“Morsi è Mubarak” questo il grido che si è alzato in piazza Tahrir per protestare nei confronti del presidente Morsi che con decreto presidenziale si è attribuito ampi poteri tanto da rendere ogni sua decisione inappellabile ed immediatamente esecutiva, sminuendo nel contempo l’autorità della Magistratura, unica istituzione indipendente in Egitto. Uno dei quattro consiglieri presidenziali, Morcos, copto, ha annunciato le dimissioni.
Tornano gli scontri, dunque, nella piazza simbolo della protesta che ha portato alla destituzione di Hosni Mubarak. Manifestanti hanno appiccato il fuoco a tre sedi del partito Giustizia e Libertà, il braccio politico dei Fratelli Musulmani a cui appartiene Morsi, nelle città lungo il canale di Suez, Ismailiya e Port Said. La protesta ha interessato anche i magistrati di Alessandria, la seconda città dell’Egitto, che hanno annunciato lo sciopero totale a oltranza.
A sostegno di Morsi hanno manifestato i fratelli Musulmani.
“Lavoro per la stabilità economica e sociale e per il passaggio dei poteri”, “Nessuno può fermare la nostra marcia, siamo una nazione fragile e io agisco per amore di Dio e del Paese”, ha dichiarato il presidente Morsi che nei giorni scorsi si è reso protagonista per la positiva mediazione del cessate il fuoco a Gaza. Morsi potrebbe agire con il consenso degli Stati Uniti preoccupati non tanto della situazione a Gaza quanto di quella in Siria. Facendo leva sul bisogno dell’Egitto di urgenti aiuti economici Washington cerca di costruire un’alleanza sunnita anti Assad, alawita con indispensabili legami sciiti, legato a filo doppio all’Iran, come i pericolosi Hezbollah che tengono in ostaggio il Libano.
Di certo nella difficile situazione in Egitto si evidenzia la forza dell’opposizione capace di mobilitare le masse per manifestare contro il presidente che, in futuro, dovrà guardarsi bene dal prendere nuove decisioni impopolari.