la Siria, paese a maggioranza sunnita ma dominato da anni dalla minoranza alawita, d’orientamento sciita, profondamente radicata in tutti i centri politici, economici e militari del paese, è diventata l’epicentro della lotta di potere per l’egemonia del Medio Oriente.
Gli interessi in campo sono tanti e diversificati e questo permette, al momento, di non trovare alcuna soluzione politica alla crisi e ad Assad di rimanere saldamente al potere.
Tra i principali protagonisti che tentano di aggiudicarsi la partita vi sono da una parte i Sunniti, guidati dall’Arabia Saudita e dall’altra i gruppi Sciiti sostenuti dall’Iran. Nella lotta al potere cercano di inserirsi i radicali di diversa tendenza ivi compresa al Qaeda. Per l’Iran La sconfitta di Assad determinerebbe la perdita del controllo dei territori che vanno dal Libano all’Iraq, non è un mistero che l’Iran attraverso la Siria finanzi il movimento sciita
libanese Hezbollah in funzione anti-israeliana.
Arabia Saudita, Qatar, Turchia e Iraq hanno i loro interessi a controllare la crisi e l’espansione della “primavera araba” che in qualche modo potrebbe far coalizzare le minoranze agenti all’interno dei loro territori, quella curda in particolare.
Alle problematiche regionali si inseriscono la Russia, da sempre sostenitrice di Assad la cui sconfitta farebbe perdere a Mosca una posizione di notevole interesse strategico e la Cina che insieme alla Russia vanta partership commerciali di lunga data con la Siria.
Per Israele, Assad, anche se alleato del peggior nemico (almeno sulla carta) dello stato ebraico ovvero l’Iran, ha garantito lo status quo nelle “Alture del Golan”, territorio siriano sotto controllo israeliano il cui possesso garantisce una posizione chiave per il dominio dell’intera area.
Occorrerebbe una maggiore incidenza della Comunità Internazionale con l’ONU in prima linea, ma le misure proposte non trovano la forza per essere ascoltate. Gli USA, al momento alle prese con le elezioni presidenziali, mantengono una posizione defilata. Anche se in una nota, il Ministero degli esteri russo si è così espresso: è pubblicamente risaputo che Washington è al corrente della fornitura di diversi tipi di armi ai gruppi armati illegali che agiscono sul territorio siriano. Non solo, ma gli Stati Uniti assicurano il coordinamento e l’assistenza logistica a queste forniture.
Al momento, quindi, il presidente Assad ha buon gioco nella sua azione repressiva e anche la sua caduta non risolverebbe tutti i problemi dell’Area.
La tregua, propugnata, quattro giorni fa, dall’inviato dell’ONU Lakhdar Brahimi è stata violata al suo primo giorno di applicazione, almeno 146 persone sono morte ieri. Entrambe le
parti si accusano di violare le condizioni del cessate il fuoco.
Si valuta che circa 200 siriani muoiono giornalmente nella guerra civile.