AMASENO: terra di emigrazione, custode del Sangue di San Lorenzo martire. Le annotazioni di Don Italo Cardarilli, Parroco di Santa Maria Assunta.

6 Novembre 2013
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di Tiziana Grassi e Goffredo Palmerini

«Tra i numerosi tesori di arte custoditi in questa splendida Chiesa di Santa Maria Assunta, realizzata secondo lo stile gotico-borgognone nel XII secolo e consacrata l’8 settembre 1177, è custodita un’ampolla in vetro che contiene una massa di colore bruno in genere rappresa. Nel documento pergamenaceo della Consacrazione della Chiesa, redatto in duplice copia, in lingua latina e in volgare – che riporta la cronaca di quell’evento e le persone presenti – si trova anche un elenco di reliquie presenti in quell’occasione. Ebbene tra queste insigni reliquie si legge in latino “De pinguedine sancti Laurentii Martyris”, e in volgare “Delle grassecze de santu laurentio martiru”. Il documento ci fornisce una notizia importante, e cioè che la Reliquia era presente nella Chiesa di Santa Maria nel 1177, tuttavia non sappiamo se era presente da quella data o già nella preesistente chiesa distrutta nel 1165, quando il Castrum Sancti Laurentii fu dato alle fiamme dall’esercito del Re di Sicilia su invito di Papa Alessandro III per riportare alla fedeltà pontificia coloro che avevano giurato sottomissione all’antipapa Pasquale III. Fino all’inizio del 1600 non si trovano particolari riferimenti a questa Reliquia. È solo sotto il pontificato di Paolo V (1605-1621) che si verifica un fatto prodigioso: nel giorno della festa del Santo, quella massa sanguigna si liquefa spontaneamente creando un certo scalpore. La notizia di questo fatto venne riferita al Papa che chiese di avere presso di sé alcune gocce di quel prezioso sangue.

La Liquefazione da allora si ripeté ogni anno nel giorno della festa del Santo Martire, tanto che Papa Clemente XIII, informato del fatto, il 2 aprile del 1759, con Bolla papale, definì quanto avveniva ad Amasenosegnalato prodigio”, concedendo alcuni privilegi alla stessa Collegiata e al Capitolo dei Canonici. Da allora, ogni anno il Prodigio si ripete, suscitando gratitudine e gioia nella comunità che sente San Lorenzo come un fratello che incoraggia nella fede verso il Cristo Salvatore. Rimanendo fedeli a quanto si osserva, questo fenomeno lascia stupiti sul processo di Liquefazione. Anzitutto va sottolineato che nessuno agita l’ampolla, per cui è da escludere che il contenuto sia una sostanza tissotropica, cioè una sostanza che, sollecitata, passa da uno stato ad un altro. Poi la Liquefazione avviene in genere in modo graduale, come nei giorni di festività del Santo, o alcune volte in modo repentino e veloce.

Quest’anno ho constatato che la Liquefazione ha avuto inizio il 31 luglio e ogni sera, aprendo il Reliquiario, si è potuta notare un’evoluzione del processo. In genere il massimo della Liquefazione avviene tra il nove e il dieci di agosto, per poi iniziare il processo inverso della solidificazione. Quando la sostanza è liquida, essa assume un bel colore rubino e presenta la massima trasparenza e mobilità; si distingue perfettamente il terriccio depositato sul fondo della fiala, come anche un brandello di pelle sospeso nella sostanza sanguigna e il grasso di colore giallo che galleggia in superficie. Il Prodigio è accresciuto dal fatto che l’ampolla non è perfettamente sigillata: questa infatti si presenta con una vistosa frattura del vetro sulla sommità che permette lo scambio gassoso tra l’interno e l’esterno della fiala. Da ciò consegue che la sostanza non è isolata e in ambiente asettico e pertanto, secondo le leggi scientifiche della natura, dovrebbe corrompersi o perlomeno alterarsi.

Dopo queste informazioni, utili per capire meglio il dono prezioso che conserviamo e quello accade tutti gli anni ad Amaseno, è con profonda gioia che posso dire che anche quest’anno si è ripetuto il Prodigio. È stata la prima volta che come responsabile di questa comunità cristiana ho vissuto in prima persona questo evento e devo dire che esso interpella e pone una serie di domande che riguardano soprattutto la vita spirituale. Quel sangue che man mano si scioglie divenendo rosso rubino, non subisce solo una trasformazione materiale, visibile con gli occhi, ma torna ad essere vivo e chiede conto, a ciascun fedele che lo guarda, della sua vita e di come la sta impiegando. Davanti a qual sangue che si liquefa, è necessario passare dalla curiosità alla responsabilità: contemplare quel Prodigio vuol dire, da credenti, interrogarsi sul senso che Cristo e la sua Parola hanno per me, per noi, sul significato della sua vita offerta per ciascuno di noi. San Lorenzo, e i martiri di ogni tempo, sono arrivati a donare la loro vita solo perché avevano compreso che questo atto non era un perdere, ma un guadagnare tutto; era il diventare seme di una Speranza efficace che avrebbe generato nuovi fratelli alla fede.

Credo che il vero senso del Prodigio sia da leggersi nella prospettiva del dono: è solo così che si comprende la gratuità e la grandezza del segno che possediamo. San Lorenzo ci vuole bene e, ancora una volta, ci offre un segno della sua amicizia, invitandoci a una condotta di vita sempre più conforme al Vangelo. Contemplare il suo Sangue non è solo essere testimoni di un fatto straordinario, ma implica una conversione interiore a Cristo e un’attenzione sempre più evangelica verso chi è nella necessità. San Lorenzo è il diacono della Chiesa e il servitore dei poveri, egli ci spinge a vivere Cristo nella vita sacramentale e a divenire solidali con chi vive nel bisogno, come ci ricorda Papa Francesco. Il Sangue di San Lorenzo si scioglie per incoraggiarci a far sciogliere i nostri cuori, passando dall’egoismo alla vera Carità. Spesso chiediamo grazie a San Lorenzo, ma fermiamoci un istante e ascoltiamo cosa lui ci chiede. Egli ci chiede di aprire il cuore e di volgerci a Dio con amore lasciandoci infiammare dallo Spirito e abbattendo il muro dell’egoismo per divenire significativi nei luoghi in cui operiamo».

Il culto dei Santi nelle terre di emigrazione. Devozione e appartenenza nell’altrove.

Ancora Don Italo Cardarilli ci guida in un ampliante percorso geografico e spirituale: «Anche Amaseno, come molti luoghi italiani, è stata terra di emigrazione nel secolo passato. Molti concittadini hanno lasciato affetti, case, per andare a cercare un po’ di fortuna all’estero. Hanno lasciato tutto, ma hanno portato con loro quello che di più prezioso possedevano: i loro Santi, i riti di sempre, capaci di custodire e mantenere viva la loro appartenenza alla propria terra. Gli emigranti che partivano erano pieni di speranza che serviva a colmare i vuoti che si lasciavano alle spalle; erano capaci di perdere tutto, ma non la loro fede, segno di una radice comune che li legava strettamente gli uni agli altri e alle proprie origini. Il culto dei Santi protettori li rassicuravano sul futuro incerto; e quando avevano provveduto a stabilizzarsi, provvedevano a riprodurre in terra straniera le stesse usanze e tradizioni del paese di origine. Un legame ancestrale che faceva da ponte tra la nuova terra e la vecchia patria di origine. È così che non si è mai affievolito il legame tra gli emigranti e coloro che sono rimasti in paese, e chi poteva cercava – e ancora cerca – di tornare in paese proprio in occasione delle feste patronali. Anche gli amasenesi, emigrando in America, hanno portato con loro la devozione a San Lorenzo, e anche se nel giorno della sua festa i cuori palpitano nella malinconia di non poterlo festeggiare nella terra natìa, tuttavia l’immagine del Santo tra di loro li conforta e li raduna insieme. Quel Sangue del Martire venerato ad Amaseno unisce vicini e lontani nella comune devozione.

Il fenomeno della religiosità popolare vissuta nelle terre di emigrazione è davvero interessante: i Santi “importati” dalle terre di origine aiutano a conservare una certa identità sociale e a cementare i rapporti reciproci tra le diverse comunità. Si tende a ‘ricopiare’ la festa così come la si celebrava in paese: si fanno copie perfette delle immagini dei Santi della terra-madre; si ripetono gesti e riti antichi e spesso si manda un contributo economico in paese per rendere visibile il legame tra gli emigrati e i cittadini residenti. A proposito di questa partecipazione economica degli emigrati all’estero, era usanza fino a qualche anno fa di leggere davanti alla folla dei fedeli, alla fine della processione, i nomi degli offerenti proprio a indicare la loro vicinanza in quel particolare momento.  Qualche anno fa sono stato a Toronto dove vivono alcune comunità italiane oriunde della Ciociaria ed è stato emotivamente forte vedere le celebrazioni per i loro Santi che conservavano il sapore delle feste di paese: hanno riprodotto le immagini per sentirsi una cosa sola con i cittadini del paese di origine, hanno insegnato ai figli le tradizioni delle origini e hanno inculcato ai figli la devozione per i Santi patroni. E’ un grande patrimonio culturale che passa attraverso le generazioni. Credo che nonostante la globalizzazione, ci siano delle realtà che restano identitarie di un popolo e per questo vanno difese e alimentate. Il culto dei Santi forse resta una di queste realtà che continua a unire terre lontane e a far sentire le persone unite anche se distanti migliaia di chilometri. Ma ci sono legami così profondi, come quelli che uniscono gli amasenesi, che vanno ben oltre il tempo e lo spazio».

 

Legami che vanno oltre il tempo e lo spazio: la testimonianza di Guerrino Blasi.

E’ interessante qui riportare la testimonianza di Guerrino Blasi, emigrato a Parigi, sul rapporto che egli intrattiene con Amaseno. «Sono andato via da Amaseno a 21 anni, era il 1972. La destinazione doveva essere il Canada, esattamente Niagara, dove viveva un ceppo della mia famiglia. Passai da Parigi a salutare mia madre, Silvana Blasi, famosa vedette delle Folies Bergère, attrice di teatro che, insieme a mio padre, Bruno Berri, ha lavorato con grandi attori come Vittorio Gassman, Renato Rascel, Raimondo Vianello, Ugo Tognazzi, Alberto Sordi. Mia madre volle darmi la possibilità di conoscere l’affascinante mondo dello spettacolo, un mondo che fino ad allora avevo conosciuto solo attraverso la stampa! Con lei toccai, respirai quel clima così seducente, stimolante, brioso. Parigi mi prese! E decisi di restare lì, senza proseguire il mio viaggio migratorio verso il Canada. A Parigi iniziai a lavorare come agente di viaggio, e grazie a questo lavoro potei conoscere tutto il mondo. Da allora è passata una vita, ma Amaseno rimane sempre il mio baricentro interiore, il luogo in cui mi sento “a casa”, il luogo dell’infanzia e dei ricordi felici, il luogo dove da 40 anni torno almeno 3 volte all’anno. Amaseno il luogo che amo, che sento di più, pur non essendo nato qui.

 Sono nato a Roma, ma mia madre, dopo la mia nascita, dovette andare a Parigi per lavoro. Si prese amorevolmente cura di me una balia, una nutrice meravigliosa, “mamma Gentilina”, una di quelle “balie ciociare” che allattavano e spesso crescevano i figli degli altri, un uso molto frequente in passato, un vero lavoro, che spesso è servito a tante donne per sopravvivere anche nei Paesi di emigrazione. E’ grazie a lei che venni piccolissimo ad Amaseno, e qui trascorsi l’infanzia, l’adolescenza, la giovinezza. Il mio legame profondo con questo luogo nasce dunque da molto lontano, da un’infanzia molto piacevole che ricordo con tenerezza, anche se all’epoca si mangiava poco e male, ma si viveva felici. Noi eravamo felici per quel clima amichevole che si respirava, ricordo che noi da ragazzi non tornavamo mai a casa a pranzare perché c’era sempre la famiglia di un amico che ci ospitava, e questo ha creato legami molto forti, che diventano fondamenta. Noi eravamo felici per la generosità della gente, che a tutt’oggi non è mai venuta meno. Poi le strade si sono divise, alcuni amici sono emigrati in Germania, altri in Svizzera o in Canada, ma è sempre una grande emozione ritrovarsi qui d’estate, immancabilmente, ogni anno. Ma è altrettanto emozionante ritrovare gli amici che sono rimasti al paese, che sono i veri amici di sempre.

 La nostalgia accompagna sempre tutti noi, sia chi è restato e ha visto tanti emigrare, sia chi è partito, tutti la proviamo. Ma è nostalgia anche per i vuoti, per un altro tipo di distacchi … perché ogni volta che torno ad Amaseno c’è sempre qualche anziano che ci ha lasciato, qualche anziano che quand’ero piccolo mi ha accolto con affetto alla sua tavola. Oggi non ci sono più, ed è una ferita. Ma c’est la vie!, anche se è molto triste, e per certi versi spaesante, perché non è facile abituarsi al venir meno dei punti di riferimento che hanno accompagnato e plasmato il nostro modo di essere. Io ho viaggiato per lavoro in tutto il mondo, ma Amaseno mi ha sempre richiamato per le tradizioni che non ho più trovato altrove. Sono consapevole di vivere un profondo senso dell’italianità che ritrovo all’estero tra i tanti oriundi, tra coloro che difendono quelle poche tracce di lingua nativa che hanno ricevuto in famiglia. Ne ho incontrati molti nei miei viaggi in Argentina, a Bariloche, alle Bahamas, ed ogni volta che vedo una “pizzeria Vesuvio”, o l’eco di qualche parola pronunciata in italiano, è sempre un sobbalzo. Il senso di appartenenza fa parte di noi che siamo emigrati, soprattutto tra la gente del Centro Sud, che viviamo in modo molto forte il “sogno del paese”.

 Oggi che sono prossimo alla pensione mi pongo spesso la domanda se lasciare Parigi e tornare a vivere stabilmente qui ad Amaseno. Da qualche anno vivo questo conflitto tra me e me. Sicuramente quando avrò sistemato i miei figli a Parigi con un lavoro più stabile, penserò a questa eventualità. Forse sceglierò una soluzione intermedia, che mi permetta di stare alcuni mesi in Francia e molti mesi ad Amaseno. Chi è emigrato vive questo dualismo interiore tra i luoghi che ti hanno cresciuto e i luoghi in cui sei diventato uomo. Intanto mi accontento di restare in contatto con tutti i miei compaesani attraverso la Rete; è molto importante mantenere vivi questi legami attraverso internet, attraverso il sito www.amaseno.it, che permette di farci sentire legati con il paese nonostante le distanze. Ed è bello la sera, dopo una giornata di lavoro, sedersi alla scrivania e, grazie a internet, poter vedere, e condividere, le foto dei propri compaesani che si sposano, che organizzano feste di compleanno, che si ritrovano. E’ importante, per me che sono a Parigi, ma anche per tanti amasenesi che sono ancora più lontani, oltreoceano, poterci sentire comunque una comunità, e rivedere gente conosciuta tanto tempo fa. E’ un ritrovarsi, al di là del tempo e dello spazio che certo non potranno mai riuscire a sciogliere i legami e le radici di una vita. Che è tutto lo straordinario patrimonio umano e interiore che Amaseno ci ha dato».

Le ricchezze e le sorprese della provincia italiana

 Finisce qui questa tappa del nostro viaggio nella sterminata terra di provincia italiana, il più delle volte sconosciuta ai più, per l’infausta ventura di restar fuori dai circuiti turistici che le agenzie italiane ed ancor più straniere s’affannano a costruire sulle tappe solite: Roma, Firenze, Venezia, Napoli e così via. Straordinario il Belpaese, non solo per quanto sa incantevolmente mostrare con la Basilica di San Pietro e il Colosseo, con il Duomo e Palazzo Vecchio, con la Basilica di San Marco e il Ponte di Rialto, con il Maschio Angioino e Castel Sant’Elmo, ma anche con quanto custodisce in preziosità architettoniche, opere d’arte, tradizioni locali e singolarità, nella sua provincia più profonda. Un immenso baule di tesori e bellezze, un crogiuolo di culture, tradizioni e costumi che affondano le radici nella storia millenaria del nostro Paese. Questo, a piene mani, si coglie appena decidiamo d’andare “fuori porta”, lasciandoci intrigare dalla curiosità di conoscere l’ignoto della provincia d’Italia, piuttosto che la consuetudine delle capitali del turismo. Questo di Amaseno è un esempio illuminante di quanto celi il Belpaese, così seducente quando lo scopriamo. E, come Amaseno, una miriade di piccoli centri della nostra provincia, dalla cui conoscenza possiamo ricavare de visu la consapevolezza di quale immenso patrimonio d’arte, storia e cultura sia depositaria l’Italia, conservandone quasi i due terzi dell’intero pianeta. Un patrimonio straordinario sul quale, purtroppo, non abbiamo ancora la sapienza d’investire come la più grande e incommensurabile opportunità del nostro sviluppo, come il maggior cespite per la nostra economia. Il racconto di questo viaggio nella provincia sconosciuta, ad Amaseno, è un piccolo tassello utile almeno ad alimentare la curiosità di conoscere, la seduzione del bello “ignoto”, l’avventura nei luoghi – magari a quattro passi dalla nostra città – che possono riservarci sorprendenti sorprese di bellezze e di valori d’arte. Buon viaggio, allora, nella grande provincia italiana.

 Foto di Adriano Capua

Per chi volesse saperne di più sulla Venerazione del Sangue di San Lorenzo in Amaseno: www.sanlorenzoamaseno.it

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