La Camera approva la direttiva comunitaria sul “bail-in”.
Allarme delle opposizioni, ma il Ministero dell’Economia smentisce.
Giacomo Marcario
redazione@corrierepl.it
Bari, 11 luglio 2015
BARI – Tecnicamente si chiama “bail-in” ed è stato approvato ieri dalla Camera insieme ad altre 57 direttive comunitarie, 6 regolamenti e 10 decisioni quadro, dando il via libera (definitivo) al disegno di legge di delegazione europea 2014. Ma dietro questo termine di origine anglosassone sconosciuto ai più si potrebbe celare un’operazione che rischia di trasformare l’Italia come la Grecia. Il bail-in significa, infatti, che le banche in default possono risanarsi attingendo a risorse interne (con prelievi anche dai correntisti) anziché fare ricorso a risorse esterne (ad esempio le casse pubbliche, c.d. bail-out).
A scatenare l’allarme delle opposizioni (M5S e Forza Italia in primis, tra i 113 contrari al provvedimento) è stata in particolare la direttiva europea 2014/59/UE (“Bank Recovery and Resolution Directive”) che affronta il problema delle banche in crisi con strumenti nuovi per far fronte alle situazioni di dissesto anche in via preventiva. Tra questi strumenti c’è proprio il bail-in, ovvero la possibilità a partire dal 1° gennaio 2016 di risolvere i problemi degli istituti di credito non solo ricorrendo ad azionisti e obbligazionisti meno assicurati ma anche ai depositi superiori ai 100mila euro. In estrema sintesi, come sostengono le opposizioni, dal prossimo gennaio se la banca in cui si ha il proprio conto corrente rischia di andare in default insieme agli azionisti pagheranno anche i clienti, ai quali verranno prelevate le somme dai conti correnti, soltanto se superiori a 100mila euro.
Ovviamente dal Ministero del Tesoro, manco a dirlo, arriva la smentita perché a detta del dicastero il “prelievo forzoso” paventato dalle opposizioni non c’entra nulla, visto che il termine si riferisce al prelievo straordinario sui conti correnti mentre la legge approvata è relativa alla “non rimborsabilità” dei conti al di sopra dei 100mila euro, giacenti in una banca che rischia il fallimento e nella quale gli azionisti (e gli obbligazionisti) non riescono a far fronte alle perdite. Ma, come si sa, invertendo l’ordine dei fattori il prodotto non cambia. Il risultato, infatti, che si prelevino direttamente le somme dal conto o che si impedisca il rimborso, è il medesimo: il risparmiatore non potrà, comunque, riavere indietro il suo denaro e parteciperà, suo malgrado, alle vicissitudini della banca.
In fin dei conti, lo scopo della direttiva europea è proprio quello di risanare il sistema bancario che versa ormai da anni in forte crisi (solo in Italia si stima una “sofferenza” di oltre 300 miliardi di euro). E il rischio è, come scrive Beppe Grillo sul suo blog, che il limite di oggi superiore a 100mila euro, finisca “a 30mila come già avvenuto in Germania”. Intanto, la direttiva è stata recepita e il suo valore sarà vincolante per lo Stato a partire dal prossimo gennaio. Questo quanto al “risultato”, perché al legislatore nazionale spetta decidere “la forma e i mezzi” per ottenerlo. Resta da vedere in che direzione si muoverà il Parlamento italiano; se si mostrerà ancora una volta sensibile a coprire le sofferenze bancarie con i soldi dei cittadini o se ,invece, e sarebbe ora, adotterà un provvedimento che tuteli rigorosamente i risparmiatori.