare l’ISEF, che non può disgiungersi dallo studio delle valorialità storiche di un territorio dal quale ha preso forma morale e materiale il 20 dicembre 1968.