ENTRI NEL COMUNE AQUILANO LA SOBRIETA’ INVOCATA DAL PRESIDENTE NAPOLITANO
di Amedeo Esposito
E’ una brutta pagina dell’Aquila quella che, senza alcun riguardo per la sobrietà tanto invocata dal Presidente Napolitano, si va scrivendo, anzi gridando sul “piano della ricostruzione” della città, approvato a suo tempo dal Consiglio comunale e presentato al Ministro Barca perché ne prenda atto o lo rinvii all’organo che l’ha adottato.
I certi redattori di questa brutta pagina sono, in particolare, due esponenti della nuova minoranza consiliare: Giorgio De Matteis e Mimmo Srour, il primo apprezzato medico, il secondo ingegnere venuto da lontano, i quali hanno tacciato la totale passata amministrazione civica, Sindaco in testa, di “cialtroneria”: “vizio di essere trasandato o comportarsi in modo privo di serietà e correttezza nei rapporti umani”, secondo il Devoto-Oli.
Va detto che i due esponenti dell’attuale amministrazione civica, continuando sulla scomposta diatriba che ha superato, per toni e sconcerto degli elettori tutti, anche le più “vivaci” competizioni elettorali del decennio di Biagio Tempesta, hanno fatto da megafono alle critiche che al “piano di ricostruzione” ha mosso il prof. Giuseppe Centauro, responsabile scientifico del dipartimento di costruzioni e restauri dell’Università di Firenze.
Quest’ultimo, infatti, ritiene inopportuno “l’aver infilato uno studio fatto da studenti universitari (i suoi, ovviamente), in un piano di ricostruzione di una città terremotata come L’Aquila”.
Però le carte inviate al comune aquilano dicono che lo studio, ignorando gli universitari, è stato fatto dal dipartimento universitario di cui il prof. Centauro è responsabile scientifico.
Di due l’una: o lo studio è degli universitari, e quindi poco credibile, o è del dipartimento dell’Università fiorentina, e quindi validissimo.
Comunque sia, lo stesso prof. Centauro ha richiesto un compenso di due milioni di euro, ridotti poi ad un milione, per continuare la ricerca.
Certo, è lontanissima secoli quella via che dall’Aquila giungeva a Firenze, e viceversa, lungo la quale transitarono lane, sete e capitali, nella più possibile armonia.
Ed è a questa via (ora solo ideale) che dovrebbe continuare la grande apertura dell’Aquila terremotata all’Università di Firenze, senza giungere agli estremismi dei Componenti della minoranza comunale, degradando la loro funzione di giudici di chi ha governato e dei programmi di chi aspira a guidare la ricostruzione della città, in quella di partigiani intolleranti di opposte fazioni, a tutto intente meno che al bene comune.
Due domande:
a) si può giustificare la richiesta di dimissioni del sindaco Cialente e dell’assessore Di Stefano, partendo dalle critiche – quanto fondate è tutto da verificare – del nominato prof. Centauro?
b) possono valere la futura ricostruzione del centro storico della città i due milioni di euro (o un milione) di cui parla il Docente dell’Università fiorentina?
Suvvia, si torni alla sobrietà e alla serietà dell’aristocrazia amministrativa, sorta dopo la seconda guerra mondiale, per seguirne gli insegnamenti perché L’Aquila, come merita, si rialzi e viva il suo Rinascimento del terzo millennio.