Signor Capo di Stato Maggiore della Difesa,
sono del “decimo” e consulente giuridico/amministrativo di alcuni sodalizi con le stellette.
In tale veste mi propongo alla Sua autorevole attenzione.
Il personale comandato alle missioni ONU ritiene, ai sensi della legge n. 1746 del 1962 a giusto o a torto, di essere destinatario di benefici patrimoniali che incidono sull’anzianità ai fini del trattamento economico di attività e previdenziale.
Al termine di tale servizio, ahimè, tali benefici vengono negati. Salvo successivamente ottenere un riconoscimento, dopo un ricorso giurisdizionale alla Corte dei Conti.
Alla luce di quanto precede numerose sono le richieste intese a conoscere quali siano i diritti patrimoniali spettanti a seguito del servizio prestato nella zone di intervento ONU.
Stante l’attuale non chiara situazione, a tutela degli interessi economici, non resta che suggerire un ricorso giurisdizionale, atteso che i benefici maturati e richiesti influirebbero sulla speranza di vita del ricorrente, del coniuge superstite e degli eredi aventi titolo.
A seguito di una diversa interpretazione delle norme in vigore per quanto in oggetto, è in atto un conflitto tra i poteri della giustizia amministrativa dello Stato. Precisamente tra i Tribunali Amministrativi Regionali ed il Consiglio di Stato.
Il TAR Friuli Venezia Giulia con Ordinanza n. 74 in data 12 febbraio 2015 ha disposto l’invio degli atti alla Corte Costituzionale per un parere difforme espresso dal Consiglio di Stato a proposito dei benefici combattentistici significando che con sentenza n. 5172 del 2014 ha annullato la sentenza 450 del 2014 del Tar Friuli Venezia Giulia e la sentenza 1168/2014 del TAR Lombardia affermando che l’interpretazione corretta della legge n. 1746 del 1962, articolo unico, limita il beneficio della super valutazione prevista dalla legge n. 390 del 1950 solamente alle campagne di guerra del 1940-1945.
La citata sentenza costituisce in materia “diritto vivente” o giurisprudenza che dir si voglia.
Inoltre il Tribunale adito ha sollevato d’ufficio la questione di costituzionalità dell’articolo unico della legge n. 1746 del 1962 interpretato, alla luce della legge n. 390 del 1950, come riferito unicamente alle campagne della seconda guerra mondiale.
Invero, l’attività svolta dai militari italiani per conto dell’ONU nelle cosiddette missioni di pace o equiparate si deve considerare, per le concrete modalità e i rischi anche mortali, equivalente a una campagna di guerra vera e propria, anche se le finalità sono ovviamente quelle di mantenere ovvero ripristinare la pace.
La limitazione dei benefici previsti espressamente dalla legge alle sole attività belliche della seconda guerra mondiale costituirebbe una disparità di trattamento in situazioni sostanzialmente, identiche, e quindi si pone in violazione del principio di eguaglianza sostanziale di cui all’art. 3 della nostra Costituzione
Peraltro alcuni Tribunali Amministrativi Regionali pronunciandosi su identiche
questioni hanno riconosciuto, ai ricorrenti, il beneficio richiesto; tra questi il TAR del Friuli-Venezia Giulia con la sentenza n. 450 del 2014 e il TAR Lombardia con la sentenza n. 1168 del 2014.
Si verifica l’assurdo che i benefici combattentistici vengono negati al personale in servizio (scatti e classi ancorché sospesi) e riconosciuti, a titolo di anzianità e indennità di buonuscita, allo stesso personale quando è collocato in quiescenza. Atteso che l’articolo unico della legge 1746/1962 recita:
“Al personale militare, che per conto dell’O.N.U. abbia prestato o presti servizio in zone di intervento, sono estesi i benefici previsti dalla norme in favore dei combattenti.
Le zone intervento sono indicate con apposite disposizioni dello Stato Maggiore Difesa.”
Con la citata legge il legislatore, ha voluto riconoscere, oltre alle onorificenze, anche un beneficio patrimoniale al personale impiegato in zone ad alto rischio. Personale che porterà nel corpo, nella mente e nel cuore i segni ed il ricordo per aver operato e vissuto, quale portatore di pace, lunghi periodi lontani dalle cose più care e non si comprende il perché di una interpretazione restrittiva, intesa a limitare il beneficio di cui si tratta, solo quando quel personale viene collocato in quiescenza.
A parere di chi scrive la lettera dell’articolo estende i benefici a tutto il personale sia in servizio che in quiescenza e non discrimina i benefici da attribuire al personale in quiescenza da quelli da attribuire a quello in servizio.
Invece sembrerebbe che il servizio prestato nelle zone di intervento, è da ritenersi equiparato solo agli effetti pensionistici al servizio di guerra. Da qui la trasmissione degli atti alla Consulta da parte del TAR Friuli Venezia Giulia.
Nell’intento di evitare un massiccio contenzioso sarebbe opportuna una direttiva chiarificatrice atteso che la citata legge, attribuisce al “solo” Capo di Stato Maggiore della Difesa “e non ad altri” la determinazione delle zone di intervento riconosciuti ai fini dell’attribuzione dei benefici conseguenti.
Spero mi vorrà onorare di una Sua autorevole risposta ed in attesa gradisca i miei devoti ossequi.
Torino, 24 ottobre 2015
Gen. Vincenzo Ruggieri
enzoruggieri@alice.it