Un socio ANUPSA, non più in giovane età, gravemente afflitto da infermità ed estremamente demoralizzato, si lamenta in quanto un ente della Pubblica Amministrazione non risponde alle sue richieste sebbene più volte sollecitate.
Comprendo il suo disappunto e la sua delusione.
Purtroppo, con divertita amarezza, osservo che non è una novità che i funzionari e gli operatori della Pubblica Amministrazione disattendono le norme contenute nella Legge 241/90 e successive modificazioni ed integrazioni.
Non per sterile polemica, ma solo per amore della verità non posso tuttavia condividere con Lei che, riferendosi al comportamento di un funzionario o operatore della P.A., ricomprenda tutta la macchina statale.
La citata legge 241/ 90 detta precise norme e prevede la messa in mora del funzionario responsabile nonché l’eventuale denuncia all’A.G. per il reato penalmente rilevante di “omissione in atti d’ufficio”. Ma c’è di più. La Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della Funzione Pubblica, con circ. 12 luglio 2001, n. 2198/M1/1D/MZ. avente per oggetto “Norme sul comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni” ha richiamato l’art. 97 della Costituzione quale binario al di fuori del quale non vi può essere una amministrazione pubblica efficiente.
Inoltre con il decreto 28 novembre 2000, all’art. 2 si sofferma sui principi cardine che debbono guidare la condotta del pubblico dipendente.
In questo ultimi tempi la stampa ha consumato barili di inchiostro su “I nullafacenti” della Pubblica Amministrazione in generale e degli statali in particolare. Questi nullafacenti sono stati biasimati proprio da un ex sindacalista che prima svolgeva azione di protezione di quei dipendenti pubblici che oggi biasima. Non credo di essere smentito se scrivo che l’assenteismo è una “conquista sindacale”.
Un caso, non tanto remoto, è racchiuso nella sentenza n. 9948/2007 del TAR del Lazio dove si legge: “l’istanza presentata da un privato cittadino alla pubblica amministrazione per ottenere un provvedimento discrezionale a proprio favore, determina l’obbligo della stessa pubblica amministrazione di fornire una risposta, senza rimanere inerte. Ciò in base alle disposizioni di cui agli articolo 2 e 3 della legge 7 agosto 1990 n. 241 e successive modificazioni, le quali in materia di procedimento amministrativo, hanno definitivamente sancito l’intrinseca illegittimità del silenzio-rifiuto.”
Il Tribunale adito ha ordinato all’ente pubblico ad evadere la domanda del ricorrente entro trenta giorni dalla data del deposito della sentenza ed ha condannato il responsabile del procedimento a pagare le spese di giudizio ed a risarcire il ricorrente delle spese legali sostenute.
Un consiglio. Invii all’ente responsabile copia della presente analisi con la speranza di sollecitare la sensibilità del personaggio responsabile del procedimento amministrativo inviando la sua protesta, per conoscenza, anche alla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della Funzione Pubblica.
Concluda la sua richiesta con la seguente espressione linguistica: “Spero, infine, che la mia pratica sia evasa prima che lo scrivente sia tolto dal mondo dei vivi”.
Auguri.
Vincenzo Ruggieri