Vincenzo Ruggieri
L’argomento che mi accingo a trattare, a seguito di numerosi appelli da parte di Soci, mi fa venire alla mente quando dovevo convincere il Comandante di turno ad assegnare all’Ufficio Matricola dell’Ente, del quale ero Relatore o Capo del Servizio Amministrativo, un ufficiale attento e scrupoloso e non la solita ciofeca che non trovava utile impiego in altri settori in quanto la “matricola” – diciamolo senza peli sulla lingua – è stata considerata sempre la cenerentola dell’Ente. Ricordo che ad un Comandante dissi in maniera forte e chiara: Signor Colonnello, se venisse omessa una variazione matricolare o se una variazione matricolare dovesse essere trascritta in maniera non corretta, l’interessato potrebbe subire danni patrimoniali e ne risentirebbe dell’errore per tutta la vita o quasi.
I fatti mi danno, ancora oggi, ragione. E spero che quel Comandante legga questa mia analisi.
E’ noto che quando si lascia il servizio e si viene collocati in quiescenza, il documento probante dei diritti patrimoniali/amministrativi, è lo Stato di Servizio o il Foglio Matricolare.
Ancora oggi, se potessi formulare un suggerimento ai colleghi in servizio direi; “accertatevi che tutte le variazioni matricolari siano state effettuate con regolarità perché quando sarete collocati in quiescenza la regolarizzazione diventa impossibile o quasi.”
Non a caso il Minidifesa – Direzione Generale per il Personale Militare, al punto 3. della circ. n. M_D/GML_06/VGL/13937/D9-2 in data 14 maggio 2007 precisa quanto segue:
“Si raccomanda agli Enti di verificare con la massima attenzione che le variazioni matricolari, di conseguenza il diritto all’attribuzione ai benefici, competano solo ed esclusivamente al personale che abbia prestato servizio in zona di intervento inquadrato nella “forza multinazionale” e non anche al personale che sia stato inviato in quelle zone per l’espletamento di compiti istituzionalmente devolute all’Ente di appartenenza.
Quanto sopra, considerate le responsabilità di natura amministrativa-contabile conseguenti in caso di errata attestazione del diritto.”
Si da il caso che, per il tema in titolo, è in atto un conflitto tra i poteri della giustizia amministrativa dello Stato. E precisamente tra i Tribunali Amministrativi Regionali ed il Consiglio di Stato.
Infatti il TAR Friuli Venezia Giulia con Ordinanza n. 74 in data 12 febbraio 2015 ha disposto l’invio degli atti alla Corte Costituzionale per un parere difforme espresso dal Consiglio di Stato a proposito dei benefici combattentistici significando che con sentenza n. 5172 del 2014 ha annullato la sentenza 450 del 2014 del Tar Friuli Venezia Giulia e la sentenza 1168/2014 del TAR Lombardia affermando che l’interpretazione corretta della legge n. 1746 del 1962 articolo unico limita il beneficio della super valutazione prevista dalla legge n. 390 del 1950 solamente alle campagne di guerra del 1940-1945.
La citata sentenza costituisce attualmente il diritto vivente in materia. Peraltro il Tribunale adito ha sollevato d’ufficio la questione di costituzionalità dell’articolo unico della legge n. 1746 del 1962 interpretato, alla luce della legge n. 390 del 1950, come riferito unicamente alle campagne della seconda guerra mondiale.
Invero, l’attività svolta dai militari italiani per conto dell’ONU nelle cosiddette missioni di pace o equiparate si deve considerare, per le concrete modalità e i rischi anche mortali, equivalente a una campagna di guerra vera e propria, anche se le finalità sono ovviamente quelle di mantenere ovvero ripristinare la pace.
La limitazione dei benefici previsti espressamente dalla legge alle sole attività belliche della seconda guerra mondiale costituirebbe una disparità di trattamento in situazioni sostanzialmente, identiche, e quindi si pone in violazione del principio di eguaglianza sostanziale di cui all’art. 3 della nostra Costituzione
Peraltro alcuni Tribunali Amministrativi Regionali pronunciandosi su identiche
questioni hanno riconosciuto il beneficio richiesto; tra questi il TAR del Friuli-Venezia Giulia con la sentenza n. 450 del 2014 e il TAR Lombardia con la sentenza n. 1168 del 2014.
Si verifica l’assurdo che i benefici combattentistici vengono negati al personale in servizio (scatti e classi) e riconosciuti (a titolo di anzianità) invece allo stesso personale quando è collocato in quiescenza. Atteso che l’articolo unico della legge 1746/1962 recita:
“Al personale militare, che per conto dell’O.N.U. abbia prestato o presti servizio in zone di intervento, sono estesi i benefici previsti dalla norme in favore dei combattenti.
Le zone intervento sono indicate con apposite disposizioni dello Stato Maggiore Difesa.”
Con la citata legge il legislatore ha voluto riconoscere, oltre alla onorificenza, anche un beneficio patrimoniale al personale impiegato in zone ad alto rischio. Personale che porterà nel corpo, nella mente e nel cuore i segni ed il ricordo per aver operato e vissuto, quale portatore di pace, lunghi periodi lontani dalle cose più care e non si comprende il perché di una interpretazione restrittiva, intesa a limitare il beneficio di cui si tratta, solo quando quel personale viene collocato in quiescenza.
A parere di chi scrive la lettera dell’articolo estende i benefici a tutto il personale sia in servizio che in quiescenza e non discrimina i benefici da attribuire al personale in quiescenza da quelli da attribuire a quello in servizio.
Invece, secondo la corrente giurisprudenza, il servizio prestato nelle zone di intervento, è da ritenersi equiparato solo agli effetti pensionistici al servizio di guerra. Da qui la trasmissione degli atti alla Consulta da parte del TAR Friuli Venezia Giulia.
In alternativa, una interpretazione autentica della citata legge da parte del legislatore all’uopo interessato della Direzione Generale per il Personale Militare e/o dell’Ufficio Legislativo del Ministero della Difesa che, ai sensi della L. 1746/1962, attribuisce al Capo di Stato Maggiore della Difesa la determinazione delle zone di intervento riconosciuti ai fini dell’attribuzione dei benefici conseguenti.