Cinzia Ballesio ricuce una storia in parte dimenticata, quella dell’Istituto nazionale per le Figlie dei Militari di Torino, una scuola laica e innovativa, punto di riferimento per l’educazione femminile a cavallo fra Ottocento e Novecento. L’Istituto Nazionale per le Figlie dei Militari, istituzione scolastica nata nel fertile contesto culturale della Torino post-unitaria, è stata un’eccellenza fra i collegi femminili, in grado di competere con il più famoso Poggio Imperiale di Firenze. Legato a uno dei luoghi più affascinanti e ricchi di storia della città di Torino, la Villa della Regina, dove, dopo la donazione dell’edificio da parte di Vittorio Emanuele II nel 1865, avrà la sua sede principale dal 1869 fino ai bombardamenti del 1942. Nata dall’iniziativa della marchesa Maria Luisa del Carretto, l’idea dell’Istituto per le Figlie dei Militari viene sostenuta da una serie di personaggi di spicco del periodo, tra cui quel Massimo d’Azeglio a cui è attribuita la frase “fatta l’Italia, bisogna fare gli italiani”. E proprio per “fare” i futuri italiani e dar loro “degne madri”, si vuole creare una “scuola di civile e morale educazione per le venture generazioni”. Cinzia Ballesio ricuce con sensibilità storica tutti i pezzi di un’istituzione quasi dimenticata, ricostruita sulla base di una ricca documentazione archivistica, integrata con le testimonianze delle ex allieve intervistate, dove la memoria si mescola con i fatti, creando storie nella Storia: donne, scuola e società, un fitto intreccio in un universo ricchissimo e poco indagato. Con il patrocinio della Città Metropolitana di Torino.
C i n z i a B a l l e s i o , torinese, maturità classica al Liceo M. d’Azeglio, è laureata in Lettere a indirizzo storico. È stata docente nella Scuola media inferiore e superiore ed è guida turistica abilitata. Appassionata di storia locale e di genere, ha collaborato ai volumi “GiraTorino, Itinerari per giovani turisti alla scoperta della città”, Pintore, 2012, e “Educatorio della Provvidenza: giovani donne crescono”, Le nuove Muse, 2011. Tra le fondatrici del gruppo torinese di SeNonOraQuando?, è una delle coordinatrici del progetto Potere alla Parola rivolto alle scuole per promuovere l’uso corretto del genere nella lingua come antidoto alle discriminazioni e alla violenza.
224 pagine – ISBN 978 88 6608 2545 – € 22,50
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l’Italia, bisogna fare gli italiani, così si narra che avesse proferito Massimo d’Azeglio. E le italiane, verrebbe da dire. L’Istituto Nazionale per le Figlie dei Militari nasce nel 1865 dall’iniziativa della marchesa Maria Luisa del Carretto di Santa Giulia, grazie anche al contributo di Vittorio Emanuele II. L’istituto vede la luce all’indomani dell’unità d’Italia, e ha come scopo primario quello di accogliere le figlie dei militari che hanno partecipato alla sua fondazione, e che provengono da tutte le aree del nuovo Stato: «una scuola nuova per le donne della nuova Italia». Con pazienza certosina, Cinzia Ballesio ricostruisce nel suo lavoro (Le Figlie dei Militari, una nuova scuola per le donne della nuova Italia, Neos Edizioni, 231 pagine, euro 22,50) la storia quasi dimenticata di questa istituzione, attraverso un lungo lavoro di ricerca e grazie all’aiuto di un archivio ricchissimo di testi e immagini, ripercorrendo e indagando la realtà dell’educazione femminile in un periodo storico zeppo di trasformazioni. L’inaugurazione ufficiale dell’Istituto si tiene nel 1868 presso l’ex convento delle Cappuccine, oggi scomparso, in via Roma 28 angolo via dell’Arcivescovado, in attesa che sia disponibile la sistemazione della Villa della Regina, donata da Vittorio Emanuele II. L’anno successivo si inaugura finalmente la sede principale presso la villa e, nel 1873, dopo l’accorpamento del settecentesco Ritiro per le figlie dei Militari di via San Domenico 32, si realizza una riorganizzazione generale dell’istituzione, che a questo punto ha tre sedi, suddivise per ordinamento di studi. In via Roma l’Istruzione Professionale; nell’ex Ritiro per le Figlie dei Militari di via San Domenico 32 la Scuola Magistrale; alla Villa della Regina è attivo un «corso di studi “integrato” con le materie base delle scuole Complementari e Normali più musica, canto, pittura e lingue “a completamento” del percorso educativo». Nel 1888 l’Istituto ottiene una nuova sede, situata nel complesso tuttora esistente al civico 25 di via Figlie dei Militari. La Villa della Regina ospiterà una parte della scuola dal 1869 fino ai bombardamenti del 1942. Inizialmente è un collegio riservato alle figlie di militari che, se orfane o figlie di decorati al valore, sono ammesse gratuitamente. In seguito l’istituto viene aperto a pagamento anche alle figlie di civili, e non sempre riesce ad accogliere tutte le richieste di iscrizione. Il progetto educativo alla base dell’istituzione era infatti innovativo al punto da rivaleggiare con il ben più noto collegio del Poggio Imperiale di Firenze almeno fino alla Seconda Guerra Mondiale. Dopo la guerra inizia invece una parabola discendente che condurrà alla chiusura dell’istituto, avvenuta negli anni Ottanta. Alla documentazione archivistica si affiancano le testimonianze delle ex allieve intervistate, e qui la memoria si integra con i fatti creando nuove storie nella storia: donne, scuola e società, un intreccio affascinante in un universo variegato e poco noto, nel quale ritroviamo le vite di molti personaggi, torinesi e non. Ci sono uomini noti, come Tommaso Villa, Ariodante Fabretti o Francesco Ruffini, ma anche molte donne, le vere protagoniste della vicenda: dalla marchesa Maria Luisa del Carretto di Santa Giulia, ideatrice del progetto, a Giulia Cavallari Cantalamessa, tra le prime donne laureate in Italia e direttrice della scuola per trent’anni, a partire da fine Ottocento. A queste persone si affianca una moltitudine di figure meno note, tra cui Scolastica Peracchio e Carolina Pampuri, professoresse accusate di disfattismo nel 1917, o le dipendenti ebree Palmira Jona, Lea Diena e Clelia Norlenghi a cui toccò di subire le leggi razziali. E poi le allieve: Maria Pia Rho «figlia segreta» (ma non troppo) di Vittorio Emanuele II, la figlia di Eleonora Duse, l’attrice Lilla Brignone. Alla fine della guerra il destino della scuola appare segnato. Muore un’epoca, mentre in seguito ai bombardamenti alleati la Villa della Regina resta a lungo abbandonata al degrado e lentamente viene avvolta dalla vegetazione infestante (si giunge a un volume quantificabile in circa 400.000 metri cubi di piante). Si pone rimedio a questo degrado a partire dal 1994, quando la Soprintendenza per i beni artistici e storici del Piemonte prende in carico la struttura, disinfestando i giardini e dando il via a lavori di restauro che durano oltre 10 anni. La sede di via Figlie dei Militari era divenuta un semplice convitto, l’ente abolito alla fine degli anni Settanta. Il complesso in cui aveva sede sarà trasformato fino a ospitare, ai giorni nostri, tre diversi istituti. Senza perdere la vocazione all’istruzione.