Cinque anni fa il 6 aprile 2009 alle ore 03,32 un gran boato sconvolse la città dell’Aquila e i suoi dintorni. L’evento non fu improvviso perché le scosse (precursori) si susseguivano dal dicembre 2008. La popolazione non era tranquilla tant’è che il 31 marzo 2009 era stata riunita la Commissione Grandi Rischi, su iniziativa della Protezione Civile, per analizzare la situazione. Ad una settimana da quella riunione, una scossa sismica di magnitudo 5,8 della scala Richter devastò la città. Il bilancio fu pesante: 309 i morti, diverse centinaia i feriti e circa 65 mila sfollati concentrati soprattutto nella città di L’Aquila e dintorni alloggiati momentaneamente in tendopoli, auto e alberghi lungo la costa adriatica.
Se la Commissione Grandi Rischi non dette l’allarme, per non scatenare il panico tra la popolazione, e su tale decisione sono ancora in atto procedimenti giudiziari, certamente gli interventi di primo soccorso alla popolazione furono tempestivi. Nella stessa mattinata del 6 aprile migliaia di volontari provenienti da tutta Italia facenti capo alla Protezione Civile, evidentemente all’armati per tempo, si erano già riversati nella conca aquilana.
Successivamente al sisma ed alla fase dell’emergenza abitativa si è aperto il problema della ricostruzione con la polemica tutta politica della gestione dell’emergenza che non ha giovato al bene comune.
A cinque anni dal terremoto la vita nel Centro Storico dell’Aquila non è ancora ripresa e la città appare un grosso borgo senza anima, senza DNA.
Tanto è stato detto e discusso, tanto si è criticato, la ricostruzione dell’Aquila è diventata un problema italiano, e le continue polemiche hanno presentato la situazione come uno sperpero di denaro pubblico, un cattivo esempio di ricostruzione. L’Immagine è quella di una città corrotta. La ricostruzione che non parte, ritardi burocratici, inchieste della magistratura, infiltrazioni mafiose (nei prossimi giorni sarà all’Aquila anche la commissione antimafia) sprechi e polemiche politiche a non finire. Tutto a danno della città. Spesso la ricostruzione aquilana viene messa a confronto con altre realtà simili dove sarebbero stati fatti interventi puntuali e nella giusta direzione. Forse all’Aquila si poteva fare meglio, ma la situazione aquilana non ha paragoni. Mentre la ricostruzione delle periferie si avvia alla conclusione, grosse problematiche si riscontrano per la ricostruzione dei centri storici. Il piano di ricostruzione dei centri storici del comune dell’Aquila incide su un territorio di più di 400 ettari, a forte densità abitativa, dove ricostruire non è solo un problema di risorse finanziarie, che pure esiste. Nei centri storici incidono forti problematiche di carattere urbanistico, edilizio, storico, architettonico. Gli interventi sono prevalentemente di conservazione e/o ripristino. Ovunque si pone un problema di ordine prioritario e di coordinamento dei diversi interventi nell’esecuzione dei lavori per la contestualità dei cantieri per la riparazione delle case, il rifacimento della rete dei sottoservizi, il recupero degli edifici e delle opere pubbliche.
Il comune dell’Aquila ha elaborato un Piano di Ricostruzione ed ha deliberato una procedura per il riconoscimento dei contributi basata su un nuovo modello parametrico per snellire e controllare le richieste di contributo in linea con la legislazione vigente. Le azioni per gli interventi nel centro storico sono dirette prioritariamente lungo l’Asse centrale “Villa Comunale” – “Fontana Luminosa” e progetti unitari che coniugano i tre obiettivi fissati dalla L. 77/2009: ripresa socio economica, rientro delle popolazioni nelle loro abitazioni, riqualificazione dell’abitato, lasciando ai Sindaci ed alle Amministrazioni gli strumenti e le metodologie più aderenti alla realtà del territorio per il perseguimento dei tre predetti obiettivi. Nell’intero centro storico si rileva un’alta concentrazione di edifici pubblici e vincolati che impone un grande sforzo sinergico tra tutti gli aventi causa, tecnici in primo luogo, Comune dell’Aquila e Ufficio Speciale per la Ricostruzione introdotto dalla Legge 134/2012. Per il completamento degli interventi, il comune dell’Aquila aveva preventivato un finanziamento di “un miliardo medio all’anno per cinque anni non negoziabile con un cospicuo anticipo per il 2013”. Le risorse disponibili che potranno essere assicurate dal Governo corrispondono alla metà di quanto preventivato con conseguente allungamento dei tempi della ricostruzione.
Il processo, quindi, è lento, ma esiste e va avanti. I numeri lo dimostrano: circa 200 i cantieri nel centro storico del capoluogo, 1500 nelle zone periferiche, oltre 11500 addetti occupati e 1400 imprese impegnate negli interventi edilizi della ricostruzione.
L’esigenza primaria resta quella di recuperare al più presto il tessuto sociale della città.
Traslando un auspicio dello scrittore aquilano Goffredo Palmerini riferito alla Perdonanza celestiniana, nel suo ultimo libro “L’Italia dei sogni”: “sarebbe proprio un altro miracolo di San Pietro Celestino se chi detiene i pubblici poteri, ad ogni livello, in luogo di reciproche accuse e polemiche a non finire, si provasse a trovare, in pace e con buona volontà, i sentieri del bene comune. Quel che serve all’Aquila e agli aquilani”.