In “Pallone criminale” gli autori Ferraris-Di Meo spiegano come le mafie hanno messo le mani sul calcio italiano
Andare a vedere una partita allo stadio, soprattutto a Napoli, può diventare un’esperienza assai rischiosa. Lo rivelano i pentiti Emiliano Zapata Misso e Giuseppe Misso jr a proposito dei rapporti, tutt’altro che innocenti, tra le frange più estremiste del tifo organizzato e i boss della camorra. E’ una delle tante rivelazioni di “Pallone criminale” un libro da poco uscito (Ponte alle Grazie editore) dove i due autori i giornalisti Gianluca Ferraris e Simone Di Meo, attraverso interviste e retroscena mettono in luce la penetrazione delle mafie nel calcio italiano. “Le ragioni fondamentali dell’interesse malavitoso per il calcio sono due, dichiarano in un’intervista a www.fattitaliani.it. La prima si chiama riciclaggio… e poi il consenso del territorio: essere nel calcio, per un clan, significa stringere mani, suggellare nuove alleanze, fare affari, incrementare il proprio prestigio e allargare a macchia d’olio la propria sfera di influenza”. E continuano: “Oltre ai soldi, il pallone e la criminalità organizzata hanno purtroppo un altro elemento in comune: la profonda omertà che regna al loro interno, soprattutto nelle categorie inferiori e in alcune aree del Sud”. Nel volume sono presenti dati importanti come l’elenco di tutte le partite incriminate finite nel mirino delle procure italiane dal 2009 a oggi e quello dei precedenti scandali, in Italia e nel resto del mondo.
Oltre alla Procura di Cremona, anche quelle di Bari e Lecce sono protagoniste di indagini sullo sport più amato dagli italiani: la prima per svelare gli artifici con cui la «banda Masiello» truccava le gare di serie A (compreso il derby Bari-Lecce) e i meccanismi di riciclaggio del denaro sporco, la seconda nel monitorare la penetrazione dei capitali mafiosi nelle società dilettantistiche.