Intervista di Giovanni Zambito
AGRIGENTO – Nell’ambito della prima edizione del “Kaos – festival dell’editoria, della legalità e dell’identità siciliana” di Montallegro (Agrigento) il magistrato Caterina Chinnici riceverà il premio “Gesti e Parole di legalità” per il libro che racconta la storia e gli insegnamenti del padre ucciso dalla mafia. Intitolato “È lieve il tuo bacio sulla fronte” e pubblicato da Mondadori (pagg. 144, € 16,50), racconta di quel tragico 29 luglio 1983 in cui la mafia fece esplodere in via Federico Pipitone a Palermo l’autobomba che uccise il giudice Rocco Chinnici, gli uomini della sua scorta e il portiere del palazzo dove il magistrato viveva insieme alla moglie e ai figli. Il giudice Chinnici viene ricordato come “l’innovatore e precursore dei tempi, che aveva intuito che, per contrastare efficacemente il fenomeno mafioso, era necessario riunire differenti filoni di indagine, comporre tutte le informazioni e le conoscenze che ne derivavano. Per farlo, riunì sotto la sua guida un gruppo di giudici istruttori: Paolo Borsellino, Giovanni Falcone e Giuseppe Di Lello. L’anno dopo la sua morte il gruppo prenderà il nome di pool antimafia”. Dopo tanti anni di silenzio, Caterina Chinnici, la figlia primogenita – a sua volta magistrato impegnato nella lotta alla mafia – ha scelto di ricordare il sacrificio del padre raccontando anche i momenti di vita familiare e spiegando come lei, i suoi fratelli e la madre abbiano imparato nuovamente a vivere dopo la strage e siano riusciti a decidere di perdonare, “l’unico modo per sentirsi degni del messaggio altissimo di un padre e un marito molto amato”. L’intervista di Giovanni Zambito.
In che maniera ha permesso al dolore di sedimentare dentro di lei accettandolo come condizione sempre presente?
La consapevolezza che mio padre viveva il suo lavoro di magistrato come un impegno di vita volto ad affermare i valori di legalità e giustizia e che non si sarebbe tirato indietro rispetto al rischio di sacrificare la propria vita, come purtroppo è avvenuto, ha portato me ed i miei familiari ad accettare il dolore determinato dalla sua morte così drammatica fino a considerare il dolore un compagno di vita che nel tempo si è trasformato in una grande forza.
La scrittura del libro che effetto ha sortito sul suo dolore?
Scrivere il libro mi ha portato a rivivere i diversi momenti della vita della nostra famiglia: dalla felicità, dalla serenità al dolore, attraversandone tutte le diverse fasi. Non è stato facile.
Bello ed evocativo il titolo: è il ricordo di un momento che lei ha fermato e cristallizzato?
Quel bacio lieve, appena accennato, sulla fronte era il saluto che papà ci dava anche da grandi; con quel gesto ci trasmetteva la sensazione rassicurante della sua presenza nella nostra vita.
Che ritratto viene fuori di Rocco Chinnici padre?
Rocco Chinnici è stato un padre affettuoso. Si prendeva cura di noi quando eravamo piccoli, fino ad arrivare ad inventare le favolette per tenerci buoni, ed ha continuato ad essere sempre presente nel nostro percorso di crescita nonostante il suo lavoro lo impegnasse per l’intera giornata. Ha saputo fare sentire ciascuno di noi figli amato in modo unico e speciale.
E come magistrato?
Rocco Chinnici è stato un magistrato di grande spessore professionale. Nel suo lavoro è stato un precursore. La conoscenza approfondita del fenomeno mafioso, maturata attraverso le sue indagini, lo ha portato a segnare un profondo cambiamento nella cultura giudiziaria, ad innovare la metodologia delle indagini attraverso la creazione di quello che dopo la sua morte si sarebbe chiamato “il pool antimafia”, a comprendere la necessità delle indagini sui patrimoni costituiti illecitamente avviando le prime indagini bancarie ed infine a sollecitare il cambiamento culturale portando soprattutto ai giovani testimonianza del suo lavoro e del valore della legalità.
Nel suo lavoro quale insegnamento tiene sempre presente?
Quello che ritengo sia il più importante insegnamento che mio padre con il suo esempio mi ha trasmesso: coniugare sempre il giusto rigore nell’applicazione della legge con la necessaria attenzione all’umanità della persona sulla cui vita la decisione del giudice va ad incidere e talvolta profondamente.
Che cosa manca secondo lei affinché il nostro Paese alzi del tutto la testa contro la mafia?
Dalla morte di mio padre ad oggi molto lavoro è stato fatto per far cambiare la cultura, ma si tratta di un percorso non ancora compiuto: occorre ancora lavorare per il cambiamento culturale in tutti i contesti, per affermare un’etica pubblica fondata sul principio di legalità e per creare, al tempo stesso, le condizioni per lo sviluppo socio-economico in tutte le aree del nostro Paese.
Un commento al premio che riceverà al Kaos Festival…
È un premio per me particolarmente significativo perché contiene in sè tutti i valori che hanno guidato l’impegno di mio padre e che sono fondamento di sviluppo e di crescita sociale: la cultura, la legalità e l’identità, l’identità siciliana, cioè le nostre radici, la nostra memoria, la nostra storia.
Caterina Chinnici (1954) è entrata in magistratura nel 1979, a soli 24 anni. Dopo aver svolto funzioni di pretore e aver maturato un’esperienza amministrativa presso il Ministero della Giustizia, è stata il più giovane magistrato nell’ambito nazionale a essere nominato capo di un ufficio giudiziario: dal 1995 al 2008 ha ricoperto l’incarico di procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni di Caltanissetta. Procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni di Palermo tra il 2008 e il 2009, ha poi fatto parte del governo della regione Sicilia come assessore della Famiglia, Politiche sociali e Autonomie locali. Nel 2012 è stata nominata capo del dipartimento per la giustizia minorile, ruolo che ricopre tuttora.