RICORDO DEL PRESIDENTE SANDRO PERTINI. Quel primo incontro a Genova con il compagno Sandro e l’ultima raccomandazione al Quirinale: “Ragazzi, niente compromessi!”

1 Marzo 2015
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di Domenico Logozzo *

Dammi del tu, io sono il compagno Sandro”.  Mario Oppedisano, un  ragazzo genovese figlio di emigranti calabresi, forti radici socialiste, con un ossequioso “Signor  Presidente … “ si era rivolto a Pertini al termine di un comizio nel maggio del 1976. Pertini, come era nelle sue abitudini, aveva  mostrato ancora una volta la sua grande familiarità con il mondo giovanile. Oppedisano ancora  oggi racconta con immensa emozione quell’incontro che ha profondamente segnato le sue scelte future. “Ricordo che sono andato a sentire Pertini perché mio nonno Felice mi parlava sempre di lui, in tutte le estati che andavo in Calabria, a Gioiosa Jonica. Quando vidi sui muri di Genova i manifesti del PSI col nome di Pertini, medaglia d’oro della Resistenza, che teneva un comizio vicino a casa mia, corsi volentieri a sentirlo. Parlò circa un’ora con una arte oratoria invidiabile, a braccio, fra i continui applausi di una piazza gremita fino all’inverosimile. Da poco era scaduto il suo mandato come Presidente della Camera. Alla fine del comizio mi avvicinai dicendogli: Piacere signor Presidente. Mi rispose con veemenza: “Ma quale presidente e presidente, belinun, dammi del tu, io sono il compagno Sandro!”.

 Iniziava così il luogo cammino politico e culturale di Oppedisano. E’ stato uno dei leader della vecchia Federazione giovanile del Psi. Presidente del Centro Culturale Sandro Pertini di Genova, è da sempre considerato il “custode della memoria pertiniana”. E a 25 anni dalla morte, avvenuta il 24 febbraio 1990, la memoria del grande presidente degli italiani è sempre viva e le sue lezioni  sono di una straordinaria attualità. “Lo abbiamo conosciuto da giovanissimi, gli abbiamo voluto bene, lo abbiamo ammirato e seguito per la sua concezione semplice, popolare della politica, la sua passionalità, il suo essere schietto, irascibile, a volte burbero, ma anche dolce, la sua etica, il suo grande esempio di onestà. Il suo cuore di socialista romantico continuerà a battere nel cuore di chi, come noi, crede nella giustizia e nella libertà, ideali fondamentali del pensiero di Pertini ”. Mario Oppedisano è cresciuto con i grandi ideali socialisti del nonno Felice Armocida, estimatore  di Pertini,Turati, Rosselli e Nenni.

Nel 2002 ha pubblicato l’apprezzatissimo libro “Il mio Presidente”. Raccoglie le iniziative dei giovani amici genovesi di Pertini, a partire dalla metà degli anni Settanta. Prefazione dello storico Giuseppe Tamburrano  e testimonianze di Franco Manzitti (come Pertini direttore de «Il Lavoro»), di don Andrea Gallo e di Francesco Guccini. Nella foto di copertina c’è l’immagine di un giovanissimo Mario Oppedisano accanto al vecchio presidente. E’ molto significativa. Segna l’inizio di un rapporto intenso che non si è mai interrotto. “La foto, che poi è diventata la copertina del libro “Il mio presidente, è stata scattata a Genova Sestri Ponente in piazza Baracca nel maggio 1976”.  Sorpreso per essere stato accolto con immenso calore umano, fuori da ogni formalismo,  da uno dei padri della Patria. Confessa: “Rimasi inebetito. Lui se ne accorse e prendendomi sotto braccio mi portò a passeggio per via Sestri e poi nella gloriosa sezione socialista, raccontandomi di Antonio Gramsci, compagno di carcere, suo grande amico, e della lotta partigiana che ha ridato la libertà all’Italia”.

 Cosa l’ha colpita maggiormente di quell’incontro?

“Ero accanto ad un pezzo di storia dell’Italia, un uomo che aveva donato la sua vita per la nostra libertà, conquistata a caro prezzo. Mi disse “Voi giovani, difendete la libertà costi quello che costi”. E detto da lui, la pelle d’oca non se ne andava. Mi rimasero impresse le sue parole, anche perché me le ha scandite con profonda chiarezza”.

 Poi ha avuto tante altre occasioni per parlare con il Presidente?

Sì,Pertini veniva spesso a Genova, molte volte ce lo siamo trovato nei direttivi dell’allora FGS, in quanto andava al piano soprastante della federazione PSI alla quale era affettivamente legato. Si fermava volentieri con noi giovani e ci spronava sempre a difendere la giustizia sociale e la libertà conquistate a caro prezzo. Ce lo ricordava sempre per non farcelo mai dimenticare. Poi fu eletto Presidente della Repubblica quando era ormai relegato in un angolo del suo partito al quale era profondamente legato. L’8 luglio del 1978, dopo i suoi 832 voti a parlamento riunito, non nascondo che scoppiai a piangere dalla felicità, il compagno partigiano era Capo dello Stato. Gli scrissi, mi rispose e ci ricevette al Quirinale. Non vi dico con quale emozione. Non stavamo più nella pelle, noi giovani socialisti eravamo studenti, disoccupati senza soldi, e ci aiutarono nelle sezioni per pagarci il treno e  la permanenza in una bettola romana. Poi il primo incontro al Quirinale. Senza giacca e cravatta. I funzionari del Quirinale ci criticarono ma arrivò lui e ci ricevette in una splendida sala. Ci raccontò per 30 minuti del suo amico Filippo Turati. Lo abbracciammo, come fosse il nonno sapiente di  tutti noi. Ragazze e ragazzi avevamo un amico Presidente della Repubblica. Ci sentivamo, gli scrivevamo, ci rispondeva e ci ha invitati altre due volte al Quirinale, ricordandoci della scomparsa del suo amico Ignazio Silone. Poi gli abbracci, quelli non li dimenticherò mai, li ho ancora nella pelle, la sua voce è ancora marcata nel mio udito, era un grande Socialista dal cuore nobile. L’ultimo incontro al Quirinale indimenticabile: “Voi giovani non venite meno all’impegno per la giustizia e la libertà, non scendete a compromessi, difendete la vostra dignità, costi quello che costi!”. Poi, un lungo caro abbraccio, l’ultimo. Vorrei che quell’abbraccio continuasse…”.

 Quale eredità ci ha lasciato?

“Innanzitutto quella di cercare di interpretare i suoi valori di giustizia e di libertà. Non posso dimenticare quando ci spronava a dedicarci alla classe lavoratrice. “Senza i lavoratori” diceva, “non si va da nessuna parte”. E’ stato un padre nobile dell’Italia e del suo glorioso partito Socialista, e ci ha sempre esortati con veemenza a difendere la libertà. Ripeteva queste cose, come le ripeto io: “Voi giovani dovete difendere la libertà, noi abbiamo dedicato tutta la nostra vita a questo valore che voi non potete dimenticare”. Aggiungendo: “E se per beneficio della sorte dovessi poter tornare indietro, ricomincerei la mia battaglia antifascista nella mia Savona”.  Nulla di quello che ha vissuto andava buttato, era felice di aver dedicato la sua gioventù alla conquista della libertà. Ripeteva, ripeteva sempre, convinto di avere intrapreso la strada giusta e cercando di coinvolgere sempre i suoi adorati giovani!!”

 Qual è il vuoto che resta della sua azione politica e istituzionale?

“Questa classe politica non è all’altezza di Pertini e di tutte le donne e gli uomini che hanno dedicato la propria vita per farci stare meglio. Hanno pensato, si sono dedicati ai valori, a costruire una grande Carta Costituzionale, altro che… Difatti lui ci manca, non abbiamo più punti di riferimento da anni, e alla sua morte molti di noi si sono rinchiusi nel loro privato. Dolcemente mi ricordava spesso don Gallo, genovese, prete di strada che raccoglieva i poveri, i disperati, i diseredati, i tossici (come lui li definiva) per poterli aiutare, i gay, quelli emarginati da questa società benpensante: “Se le persone per bene si ritirano, la politica la fanno gli altri…”

 Lei è stato a stretto contatto con grandi estimatori di Pertini, come appunto don Gallo. Avete fatto diverse iniziative insieme. “Pellegrinaggi pertiniani” li chiamava don Gallo. Perché erano pellegrinaggi?

“Quando ho scritto il mio piccolo libro dedicato a Pertini, don Gallo col quale collaboravo nella solidarietà, volle scrivere la prefazione e andammo insieme in quelli che lui definiva “Pellegrinaggi Pertiniani” a presentare il libro. Girammo la Liguria in lungo e in largo. Genova e i suoi quartieri operai, la provincia di Savona terra di Pertini, e parlava quasi sempre lui di Pertini, come fosse suo fratello…Mi diceva spesso: “Comincia tu, spiegalo bene, hai tutto il tempo che vuoi”, ma dopo tre-quattro minuti, mi sentivo tirare la giacca, don Gallo voleva parlare, anzi urlare per la difesa della libertà! Di pertiniana memoria. E urlava per quasi un’ora. Gente di altra tempra..”.

 Tante e interessanti presentazioni, da un capo all’altro dell’Italia.

Sì, il libro con Giuseppe Tamburrano, Presidente della fondazione Nenni, l’abbiamo presentato in Calabria  (a Marina di Gioiosa Jonica e a Cosenza), in un tripudio di ricordi, di commozione, di gioia per la terra che mi ha dato le origini e di cui vado fiero,  e di dolore per qualche compagno che di recente ci aveva lasciati, primo fra tutti Enzo Agostino, mio caro e indimenticabile amico. Poi con mia madre a Roma in una sezione storica socialista con l’inseparabile Giuseppe Tamburrano che ricordava quando Pertini gli telefonava alle 6 di mattina per commentare alcuni scritti sui quotidiani che lui non condivideva, invitandolo a continuare la discussione al Quirinale.”

 Anche Francesco Guccini ha sempre sostenuto le iniziative che lei ha portato avanti per onorare il pensiero pertiniano.  

Guccini veniva a Genova gratis. E per noi genovesi è importante… Incontri con i giovani e  concerti indimenticabili. Come non dimentico la presentazione di un suo libro insieme a don Gallo, dove il caro don ha iniziato a parlare a lungo… Interrotto dal giornalista che moderava il dibattito, irritato ha ricominciato daccapo, fra le ilarità di Guccini e i nostri applausi. Tante cose che non si possono spiegare in poche righe, ma che rimangono impresse nei nostri cuori di socialisti romantici. Pochi ma buoni…”.

*già Caporedattore del TGR Rai

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