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UN PRIMO NUCLEO DELLA GEORGETOWN UNIVERSITY RITORNA A L’AQUILA
Con la prof. Laura Benedetti cinque allieve per un corso di tre settimane, il primo dopo il 2009
di Goffredo Palmerini
L’AQUILA – Venivano ogni anno, all’Aquila, gli studenti della Georgetown University di Washington DC per l’attesa Summer School guidata dalla prof. Laura Benedetti, che di quell’ateneo è direttrice del Dipartimento di Italiano. Ormai era un’annuale consuetudine, per la quale gli studenti di quella università facevano a gara per aggiudicarsi la possibilità di partecipare. Sia perché un viaggio in Italia resta sempre quanto di più intrigante immaginare, sia pure perché il passaparola tra studenti con chi aveva già conosciuto L’Aquila – una città per loro da sogno, per la bellezza artistica e per la dimensione umana – costituiva il più forte elemento di curiosità e desiderio per i nuovi aspiranti. Poi fu quel tragico 6 aprile del 2009, quando il terremoto massacrò la città e le sue meraviglie d’architettura e d’arte. Ma l’affetto della prestigiosa università americana non venne meno. Anzi. L’anno seguente al terribile sisma, il 4 e 5 giugno 2010, la Georgetown University organizzò proprio a L’Aquila un memorabile convegno “Dopo la caduta: memoria e futuro”, tenutosi nell’Auditorium “Elio Sericchi” ricolmo in ogni ordine di posti. Fu una straordinaria occasione dove studiosi, storici, scienziati e cittadini aquilani si confrontarono per due giorni riflettendo sulla storia della città, su quanto era accaduto quel drammatico 6 aprile 2009, sulle prospettive di futuro d’una comunità, una piccola “capitale” che doveva rinascere, moralmente e materialmente. Anima di quel convegno fu Laura Benedetti, un’aquilana radicalmente appassionata della propria città, sentimento mai attenuato neanche a migliaia di chilometri di distanza, in Nord America, dove da circa un trentennio lei vive.
Infatti, dopo aver conseguito la laurea in Lettere all’Università di Roma La Sapienza, Laura Benedetti passò dapprima per l’Università dell’Alberta, ad Edmonton in Canada, poi negli States a Baltimora, alla Johns Hopkins University per conseguire il dottorato, quindi ad insegnare all’Harvard University ed infine alla Georgetown di Washington a dirigere il dipartimento di studi italiani. Un intenso messaggio del Rettore della Georgetown University aprì quel convegno, brillantemente coordinato dalla prof. Benedetti, al quale parteciparono insigni personalità della cultura con illuminati contributi. Li voglio ricordare uno per uno i relatori, per la traccia che impressero a quella importante riflessione collettiva sulla città: la scrittrice Luisa Adorno, lo storico aquilano prof. Raffaele Colapietra, la delegata ai rapporti internazionali pro-Rettore dell’Università dell’Aquila, prof. Anna Tozzi, la prof. Maria Galli Stampino dell’Università di Miami, il direttore del Conservatorio “Casella” prof. Bruno Carioti, lo scrittore algerino Amara Lakhous, con la relazione “La forza di ricominciare” assai pertinente, la scrittrice Clara Sereni, lo psicologo e psicoterapeuta Massimo Giuliani, la docente del Liceo “Andrea Bafile” Luisa Nardecchia. Tante voci della cultura italiana, molte della città colpita dalla furia devastante del sisma, che guardarono oltre l’orizzonte, con tenace speranza malgrado le rovine, come riferì Emanuela Medoro in un suo eccellente articolo dal quale trasparivano persino le emozioni, pubblicato su diverse testate italiane e all’estero.
Negli anni successivi al 2009 altri giovani allievi della Georgetown University sono venuti in Italia, sempre sotto la direzione di Laura Benedetti, ma non all’Aquila, per via dei comprensibili problemi logistici ed organizzativi legati alla difficile situazione del post-terremoto. E’ invece da quest’anno che un’avanguardia di cinque splendide ragazze dell’ateneo della capitale federale americana è tornato in città per un corso di studi di tre settimane, dall’1 al 21 giugno, coordinato dalla prof. Benedetti. Mary Ahearn, Dara Al-Sulayman, Nicolette Fata, Emilie Uhrhammer ed Erica Steiner – questi i nomi delle giovani studentesse della Georgetown, selezionate per la “missione L’Aquila”- dopo tre intense settimane di studio e di full immersion in città e dintorni, sono ripartite per gli Stati Uniti con il rimpianto di non aver potuto conoscere fino in fondo una città che, sebbene ferita, le ha conquistate, e di lasciarvi diverse amicizie, nate in questi venti giorni di studio ma anche di socializzazione e di volontariato. La parte accademica del corso, tenuta presso il Dipartimento di Scienze Umane dell’Università del’Aquila, si è arricchita con un’esperienza di solidarietà e di servizio svoltasi presso la Mensa di Celestino, dove le ragazze hanno partecipato alla preparazione ed alla somministrazione di pasti per gli ospiti della mensa, lavorando fianco a fianco con i volontari locali, sotto la direzione di Padre Quirino Salomone.
Riguardo gli studi, le studentesse hanno seguito un corso intitolato “2009 and Beyond: Tales of Loss and Rebirth” (2009 e oltre: Storie di Sconfitta e Rinascita), che ha inteso esplorare il sisma del 2009 da vari punti di vista – storico, urbanistico, psicologico, sociologico. Il corso è stato reso possibile da un accordo tra Georgetown University e Università dell’Aquila. L’accordo era stato stipulato e firmato poco prima del terremoto del 2009 ed era dunque rimasto allo stato virtuale fino a quest’anno quando, grazie all’apertura del Dipartimento di Scienze Umane nella nuova sede, l’ateneo aquilano ha portato un contributo importante alla rivitalizzazione del centro storico della città. Il programma del corso ha potuto giovarsi del bagaglio di competenze di docenti dell’ateneo aquilano, quali Lina Calandra, Antonello Ciccozzi e Raffaele Morabito. Fondamentale e generoso è stato anche l’apporto di altri rappresentanti del mondo cittadino: il vice-prefetto dell’Aquila Natalino Benedetti ha potuto illustrare le complessità della gestione dell’emergenza; l’architetto Corrado Marsili, della Soprintendenza ai Beni Architettonici d’Abruzzo, ha guidato il gruppo nell’esplorazione della città per mostrare in dettaglio la sfida lanciata dalla necessità di restituire il patrimonio artistico alla collettività; il consigliere comunale Ettore Di Cesare ha parlato dell’esperienza dei comitati cittadini, mentre Antonio Porto, con le maestre Luigia Carnicelli, Elvira Rotili e Mirella Robimarga, ha presentato il libro “Aqui-là. Storia di un terremoto a prova di sisma”, un progetto che ha visto coinvolti insegnanti ed alunni della Scuola “Gianni Rodari” di Sassa nella creazione d’una favola che esorcizza il terremoto, promuovendo al tempo stesso una conoscenza più approfondita del territorio. Infine, una rete di cittadini aquilani – Amedeo De Nicola, Enrico Botta, Cristina Bultrini, Giorgio e Nicola De Santis, Armenuhi Passayan – ha permesso alle giovani allieve della Georgetown di formarsi un’idea più precisa della vita cittadina.
Il corso s’inserisce pienamente nella filosofia della Georgetown University, la più antica università gesuita degli Stati Uniti, che tende non solo e non tanto a impartire competenze specifiche, quanto alla formazione olistica di “men and women for others” (uomini e donne per gli altri), ossia persone educate secondo valori di solidarietà e giustizia sociale. Questo programma estivo è stato fortemente voluto da Laura Benedetti, direttrice del Dipartimento di Italiano della Georgetown University, con il fondamentale sostegno della prof. Anna Tozzi, che, in qualità di pro-rettrice, da anni si adopera con inesauribile energia per l’internazionalizzazione dell’ateneo aquilano. Le ragazze hanno anche fatto escursioni nel circondario aquilano, visitando le magnifiche Grotte di Stiffe, poi Bominaco – con l’oratorio di San Pellegrino splendidamente affrescato, la chiesa di Santa Maria Assunta e il castello -, Santo Stefano di Sessanio e Rocca Calascio, tutti borghi suggestivi e con viste mozzafiato. Le studentesse, nei fine settimana, hanno inoltre visitato Roma, Pompei, Sorrento e Capri.
Chi scrive mercoledì 18 giugno, alle 11 di mattina, è andato ad incontrare le allieve della Georgetown nell’aula 5B del Dipartimento di Scienze Umane dell’Università dell’Aquila, nel nuovo palazzo maiolicato bianco nei pressi del vecchio Ospedale civile “San Salvatore”, destinato a diventare per l’ateneo aquilano un’opportunità di crescita strutturale e di sviluppo. Le ragazze avevano appena terminato le loro due ore di lezione con la prof. Benedetti. Ho chiesto quale fosse la loro provenienza, quali gli studi che seguono alla Georgetown University: Mary Ahearn viene dalla California, studia italiano e storia dell’arte; Dara Al-Sulayman è dell’Arabia Saudita, di Gedda, studia le lingue straniere, in particolare italiano e francese; Nicolette Fata è del New Jersey, studia italiano, scienze politiche e economia; Erica Steiner viene dal New Hampshire, studia italiano e psicologia; Emilie Uhrhammer è della California, studia italiano e la politica internazionale. Le cinque ragazze hanno in comune la grande passione per l’italiano, per l’arte e la cultura italiana in genere. Hanno spigliatezza e parlano abbastanza bene la nostra lingua.
Sono stato con loro quasi un’ora, accennando alla storia singolare dell’Aquila, nata con un disegno unitario ed armonico e con il concorso di un’ottantina di Castelli, federatisi per costruire la civitas nova. Un’esperienza originale, mai accaduta nella storia dell’urbanesimo, che riscontrerà un caso similare solo nel 1703, con la nascita di San Pietroburgo. Ho parlato d’una città che per tre secoli, dalla sua fondazione nel 1254, ha avuto un importante ruolo civile, politico, economico, culturale e commerciale. Quest’ultimo in tutta Europa, con il commercio dello zafferano e della lana che fece insediare in città molte comunità “straniere” – tedeschi, francesi, fiamminghi, lombardi, veneziani, fiorentini ed altri – conservate nella memoria civica anche attraverso la toponomastica cittadina. Una città, dunque, molto aperta ed accogliente, portatrice d’un forte messaggio spirituale di riconciliazione e di pace, ereditato dal magistero di Papa Celestino V che lasciò all’Aquila – e all’intera umanità – il privilegio della Bolla istitutiva della Perdonanza, il primo giubileo della Cristianità. Ho poi chiesto a ciascuna di loro di esprimere un’impressione, di dichiarare un’emozione, di raccogliere in un pensiero la loro esperienza nella città ferita e nel contatto con la gente aquilana. Ne ho ricavato una forte commozione, talmente profonde e toccanti sono state le annotazioni dolorose per lo stato del centro storico come pure intenso è stato il calore, dopo l’iniziale cautela, riscontrato tra la gente aquilana.
In fondo, ne hanno potuto ricavare un segno di fiducia e di speranza nel futuro, affidato nella mani degli stessi Aquilani, che nella loro plurisecolare storia hanno conosciuto numerosi e disastrosi terremoti, dai quali hanno sempre saputo risorgere. Oggi, l’attenzione del mondo verso L’Aquila, città d’arte diventata moralmente patrimonio dell’intera umanità, si arricchisce con l’affetto e l’amicizia, che non cesseranno, di queste giovani e brillanti allieve della Georgetown, ambasciatrici d’amore per L’Aquila a Washington e nei luoghi di loro provenienza. Laura Benedetti ha così sintetizzato il senso di questo rapporto tra L’Aquila e la Georgetown University: “Ripristinando il suo programma estivo a L’Aquila, dopo un’interruzione quinquennale a seguito del sisma del 2009, la Georgetown University vuole esprimere un gesto concreto di solidarietà e di fiducia nella ripresa della città e del suo ateneo”. L’allieva Dara Al-Sulayman, nel saggio finale del corso, ha scritto questo giudizio derivante da tre settimane di conoscenza e di esperienza in città: “Nonostante gli Aquilani abbiano perso il senso di comunità associato al territorio, il terremoto ha ispirato loro il senso di una nuova solidarietà, legata alla condivisione di una esperienza dura e traumatica”. Gli sono stato grato, esprimendo alle allieve della Georgetown il ringraziamento dell’intera città per questi loro sentimenti di vicinanza e d’amicizia autentica, contando di poterle rivedere in futuro in visita a L’Aquila, finalmente ricostruita più bella di com’era fino al 2009.
Infine, qualche annotazione sulla Georgetown University, la più antica istituzione cattolica d’istruzione universitaria negli Stati Uniti. Fondato dal gesuita John Carroll, il Georgetown College si situa a ridosso della nascita della nazione americana. Nel 1789 il reverendo Carroll assicurò all’ateneo 60 acri di terreno su una collina che dominava il villaggio di Georgetown. John Carroll, poi diventato arcivescovo di Baltimora, si era interessato nel 1789 anche alla Costituzione americana, in specie per una più netta definizione del principio della libertà religiosa. E’ unanimemente considerato come il fondatore della Chiesa cattolica nel continente nordamericano. Al Georgetown College le lezioni iniziarono nel 1792. La Guerra di Secessione (1861-1865) quasi chiuse la Georgetown per via degli arruolamenti, sia nell’esercito dell’Unione che in quello delle forze confederate. Dopo la seconda battaglia di Bull Run (o di Manassas) nel 1862, diversi edifici del campus furono perfino trasformati in un ospedale provvisorio. Per celebrare la fine della guerra civile, gli studenti Georgetown scelsero il colore blu (Unione) e il grigio (Confederati) come colori ufficiali dell’università, dal 1876. L’ateneo ha conosciuto la più forte crescita delle iscrizioni e l’espansione delle strutture dopo la seconda guerra mondiale, sotto la guida di padre Edward Bunn,SJ, che lo diresse dal 1952 al 1964. In quegli anni nacquero la Summer School e l’Educazione Permanente, diventata Scuola di Continuing Studies. Gli anni Sessanta sono stati per tutta l’America, e non solo, anni di grandi cambiamenti politici e sociali, che gli studenti della Georgetown vissero intensamente, come le tragiche uccisioni di John F. Kennedy, di Martin Luther King e di Robert Kennedy. Le lotte per l’emancipazione femminile comportarono nel 1969 l’ammissione delle donne alla Georgetown, fino ad allora solo maschile.
Molto attiva nel 1970 fu la partecipazione degli studenti alle manifestazioni contro la guerra del Vietnam, in linea con le rivolte giovanili di quegli anni. Ma già verso la fine degli anni Ottanta le proteste studentesche nell’ateneo si erano reindirizzate in azioni sociali positive, nell’aiuto verso le comunità svantaggiate, diventata poi una tradizione significativa dell’ateneo durante lo Spring Break. Fiorenti anche le attività sportive, specialmente il basket e l’atletica. Sotto la direzione del reverendo Timothy Healy, SJ, (1976-1989) e di don Leo O’Donovan, SJ, (1989-2001) la Georgetown ha conosciuto una crescita importante del numero dei suoi studenti e docenti, passando da una dimensione fino ad allora regionale al rango di grande ateneo nazionale. La presenza femminile, inoltre, è notevolmente aumentata arrivando fino al 40 per cento del totale. Nel 2001 John J. DeGioia, 48° presidente della Georgetown, è stato il primo presidente laico nella bicentenaria storia dell’università. Oggi la Georgetown è cresciuta fino a diventare un’importante università di ricerca internazionale, con otto Facoltà, un ospedale clinico e molti programmi accademici di alta qualificazione. Attualmente conta più di 12.000 studenti universitari di vari livelli che seguono lezioni presso cinque sedi: Main Campus, Medical Center, Law Center, GU-Northern Virginia e presso la scuola universitaria del Foreign Service-Qatar. L’ateneo ha un vasto e diversificato organico che impiega più di 5.000 docenti e membri del personale, in un ottimale rapporto tra numero di studenti e docenti. La Georgetown University continua a progredire come una delle principali università del mondo, in forza della sua storia distintiva, basata sui valori umani, sull’impegno per la giustizia e per il bene comune. Dunque un’università fondata su grandi valori che ben s’appaia agli antichi valori civici aquilani e alla spiritualità che ha connotato profondamente la storia dell’Aquila.