SOCIETÀ CRUDELE Riflessioni.

19 Settembre 2015
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Di Vincenzo Ruggieri

 

Quando la vita raggiunge la vecchiaia, o quasi e si avvicina al tramonto, le ansie della giornata si dissolvono e il tempo rallenta. Anzi no. Il tempo passa più veloce.

Superati gli affanni della vita attiva, l’anziano/pensionato, vive il tempo vago dell’attesa. Per molti riguardi egli ritorna quel fanciullo a cui Cristo ha predicato di ritornare.

E’ noto che gli anziani hanno una tenace memoria dei tempi lontani e, purtroppo, dimenticano le cose intorno a loro.

Questa cari lettori, non è una malattia: é la condizione del Saggio o, se volete, del Vecchio. O come ipocritamente oggi si dice, del Grande Adulto.

Nei tempi andati, quando non erano stati inventati i Centri sociali e quando non si sbandieravano simboli della miseria e del sottosviluppo, quando non c’erano i “disobbedienti” e i “no global”, i NO TAV, agli anziani si dedicava uno speciale rispetto di ascolto. Forse perché tutti erano meno impegnati. Oggi si é affaccendati anche nel tempo libero, nelle vacanze, che si consumano in fretta perché il tempo è danaro. Danaro che se ne va.

E allora l’anziano, con la sua lenta saggezza diventa un peso. Un disturbo. Come il bambino, anche l’anziano richiede cura, amore, attenzioni.

Per molti si pone il problema di dove piazzarlo. Come liberarsi della sua noiosa saggezza, del suo quotidiano bisogno di cure.

Chi non ricorda quel significativo brano di Domenico Modugno: “Il vecchietto dove lo metto ?”

Come per i bambini ci sono gli asili e le colonie, come per gli animali domestici ci sono i canili e le autostrade, per l’anziano c’è la casa di riposo. L’ospedale. E perché no ? L’ospizio.

La colpa degli anziani è quella di essere in troppi. Oppure no. E’ quella di vivere.

La crudeltà e la durezza dei nostri tempi si misurano dal trattamento riservato agli anziani, che spesso hanno dedicato ai figli, allo Stato ed alla Società l’intera vita ed ora, ahimè, chiedono gli ultimi riguardi.

Gli anziani sono una risorsa. Si sente spesso dire alla televisione. Si. Sono una risorsa per le case di riposo e per le badanti.

Chissà se è dello stesso parere il Ministro dell’Economia e delle Finanze.

Se poi l’anziano è in attesa del decreto definitivo di pensione, vive in uno stato d’ansia per timore di essere vittima di un “indebito pensionistico”. Vive con quotidiani attacchi di panico. Ad ogni lettera ad ogni raccomandata. Anche se il mittente è l’amministratore condominiale e non l’INPDAP ora INPS.

Gli stati d’ansia e gli attacchi di panico si moltiplicano durante la discussione della finanziaria nel timore che siano bloccate le perequazioni come avvenuto in tempi passati e recenti. Quasi a significare che l’enorme debito pubblico sia colpa dei pensionati e non degli sciagurati costi della politica.

La leggerezza e noncuranza con la quale  continuano ad annunciare riforme e riformette sui trattamenti pensionistici di milioni di italiani rivela una attitudine al cinismo sociale quantomeno sconcertante.

Con insistenza quasi quotidiana si dice di volere ritoccare meccanismi e requisiti delle pensioni anticipate, le vecchie pensioni di anzianità; il presidente dell’Inps addirittura di ricalcolare tutti gli assegni con il metodo contributivo. Assestando, va da sé, un colpo micidiale ai valori delle pensioni maturate.

Il cinismo si manifesta con nettezza rispetto ad almeno due ordini di problemi.

Il primo connesso alla delicatezza di un tema, quello della pensione, che il lavoratore si è costruito faticosamente nel corso di decenni e che solo per questo meriterebbe di essere trattato con delicatezza e rispetto senza cambiare continuamente le regole del gioco, mettendo a repentaglio la serenità degli anni finali di una vita nei quali, dopo aver versato corposi contributi,  quello stesso lavoratore finalmente avrebbe diritto alla sicurezza e alla stabilità dell’introito.

Il secondo ordine di problemi tocca invece il tema terroristicamente agitato per introdurre le continue novità che da oltre venti anni sconvolgono il mondo pensionistico: quello della insostenibilità economica dei trattamenti in corso soprattutto per  la precaria situazione delle casse dell’Inps.

Vorrei precisare che se davvero hanno a cuore le sorti dei pensionati dovrebbero smetterla di utilizzare per fini politici impropri le casse dell’istituto pensionistico.

Altro che organismo previdenziale: da anni l’Inps è stato trasformato in un carrozzone assistenziale al quale si chiedono prestazioni che nulla hanno a che fare con la sua missione originaria, l’erogazioni delle pensioni. Diciamola tutta: l’Inps è stato considerato da quasi tutti gli ultimi governi come un provvidenziale bancomat per foraggiare politiche e istituti del tutto estranei ai suoi compiti istituzionali: dalla cassa integrazione, alle maternità, dalle malattie alle invalidità.

Basta dunque con questo terrorismo. Lasciamo all’Inps fare il suo mestiere. Per le pensioni le risorse ci sono eccome. Basta non distoglierle per altri scopi. Tenendo bene a mente che se il governo vuole mettere in campo le sue politiche sociali e assistenziali, per riscuotere facili consensi, i soldi può andarseli a trovare altrove. Magari nel grande buco nero dell’evasione fiscale che ogni anno sottrae all’erario almeno un centinaio di miliardi di euro.

Solo che per far questo ci vogliono una solida volontà politica e  pure delle competenze. Che, ahimè, tardano ancora una volta a manifestarsi. Ammesso che ci siano.

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