Il ruolo dell’Italia nelle missioni internazionali è stato il tema di un convegno che si è svolto a Roma il 25 settembre u.s., presso la nuova aula del Palazzo dei Gruppi Parlamentari, organizzato dallo IAI (Istituto Affari Internazionali) e dall’ISPI (Istituto per gli Studi di Politica Internazionale). L’argomento è stato l’introdotto dal presidente della camera Gianfranco Fini mentre il ministro della Difesa Giampaolo Di Paola ha chiuso i lavori.
Al convegno hanno presenziato i Capi di Stato Maggiore di Forza Armata e le varie sessioni sono state illustrate da docenti universitari, ambasciatori, generali e presidenti di commissioni parlamentari.
L’iniziativa, il cui obiettivo era approfondire come va ripensato lo strumento delle missioni internazionali nel contesto globale attuale, cercando di rispondere alla domanda su che ruolo l’Italia vuole e può svolgere a livello internazionale, ha visto la partecipazione di numerosi esperti e studiosi del settore.
Gli argomenti trattati sono stati i seguenti:
– Italia e Nato nelle missioni internazionali
– Lo scenario internazionale tra instabilità e aree di crisi
– Il ruolo e l’interesse italiano nel mantenimento della sicurezza internazionale
– Italia e Unione Europea nelle missioni internazionali
– La partecipazione italiana alle missioni internazionali:criteri e priorità
– L’adeguamento dello strumento militare tra nuove esigenze operative e risorse disponibili.
Vorrei riportare alcuni punti di riflessione scaturiti dai vari interventi e che ritengo di interesse generale:
1. Nel tema del convegno si fa riferimento a missioni internazionali e non più a missioni di pace, infatti l’impegno delle nostre forze armate all’estero diventa con il passare degli anni ed anche a causa dell’inasprimento dei conflitti sempre più “muscoloso” così lo ha definito Staffan de Mistura, Sottosegretario di Stato agli Affari Esteri che tra l’altro ha anche auspicato un ritiro dall’Afghanistan prima del 2014;
2. Missioni e Cooperazione Internazionale hanno sempre rappresentato, a partire dagli anni Ottanta, un punto fermo della politica estera italiana, contribuendo a sostenere l’azione diplomatica e ad elevare il rango internazionale dell’Italia;
3. Il ruolo dell’Italia si è sempre più affermato ottenendo recentemente il comando della missione UNIFIL in Libano e per due volte in Kosovo; peraltro l’Italia è al sesto posto tra i Paesi che più contribuiscono a finanziare le missioni ONU con il 5% dei contributi totali. La nostra partecipazione sempre più apprezzata ci ha in qualche modo sottratto al peso della sconfitta del secondo conflitto mondiale ridando alle nostre forze armate credibilità ed all’Italia un rango, inteso come prestigio, di tutto rispetto;
4. Il futuro delle missioni è legato all’interventismo americano che sicuramente diminuirà nei prossimi anni e pertanto saranno altre Nazioni a prendere l’iniziativa ed a questo nuovo scenario anche l’Italia si dovrà adeguare, già un intervento in Siria, se ci sarà, si differenzierà dal passato anche perché è coinvolto un Paese membro della Nato: la Turchia;
5. Il rischio da evitare è che le Forze Armate vadano a “cercarsi” le missioni, infatti con l’impegno fuori area il nostro esercito ha potuto usufruire di contributi in termini finanziari straordinari che gli hanno permesso di rinnovarsi e mantenere il passo con gli altri eserciti europei. Peraltro, la partecipazione alle missioni internazionali sarà sempre più determinata dalla capacità dei Governi di finanziarle, infatti, il presupposto ad una nostra partecipazione fuori area è il mantenimento di uno strumento efficiente ed efficace che con i tagli al bilancio della Difesa recentemente approvati difficilmente potrà essere mantenuto al livello attuale.
Il convegno è iniziato alle nove del mattino ed è terminato alle sei di sera con una breve sosta per il pranzo; l’attenzione non è mai venuta meno e l’aula è sempre stata gremita a testimonianza dell’importanza degli argomenti trattati.
Carlo Luciani