Signor Presidente, le Associazioni d’Arma desiderano esprimerLe per il mio tramite, i sensi della più viva gratitudine per essere state convocate in questa solenne circostanza.
Siamo profondamente onorati per questo riconoscimento, che è conferma dell’attenzione riservata al nostro quotidiano impegno nella società.
Il 25 aprile 1945 – che oggi celebriamo nella sua settantatreesima ricorrenza – è stata una giornata importante per tutti gli italiani sia pure vissuta con stati d’animo diversi:
– crogiuolo di fierezza e di progetti per i vincitori, ma anche gorgo di paure e disperazione per i vinti;
– orgoglio dei combattenti della Resistenza, finalmente giunti al successo dopo tante pene;
– per altri, drammatico esito di un’illusione durata fin troppo a lungo;
– per i più, fine della guerra, della fame, delle privazioni dei bombardamenti, desiderio di pace e di ricostruzione, volontà di affrontare le difficoltà e di rialzare la testa per andare avanti per dar vita ad una nuova Italia attiva e industriosa.
Ma soprattutto – grazie anche al sostegno degli Alleati – consapevole ritorno alle libere istituzioni e alla democrazia come vollero i più illuminati che seppero poi dar vita alla nostra Costituzione.
Ed è proprio nel ricordo di questi ultimi e per i principi in cui tutti cui riconosciamo che la celebrazione di oggi assume il suo pieno significato, nella continuità di regole ormai generalmente accettate e di cui siamo convinti partecipi, pur nelle difficoltà contingenti che ricorrono nel presente.
In particolare, a noi, come Associazioni d’Arma, spetta il dovere di rivolgere il pensiero ai Soldati delle Forze Armate tutte, di cui ci sentiamo eredi e rappresentazione genuina.
Dal frastuono di quei cinque drammatici anni di guerra emerge la loro immagine, emblematica sintesi di tutto il nostro popolo di tutti i cittadini nobilitati dall’uniforme indossata e dalla severa disciplina che hanno saputo rispettare.
Soldati che hanno perduto tanti fratelli, prima sui monti della Grecia, sulle sabbie del deserto, nella neve della Russia e nella prigionia,
poi nel rifiuto di accettare la prevaricazione germanica a Cefalonia, a Porta San Paolo, nei lager e infine combattendo sulle falde dell’Appennino nella guerra di liberazione in nome dell’Italia anche se non più con il nostro grigioverde.
Soldati sempre costretti a difendere la propria immagine e il loro valore, dal disprezzo dell’alleato poi divenuto oppressore, dalla scarsa considerazione dei vincitori, dall’antimilitarismo viscerale di una certa cultura politica,
ma fedeli al giuramento prestato e orgogliosi, nonostante le tante sofferenze e umiliazioni, di rappresentare il rispetto del dovere e l’amore per l’Italia al di là e al di sopra delle fazioni e delle ideologie.
Le Forze Armate sono state custodi dei valori nazionali anche nei momenti più drammatici e sono rimaste in piedi, lacerate e offese ma non cancellate, mentre i Carabinieri, prima Arma dell’Esercito, hanno continuato a salvaguardare ovunque con le loro migliaia di stazioni l’intelaiatura dello Stato e il rispetto della legge.
A conclusione del conflitto, le Istituzioni Militari nel loro insieme hanno saputo così rappresentare su tutto il territorio un solido ed ineguagliabile punto di riferimento, di sicurezza, di confronto e di stabilità contribuendo a placare i sussulti cruenti del dopoguerra e conferire certezze anche nei momenti più oscuri per assicurare l’affermarsi della democrazia.
Ai nostri soldati, espressione di dedizione, di spirito di sacrificio, di onor militare va oggi, quale esplicito riconoscimento in questa solenne circostanza, il nostro pensiero deferente – nel ricordo di quei tempi difficili – perché hanno saputo rappresentare un baluardo sicuro nella bufera che infuriava e perché furono e restano ancor oggi il primo, autentico simbolo della nostra Patria.