per non dimenticare
Nel mese di dicembre 1972 la notizia veniva data ufficialmente dal quotidiano torinese “la Stampa”.
“Saranno gli alpini della Scuola Militare di Aosta a misurarsi con l’Everest nel 1973 per celebrare la prima vittoria dell’uomo sul tetto del mondo”.
Alla SMALP (Scuola Militare Alpina e dal 1998 Centro Addestramento Alpino) a suo tempo detta anche “Università della Montagna” dove chi scrive prestava servizio, si cercava di mantenere un certo riserbo. Però i preparativi c’erano.
Comandava il prestigioso Istituto il Generale Massimo Mola di Larissè. Capo di Stato Maggiore l’allora Ten. Col. Luigi Cappelletti. La SezioneEverest, creata per l’occasione, fu affidata al Ten. Col. Giuseppe Pistono, (Pepito per gli amici) che doveva curare l’acquisizione di tutto il materiale himaliaiano di ogni tipo necessario alla bisogna.
Gli uomini non mancavano.
Spiccavano fra questi l’allora Capitano Stella, il Mar. Tamagno, il Mar. Epis, il Serg. Magg. Debenedetti. Si aggregarono successivamente ufficiali e sottufficiali delle altre cinque Brigate Alpine nonché Ufficiali dell’Arma dei Carabinieri (Cap. Innamorati). Impreziosivano la squadra i militari della Pubblica Sicurezza della Marina, della Guardia di Finanza e della Guardia Forestale.
L’iniziativa della spedizione venne al noto esploratore ed alpinista Guido Monzino. La spedizione doveva avvenire – come da permesso rilasciato dal Governo Nepalese – nel periodo gennaio/giugno 1973 e di cui avrebbero dovuto far parte , oltre che alpinisti e scienziati civili, qualificati rappresentati di tutte le Forze e Corpi Armati dello Stato.
La caratteristica della spedizione prevedeva esclusivamente rappresentanti delle Forze e Corpi Armati per la parte alpinistica, mentre veniva affidata ai civili l’impianto ed il funzionamento di un laboratorio scientifico di alta quota. Faceva parte della spedizione un nucleo elicotteri, in organico alla Scuola Militare Alpina, comandato dal Colonnello De Zuani ed un nucleo scientifico/sanitario presieduto dal Prof. Cerretelli, docente di Fisiologia all’Università di Milano.
Facevano parte della spedizione 53 militari di cui 32 dell’Esercito, 3 della Marina Militare, 6 dell’Aeronautica Militare e 2 cileni scelti dal Capo della spedizione Dott. Monzino. Verso la fine del mese di dicembre 1972 la fase organizzativa fu compiuta e l’11 gennaio dell’anno successivo il programma della spedizione fu illustrato alla stampa. Il trasferimento di ben 110 tonnellate di materiali da Cameri a Kathmandu fu effettuato con 10 voli di C-130.
I materiali pesanti furono trasportati con gli elicotteri a Lukla a m. 2.800 di quota. Da Lukla il 14 febbraio partiva una carovana per Pheriche a quota 4.243 metri. La marcia fu ostacolata da condizioni atmosferiche avverse ed abbondanti nevicate. Tale circostanza fece diminuire il numero dei portatori da 600 a 150. Cosa questa che costrinse gli elicotteristi ad un gravoso ed improvviso impegno.
Il 13 marzo fu raggiunta quota 5.151. Il 26 marzo il gruppo guidato dal Cap. Stella e composto dal Cap. Tancon, dal Ten. dell’A.M. Ferrante, dal Serg. Rossi e dal Vigile Urbano di Milano Polo, attaccava per l’allestimento del Campo “uno” a quota 5.900. In tale circostanza ci fu il primo contatto con il famoso ghiacciaio “Ice Fall” che, come noto, ha sempre costituito uno dei maggiori ostacoli per le scalate all’Everest. Il 27 marzo, una cordata guidata dal Mar. Tamagno installava il Campo Uno a quota 6.157. Facevano parte di questo gruppo il Sottotenente Cappon, i Sergenti Maggiori Ragazzi, Trentarossi e Vallata, il Caporal Magg. Tauber,la Guadia di P.S. Vanzetta e l’Alpino Dotti. Il 29 marzo veniva attrezzato il Campo Due a quota 6.450. Il 10 aprile veniva allestito il Campo tre a quota 6.930 e sei giorni dopo il Campo quattro a quota 7.450 dove il laboratorio di fisiologia aveva appurato che i componenti la spedizione avevano perso solo il 25% della loro potenza rispetto a quella rilevata in Italia. Il 17 aprile un elicottero è costretto ad atterrare fortunosamente a causa di una improvvisa turbolenza. Il violento impatto rende fuori uso il mezzo. Fortunatamente illeso l’equipaggio composta dal Cap. Landucci, Ten. Pecoraro e Serg. Magg. Cristallo. Unico quest’ultimo a riportare una leggera contusione al capo. Il Cap. Landucci in un messaggio alla moglie ed in onore agli sherpa scriverà: “La Madonna di Loreto e Budda ci hanno aiutati. Siamo assolutamente indenni.”
Il primo maggio giunge allo Stato Maggiore dell’Esercito un msg del seguente tenore: Su tutta la zona nevica insistentemente e tira un vento sui 50 nodi e non si prevedono miglioramenti.
Non si esclude ritirata temporanea cordata di punta (Minuzzo, Carrel, Tnezing e Tamang) che non può rimanere ad elevata quota 7.895 anche per evitare eccessivo consumo di ossigeno. Il 5 maggio alle ore 12,39 locali, il Capo della Spedizione invia al Gen. Anzà, Sottocapo di Stato Maggiore dell’Esercito, il seguente messaggio:
“HO L’ONORE DI COMUNICARE CHE OGGI 5 MAGGIO 1973 ALLA ORE 12,39 LOCALI
SULLA CIMA DELL’EVEREST SVENTOLA LA BANDIERA ITALIANA STOP
VIVA L’ITALIA GUIDO MONZINO STOP”
Mentre la prima cordata scende, sale la seconda costituita dal Capitano Innamorati dal Maresciallo Epis, dal Serg. Magg. De Benedetti e dallo Sherpa Gyaltzen. Dopo nove ore aggiungono la vetta. Ore 8 italiane del 7 maggio. Il tempo diventa minaccioso. Il rischio è elevatissimo. Il Capo della Spedizione decide di modificare il piano iniziale che prevedeva sette cordate. Anche la discesa diventa drammatica. Al Campo sei una tenda è sprofondata e l’altra è sepolta dalla neve. Il Capo della Spedizione, conoscitore di uomini e leader indiscusso della spedizione, nei suoi comunicati via telex non aveva mai mancato di sottolineare la sua ammirazione per tutti i partecipati e per il nucleo elicotteri severamente impegnato sino a quota 6.500.
Impresa da non dimenticare.
Vincenzo Ruggieri