Altra sfornata in odore di dubbia costituzionalità.
Esaminando il D.L. 21/05/2015 n. 65, si osserva, preliminarmente, che esso interviene, dopo la pubblicazione della sentenza della Corte Costituzionale n. 70/2015, con un meccanismo inedito nella disciplina legislativa anche se con carattere d’urgenza, e cioè quello della modifica (“sono apportate le seguenti modificazioni”) mediante sostituzione del comma 25 dell’art. 24 del D.L. 201/2011, cioè proprio della norma dichiarata costituzionalmente illegittima.
Ora, se una norma è stata espunta dall’Ordinamento a seguito di un intervento della Consulta, non può più essere modificata, tutt’al più potrà essere emanata una norma del tutto nuova per coprire l’eventuale “vuoto legislativo”.
Tale norma potrà, conseguentemente, avere validità soltanto per il futuro.
Il decreto in questione incide, invece, sul passato e precisamente sugli anni 2012 e 2013, per i quali la Corte Costituzionale ha eliminato ogni limitazione al meccanismo di perequazione delle pensioni.
Il Governo si esercita a rispettare il monito della Consulta a graduare la perequazione, ma incide con gravose limitazioni anche su pensioni di importo relativamente modesto, mantenendo la misura del 100 per cento per le sole pensioni di importo fino a tre volte il minimo INPS, così che più che di legittima graduazione può parlarsi di sospensione, pur parziale, del meccanismo perequativo, riconosciuto progressivamente per percentuali inferiori al 50 per cento.
Si tratta di un meccanismo volto sostanzialmente ad eludere, in maniera maldestra, quanto deciso dalla Consulta.
Per trattamenti oltre sei volte il minimo INPS il blocco integrale rimane, senza che siano state valutate le osservazioni della Consulta circa la limitazione di tali provvedimenti nel tempo (un solo anno, cioè una sola perequazione annuale, mentre nel caso di specie la previsione riguarda due anni) ed il monito ad illustrare in dettaglio, per rispettare un ineludibile vincolo di scopo, le esigenze finanziarie che richiedono il sacrificio o che lo avevano richiesto (trattandosi di norma che incide sul passato).
Non posso non sottolineare, infine, che vincolo di scopo non è illustrato in dettaglio neppure per giustificare “la modifica” poiché il decreto si limita a dichiarare il fine di dare attuazione, in maniera assai discutibile, ai principi enunciati nella sentenza della Corte.
V. R.