UNA SENTENZA (CERCHIOBOTTISTA) CHE NON LASCIA PIU’ DUBBI
La sentenza 2/2012/QM della Corte dei Conti a Sezioni Riunite in sede Giurisdizionale
è un quadro d’autore. Come si suol dire “olio su tela” che richiama lo stile aggressivo del Caravaggio da un lato e la dolcezza del Leonardo dall’altro.
Ed in quanto tale dovrebbe essere commentata da un critico d’arte.
Il giudizio prende le mosse nientemeno che da un “amministratore di sostegno” patrocinato da due legali del Foro romano che impugnano un provvedimento di recupero di un indebito pensionistico formatosi dopo un periodo di tempo definito addirittura “abnorme”.
Parte attrice pone un quesito del seguente tenore: “se lo spirar del termine regolamentare per l’adozione del provvedimento pensionistico definitivo muti o meno il rapporto fra il privato e Amministrazione e privi questa della possibilità di ripetere le somme indebitamente erogate, facendo sorgere in capo al privato un potere oppositivo, avuto riguardo alla buona fede del medesimo, all’apparenza e al lungo decorso del termine”.
In proposito è stato rilevato un contrasto interpretativo definibile “orizzontale” per cui si è reso necessario un elemento chiarificatore ed evitare l’eventuale affermarsi di un nuovo orientamento con comprensibile sconcerto interpretativo all’interno della Corte, tra gli operatori del diritto e, non da ultimo, tra i cittadini.
Nell’evoluzione giurisprudenziale “tiene banco” la sentenza 7/2007/QM che si basa in toto su tre pilastri:
– il principio dell’affidamento;
– il principio della buona fede;
– il decorso del tempo.
In tale contesto non può ignorarsi l’art. 2 della L. 241/90 in cui superati i limiti, l’Amministrazione sarebbe impossibilitata a procedere al recupero dell’indebito. Dall’altra parte è noto che è esclusa la possibilità che la Pubblica Amministrazione possa perdere il diritto inesauribile dell’esercizio della funziona amministrativa.
E’ stato necessario pertanto conciliare i citati tre “pilastri” e l’obbligatorietà del recupero, tant’è che l’art. 162 del T.U. 1092/1973 non preclude la ripetibilità dell’indebito pensionistico. Principio normativo fondato sull’art. 2033 cod. civ. che impone il diritto dovere dell’Amministrazione di recuperare le somme erogate in più del dovuto.
Va da sé che la Magistratura contabile nell’espressione delle Sezioni Riunite in sede giurisdizionale ha dovuto necessariamente contemperare un contrasto di notevole portata che si trascina da decenni con alterne sentenze pro e contro il pensionato.
Le Sezioni Riunite, nel riconoscere all’Amministrazione il diritto dovere di modificare il decreto concessivo di pensione provvisoria (principio mai contestato) e di procedere, in sede di conguaglio al recupero delle somme indebitamente erogate a titolo provvisorio, non possono non considerarsi nel “RAPPORTO PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E CITTADINO” la situazione giuridica di legittimo affidamento, fondato sull’assenza di dolo e sulla buona fede del percipiente, oltre che sul lungo decorso del tempo.
Va sottolineato, continua la Corte, che il principio dell’affidamento costituisce elaborazione della giurisprudenza comunitaria a cui fa esplicito rinvio la L. 241/90 come modificata dalla L. 15/2005 che afferma espressamente che l’attività amministrativa è retta dai principi dell’ordinamento comunitario, fra i quali emerge sicuramente quello dell’affidamento.
La Corte dei Conti a Sezioni Riunite in sede giurisprudenziale, con “un colpo al cerchio e l’altro alla botte”, conclude:
“Lo spirare di termini regolamentari di settore per l’adozione del provvedimento pensionistico definitivo non priva, ex se, l’Amministrazione del diritto-dovere di procedere al recupero delle somme indebitamente erogate a titolo provvisorio; sussiste peraltro, un principio di affidamento del percettore in buona fede dell’indebito che matura e si consolida nel tempo, opponibile dall’interessato in sede amministrativa e giudiziaria. Tale principio va individuato attraverso una serie di elementi quali il decorso del tempo, valutato con riferimento agli stessi termini procedimentali, e comunque nel termine di tre anni ricavabile da norme riguardanti altre fattispecie pensionistiche la rilevabilità in concreto, secondo l’ordinaria diligenza dell’errore riferito alla maggiore somma erogata sul rateo di pensione, le ragioni che hanno giustificato la modifica del trattamento provvisorio e il momento della conoscenza, da parte dell’Amministrazione, di ogni altro elemento necessario per la liquidazione del trattamento definitivo”.
Vincenzo Ruggieri
“E QUINDI USCIMMO A RIVEDERE LE STELLE”