Giovanni Zambito
Fattitaliani.it

Sono venuto a Bruxelles – ci dice – per finire i miei studi e poi sono rimasto in città, perché me ne sono innamorato. È abbastanza a misura d’uomo, c’è abbastanza verde.
La prima cosa che ti ha colpito?
È multicentrica, non ha un centro storico e basta. C’è anche il quartiere europeo, Ixelles, Flagey, Atomium, ogni comune ha la sua particolarità: una città dai mille volti.
Che studi hai fatto?
Ho preso la laurea in Scienze diplomatiche in Italia a indirizzo Unione Europea e poi ho pensato che un master a Bruxelles fosse quasi un must, ho studiato altri due anni qui: sono rimasto e ho lavorato per la prima banca del Paese, la BNP Paribas Fortis.
E che c’entra dunque l’Atelier des Pâtes?
È un sogno di vecchia data: nella vita concreta dovevo comunque trovare un lavoro e per circa nove anni ho lavorato nell’ambito del marketing, però la prima cosa che mi è mancata da quando sono arrivato a Bruxelles undici anni fa è stata la pasta fresca, non la pasta in generale, ma la pasta fresca. Undici anni fa non era così facile trovarla, oggi è più semplice. Non trovavo all’inizio la piccola bottega della pasta fresca, all’uovo, che pure in Italia – nelle città – va scomparendo. L’idea iniziale era di avere un laboratorio di pasta fresca ma poi ho combinato la produzione di pasta fresca con il ristorante: abbiamo una cucina con macchine italiane per produrre pasta fresca e la facciamo gustare con ricette classiche o leggermente rivisitate, ma puramente italiane.
L’Atelier des Pâtes esisteva già da prima?
No, è stato concepito dal nulla.
Anche il nome l’hai pensato direttamente in francese o sei stato tentato di tenere “pasta” in italiano?
No, perché sarebbe stato uno dei tanti posti italiani. Volevo proprio andare a toccare il pubblico di Bruxelles, volevo un nome che già richiamasse la manualità, dunque Atelier … ma con “pasta” mi sembrava un’accozzaglia, mentre “des Pâtes” mi suonava molto più scorrevole.
Atelier richiama l’artigianalità ma anche la moda, l’arte, l’idea del laboratorio: che cosa metti di artistico nella preparazione della pasta?
A livello strutturale tutto quello che c’è nel ristorante come mobilio è stato fatto a mano da me, mio padre e mio fratello: tavoli, il bancone e le mensole in legno, luci, attaccapanni, lampadari. Inoltre, tutta la maestria dello chef Antonio produce le nostre paste e inventa le sue ricette per farle degustare.
C’è una ricetta tradizionale che hai uniformato al gusto belga?
Nessuna, né panna né salse: ogni tre mesi cambiamo menù, secondo la stagione. Ci sono dei piatti fissi e altri che cambiano ogni tre mesi. Qualche ricetta è stata modificata, ma con gusto italiano: ad esempio, la nostra carbonara è una carbonara scomposta con ‘nduja; rivisitiamo, quindi, i piatti da italiani, non al gusto belga.
E i belgi che cosa apprezzano di più?
Penso questa autenticità non dispiaccia perché chi viene qui prova piatti che non trova altrove. Una delle nostre specialità sono i ravioli farciti, presenti anche nel logo del ristorante.
Penso che vengano più per curiosità per provare l’ennesimo italiano che ha aperto. Poi vedono che il ristorante è abbastanza gastronomico, quindi tornano: vi trovano gusti autentici che richiamano la tradizione.
Per esempio?
Ci sono due piatti dedicati alle mie due nonne. Uno è la “Chitarra alla Teramana con Pallottine di Carne” tipica ricetta di Teramo: uno spaghetto quadrato il cui ragù è fatto con piccole pallottine di carne. Un’altra sono i ravioli col tartufo della mia zona, il teramano. Questi piatti vanno quasi per la maggiore: anche il fatto di chiamare i piatti “Nonna Mentina” e “Nonna Amelia” attira molto.
Evidentemente hai trasmesso il contenuto affettivo…
Penso di sì: questo elemento rende di più l’autenticità e piace ai clienti.
I prodotti?
Vengono dall’Italia: abbiamo dei fornitori con cui lavoriamo. Fra gli antipasti abbiamo le olive all’ascolana che arrivano dalle Marche. Abbiamo inventato i tartufini, olive all’ascolana nera perché c’è il tartufo, che arrivano dal mio paese ogni due settimane.
Ma l’Italia ti manca?
Più che altro gli affetti. Tutta la mia famiglia è lì: una nipotina nata da poco, per esempio. L’Italia in sé per adesso non mi manca. Mi trovo bene qui e a livello lavorativo avrei avuto meno possibilità di carriera rispetto al Belgio: posso parlare con tutta l’umiltà della situazione di meritocrazia perché non conoscevo nessuno e non ho fatto scalate sociali in base a raccomandazioni; ho dovuto lavorare per arrivare dove sono, però ci sono. In Italia sarebbe stato un po’ più difficile senza le spalle coperte.
In base alla tua esperienza, noi italiani continuiamo a essere un po’ piagnoni?
Sì, ci lamentiamo dei trasporti, il tempo e se stiamo in Italia diciamo le stesse cose. Non siamo tutti così ovviamente.
Un’esperienza come l’Atelier des Pâtes sarebbe esportabile in Italia? Sembra un paradosso…
Non lo so. Come chiedere a un cinese se aprire un ristorante a Shanghai o a Bruxelles sarebbe la stessa cosa… non sarebbe un ristorante cinese, ma un ristorante. Per l’Atelier des Pâtes bisognerebbe andare a cercare un mercato molto specifico dove qualcosa del genere potrebbe mancare: nelle grandi città non so quanto, a meno che non si crei qualcosa di tendenza.
C’è qualche personaggio famoso, qualche politico che è passato da qui?
Penso di sì, ma non lo sappiamo. Ci troviamo in una buona posizione: vicino c’è la Corte dei Conti, il Ministero degli Esteri, la Fondazione Roi Baudoin, è venuto il Cabinet di Rudi Vervoort, Ministro-Presidente di Bruxelles… Ho un mezzo pensiero da quando ho aperto: siamo l’unico ristorante la cui parete confina col Palazzo Reale e ho avuto sempre l’idea di invitare il Re a mangiare…
Perché no?
Perché un mese dopo l’apertura è uscito un articolo su Le Soir in cui si diceva che il Re mangiava senza glutine, e quindi con la pasta non va proprio bene. Chissà, però, possiamo invitare Paola e Alberto.
Qui oltre alla pasta si possono gustare antipasti e dolci. Prezzo medio?
Pasto completo: fra i 25 e i 35€. Son voluto rimanere sui prezzi standard.